Alessandro Barbera, 24/12/2012, 24 dicembre 2012
Senatore Rossi, lei in passato non ha lesinato critiche al governo Monti. È così? «E’ vero che non ho votato la riforma del mercato del lavoro, snaturata dalla mediazione con i partiti»
Senatore Rossi, lei in passato non ha lesinato critiche al governo Monti. È così? «E’ vero che non ho votato la riforma del mercato del lavoro, snaturata dalla mediazione con i partiti». Allora lei è la persona giusta: come giudica il discorso del premier? «Ottimo. Un atto politico molto innovativo. Da vent’anni non si immaginava che un movimento politico nascesse intorno alle cose da fare prima che intorno alle persone. Contrariamente a quanto è stato detto, ciò che si può immaginare oggi, tutto è tranne che l’embrione di un partito personale». Molti lamentano l’opposto, un discorso pieno di perifrasi: non mi candido alle elezioni, però magari alla premiership, dipende da quel che mi proporrete. Non è così? «E non le pare innovativo un discorso del genere? Monti ha detto: questo è il programma, chi lo condivide si faccia avanti. Rispetto al dibattito politico dell’ultimo mese mi pare un enorme passo avanti. Dirò di più: dovrebbe essere la normalità. Si discuteva così anche ai tempi di De Gasperi e Togliatti. È che siamo disabituati al confronto sulle cose». Con la legittimazione del voto Monti può essere un premier meno condizionato dalle mediazioni? Francesco Giavazzi e Franco Debenedetti parlano di «illusione tecnocratica» da superare. «Lo ha ammesso lui stesso: per avere la forza di imporre le riforme fino in fondo ci vuole sostegno popolare». Siete delusi dalla sua decisione di non mettere il suo nome a disposizione di un partito dei centristi? «Io ho capito che lui non esclude ancora nulla, purché ce ne siano le condizioni. Mi pare del tutto comprensibile». Vi presenterete come Italia Futura alle elezioni? Come vanno le trattative con l’Udc? «La risposta a questo tipo di domanda l’avremo dopo che i nostri potenziali alleati, e tutti coloro che ci vorranno stare, avranno risposto alla domanda fatidica: il Paese lo volete davvero riformare o no? Volete una riduzione delle tasse da finanziare con un taglio alla spesa pubblica? Volete più liberalizzazioni e un mercato del lavoro più dinamico?» Farete insieme la lista al Senato? «La lista unica al Senato sembra una strada obbligata, vista la legge elettorale. Ma molto dipenderà dal tasso di rinnovamento e dalla presenza di persone estranee alla politica di professione che riusciremo a imporre a noi stessi. Noi comunque stiamo raccogliendo le adesioni on-line, pronti a presentare le nostre liste». Monti ha detto di aver fatto un discorso erga omnes, la sensazione è che guardi anzitutto al Pd di Bersani. «Non sono d’accordo. Il discorso di Monti si può riassumere in tre domande. La prima: a destra sono convinti che le ragioni del mercato possono essere difese con posizioni populiste e demagogiche? E pensano a sinistra che la giusta richiesta di equità sociale possa passare dalla difesa di antiche rendite? E la terza, rivolta a tutti gli italiani: siete certi che dobbiate tradire i valori in cui credete semplicemente per non votare contro qualcuno, che sia Berlusconi o Bersani?» Senatore, fra due mesi si vota. Mi sta dicendo che nelle vostre riunioni non parlate di alleanze? Credete di poter scompaginare gli equilibri in sessanta giorni? «Se ragioniamo in termini di potenziali votanti, il primo partito italiano, il Pd, raccoglie più o meno il 15% dei consensi. Per scompaginare gli equilibri basterebbe un solo, parziale scioglimento del ghiacciaio del non voto». Ottimista. «Guardo ai fatti. È bastato un discorso di Monti per cambiare segno al dibattito. Fino a ieri l’unico tema della campagna elettorale era l’abolizione dell’Imu». Lei prima ricordava i limiti dell’azione di Monti premier. Perché dovremmo votarlo? «In un anno Monti ha avviato processi di cui in passato abbiamo al massimo discusso. Dalla riforma delle pensioni ad una seria revisione della spesa pubblica. Non mi sembra di ricordare una minaccia di dimissioni di Bersani quando, con l’abolizione dello scalone, abbiamo alzato la spesa pensionistica di dieci miliardi. Né ricordo aver visto Berlusconi alzare il dito mentre fra il 2001 e il 2006 la spesa correva allegramente. I costi li paghiamo oggi. E la differenza è evidente».