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 2012  dicembre 24 Lunedì calendario

I NEURONI CHE SI PARLANO, COSI’ PERCEPIAMO UN PROFUMO

Percepire è distinguere. O per dirla con il grande Ferdinand de Saussure, capostipite della linguistica moderna e padre dello strutturalismo: «Ciò che distingue un segno, ecco tutto ciò che lo costituisce». Applicato agli organi di senso, ciò significa che perché un determinato stimolo sensoriale sia chiaro, occorre che qualcosa venga rafforzato e qualcosa di antagonistico venga messo a tacere: il segnale ne uscirà più nitido. Succede anche nella nostra retina: quando un fotorecettore viene colpito da un raggio luminoso, quelli circostanti vengono messi a tacere. Ma come?
Un lavoro sull’ultimo numero di Nature fa vedere come almeno per i sensori del gusto e dell’olfatto, siano i neuroni stessi a «darsi di gomito» e a suggerire l’un l’altro: «Ora riposati un attimo, che tocca a me produrre un segnale nervoso». Quello che ho chiamato «darsi di gomito» è un nuovo meccanismo con il quale i neuroni, almeno alcuni neuroni, possono parlarsi, e porta un nome altisonante: interazione ephaptica, cioè per contatto, dal greco epì, sopra, e haptomai, tocco.
I neuroni, cioè le cellule nervose, di solito comunicano attraverso segnali elettrici che corrono lungo speciali prolungamenti detti assoni. Per passare poi da un neurone all’altro devono «saltare» un fosso molto particolare detto sinapsi. Tutto ciò richiede tempo, anche se brevissimo rispetto ai nostri standard. I neuroni di cui sto parlando io, aggirano tutto questo, e comunicano tra di loro all’istante. Stanno molto vicini fra di loro, ovviamente, in uno speciale organello detto sensillo, olfattivo o gustativo, e se uno emette un segnale, l’altro sta zitto anche se non ne avrebbe tanta voglia. Un’altra volta succede naturalmente il contrario, ma così non ci si può confondere: l’odore è quello e non un altro, almeno stavolta. Naturalmente non esiste un solo sensillo e quindi alla fine tutti gli odori sono percepiti, ma alla radice non c’è ambiguità e quindi possibili equivoci.
Perché il meccanismo in questione è così veloce? Gli autori se lo chiedono e rispondono che forse ciò serve a dare più prontezza alle nostre reazioni: The readiness is all, la prontezza è tutto, dice in fondo Amleto.
Edoardo Boncinelli