Giusi Fasano, Corriere della Sera 24/12/2012, 24 dicembre 2012
«TROPPO BELLA PER LAVORARE» I GIUDICI CONTRO MELISSA
«Licenziala». La moglie di James Knight non era andata tanto per il sottile. «Mandala via», aveva insistito.
Sembra di vederlo, James, mentre convoca Melissa Nelson e le dice: «Sei irresistibile, devo licenziarti sennò il mio matrimonio potrebbe andare a rotoli». Era il 2010. Adesso la Corte Suprema dell’Iowa ha deciso: quel licenziamento era legale. E che cerchi di capirlo anche Melissa, una volta per tutte... Come le viene in mente di sollevare questioni sulla discriminazione di genere? «Questa decisione è una vittoria per i valori della famiglia poiché la signora Nelson è stata licenziata per salvare un matrimonio, non perché è una donna», giura al Daily Mail uno degli avvocati di James, Stuart Cochrane. «La decisione della Corte chiarisce che in casi come questo si può favorire la famiglia senza commettere discriminazioni».
Inutili le obiezioni dell’ormai ex assistente dentista di mister Knight. Per esempio: non è servito a nulla provare che fra i due (entrambi sposati e con figli) non ci fosse mai stato nessun legame sentimentale. Alla Corte è bastato il solo rischio che questo potesse succedere. E per di più non quando lei era appena arrivata. No. Il licenziamento è scattato al decimo anno.
Melissa, 32 anni, prima di essere assunta come assistente nello studio dentistico dei James, a Fort Dodge, lavorava come cameriera sei notti alla settimana. Poi la svolta. Finalmente un impiego migliore, una casa da comprare, una famiglia e uno stipendio su cui contare per crescere i suoi due figli. Dieci anni nello studio Knight (che di anni ne ha 53) e mai una tentazione, una parola di troppo, una insinuazione. Niente. Soltanto una buona amicizia e un po’ di messaggi via email: la sua rovina.
«Io vedevo in quell’uomo una figura paterna», ha spiegato lei ai giudici per giustificare le poche confidenze fatte, appunto, l’un l’altra via email. «La consideravo una delle mie impiegate migliori», ha fatto presente lui agli stessi giudici. Ma il fatto è che in quello scambio di corrispondenza elettronica c’erano, per così dire, i «germogli» di una possibile relazione. E la prima a cogliere quella possibilità è stata la moglie di James che lavora nello studio assieme a lui e che ha casualmente (casualmente?) scoperto i messaggi fra i due. Cosucce difficili da fraintendere, pare: piccole confessioni sulla vita familiare, su scelte personali, su questioni di lavoro. Insomma, niente che si potesse scambiare per un messaggio d’amore o di complicità fra due amanti o aspiranti tali.
Soltanto mesi dopo averla licenziata, James (uomo molto cattolico, dicono di lui i giornali americani che hanno seguito la vicenda) avrebbe confessato al marito di Melissa che in effetti era preoccupato di quanto stesse diventando personale il suo rapporto con quella ragazza, così incredibilmente attraente. Sembra che uno dei punti più convincenti della lite giuridica abbia riguardato l’abbigliamento di lei. «Negli ultimi mesi vestiva con abitini stretti che era impossibile non notare», ha detto il dentista per sostenere la validità del licenziamento. Un dettaglio che lui e la moglie non hanno certo taciuto alla loro guida spirituale, un pastore con il quale si sono consultati prima di scrivere la lettera delle dimissioni che dava a Melissa un mese di tempo per impacchettare le sue cose e sparire.
«Io sono una ragazza come tante, una madre come tante», dice Melissa sconcertata dalla decisione della Corte, la prima del genere in Iowa. Il suo avvocato, Paige Fiedler, parla invece del cattivo «messaggio» che si evince da questa storia: «È come se i giudici (in questo caso tutti uomini, ndr) dicessero alle donne dell’Iowa: non pensiamo che gli uomini possano essere responsabili dei loro desideri sessuali, sono le donne dell’Iowa a dover controllare gli impulsi sessuali dei loro capi. E se i capi si lasciano sfuggire di mano la situazione le donne possono essere licenziate legalmente».
Giusi Fasano