Giuliano Ferrara, Foglio dei fogli 24/12/2012, 24 dicembre 2012
Domandiamoci chi e perché uccide, non solo con quale mezzo – Il dibattersi sulle armi in America è rivelatore
Domandiamoci chi e perché uccide, non solo con quale mezzo – Il dibattersi sulle armi in America è rivelatore. Di tanto in tanto un pazzo di cui non si sa niente o quasi, delle cui parabole mentali si è incapacitati a capire alcunché, si presenta in luogo pubblico, preferibilmente una scuola o un campus universitario, apre il fuoco, fa molte vittime, quest’ultima volta tra i bambini di una comunità ricca e pacifica, sotto Natale, e alla fine si spara. Uno dice. Ma chi sono questi? Da dove vengono? Da quale società? Da quale sistema educativo? Da quale medicina psichiatrica? Da quale famiglia? Da quale sistema dell’autorità e dell’inibizione obbediente? Da quale campo dell’immaginazione collettiva? (Insieme a tanta pornografia della violenza armata e dello sterminio circola, a disposizione dei ragazzi come Adam Lanza, ventenne sterminatore di Newtown, e del loro “autismo”, un videogioco estremo che parla di assassinio in un kindergarten, non so se mi spiego). Queste domande non se le fa nessuno. Sono troppo complicate. Implicano la possibilità di una risposta che cederebbe terreno ai conservatori. Magari sbagliamo qualcosa. Magari bisognerebbe restaurare la manliness, la virilità, la paternità, altro che dare il nome neutro a Dio, come vogliono certe bertucce di Germania per castrare anche Dio Padre; magari si dovrebbe dare qualche risposta di senso non incompatibile con la libertà individuale ma coerente con un’idea non assassina della convivenza (vedi aborto, allegra gestione legale dell’eutanasia, manipolazione della vita, distruzione del matrimonio, trionfo romantico e dannunziano del piacere come sostituto dell’amore coniugale, selezione eugenetica eccetera). Magari no. Ma certo è sospetto questo indicare il dito al posto della luna. Le armi. Non sparano le armi, sparano i ragazzi confusi. La disponibilità incontrollata delle armi è probabilmente sbagliata e corrisponde a un vecchio, obsoleto precetto della frontiera pionieristica e costituzionale, per il quale il diritto di portare le armi è garanzia di non sottomissione del cittadino allo stato onnipotente all’europea, dunque bandiera della costruzione societaria e comunitaria americana. Ma è un segmento del problema, mentre la campagna isterica contro le armi e il sangue che ricadrebbe come responsabilità diretta sui lobbisti delle armi è il prodotto sventuratamente ideologico di una ormai totale incapacità di ragionare intorno alla realtà, dentro la realtà. Per cui quando alla fine delle tiritere liberal dei vari Bloomberg contro le armi senti l’uomo della National Rifle Association che dice: “L’unico modo per fermare un mascalzone armato è la presenza di una persona onesta e leale armata”, pensi che ha ragione il lobbista e torto il liberal, e che ci vogliono più armi ancora, e più uomini armati, per abbattere sul posto gli assassini seriali con le automatiche. E’ tutto più complicato. Ma non è così strano domandarsi chi e perché uccide, non solo con quale mezzo. Il moralismo contro le armi è il perfetto pendant dell’immoralismo che circonda tutto il resto del vivere sociale. C’è bisogno di avere nelle armi e nella lobby delle armi un capro espiatorio, per esercitare violenza su un vecchio diritto civile polveroso compreso nella Costituzione più bella del mondo. Così si dimentica la lunga serie di fondati e misteriosi motivi che portano alla lunga serie di stragi, e ci si rifà con estrema correttezza la buona coscienza. Bravi.