Sergio Romano, Corriere della Sera 24/12/2012, 24 dicembre 2012
A un lettore che le chiedeva informazioni sulla visione Europeista di Winston Churchill, lei ricordava un precursore come il conte Coudenhove-Kalergi, quasi sconosciuto in Italia
A un lettore che le chiedeva informazioni sulla visione Europeista di Winston Churchill, lei ricordava un precursore come il conte Coudenhove-Kalergi, quasi sconosciuto in Italia. Potrebbe darci qualche notizia su questo personaggio e chiarire quali siano gli aspetti peculiari del suo impegno a favore dell’Europa unita? Mirela Filip mirelafilip@virgilio.it Cara Signora, I l conte Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi (1894-1972) fu senza dubbio uno dei maggiori protagonisti del movimento europeista fra le due guerre. Ma l’ironia della storia volle che non fosse interamente europeo. Il padre era un diplomatico dell’Impero asburgico, la madre una gentildonna giapponese, discendente da un’antica famiglia di samurai: una combinazione che aveva lasciato una piccola traccia sulla forma dei suoi occhi. Fu tuttavia totalmente austro-ungarico, vale a dire cittadino di uno Stato in cui occorreva apprendere sin dalla nascita l’arte della convivenza fra popoli che non parlavano la stessa lingua e professavano fedi diverse. Dell’impero asburgico è lecito lamentare gli errori politici e una certa miope grettezza, ma occorre riconoscergli il merito di avere creato, nei suoi momenti migliori, un modello di tolleranza. Coudenove-Kalergi si laureò a Vienna nel 1917 e scelse la cittadinanza cecoslovacca dopo il collasso dell’Impero. Amava la filosofia e l’avrebbe probabilmente insegnata in qualche università se il ricordo della Grande Guerra e lo spettacolo di un continente diviso da feroci nazionalismi non gli avesse suggerito un ambizioso progetto per l’unità del continente. Il suo vangelo fu un libro del 1923, Paneuropa, in cui espose la grandi linee di un programma unitario. Bussò alla porta di qualche uomo politico (Masaryk in Cecoslovacchia, Mussolini in Italia) nella speranza di avere un autorevole padrino, ma ricevette soltanto silenzi o risposte distratte. Avrà maggiore successo con Aristide Briand, più volte presidente del Consiglio e ministro degli Esteri francese fra il 1921 e il 1929, autore di una proposta diplomatica da cui sarebbe nata, se fosse stata meglio accolta, una sorta di confederazione europea. Ma Coudenhove-Kalergi, nel frattempo, era passato all’azione convocando a Vienna nel 1926 il primo Congresso del Movimento pan-europeista. La sala del Konzerthaus fu riempita da circa 2000 persone, ma l’effetto più importante di quell’incontro fu l’adesione di molti intellettuali, da Einstein a Freud, da Thomas Mann a Paul Claudel, e di uomini politici che diverranno protagonisti del progetto europeo nel secondo dopoguerra, da Adenauer e Robert Schumann ad Alcide De Gasperi e Carlo Sforza. Dovette lasciare l’Austria nel 1938 e attese la fine della guerra negli Stati Uniti. Ma si rimise al lavoro, appena rientrato in Europa, e fondò nel 1947 l’Unione Parlamentare europea, un primo passo verso quello che sarebbe divenuto molti anni dopo il Parlamento di Strasburgo. Scoprì allora che i suoi progetti e quelli di altri precursori avevano fatto più strada di quanto, forse, egli non avesse immaginato. L’idea d’Europa era entrata negli ambienti universitari, nei salotti degli intellettuali, persino nei campi di concentramento e nelle «residenze obbligate» dove si aspettava impazientemente la fine del conflitto. Nell’isola di Ventotene, dove era stato confinato un gruppo di oppositori del regime, tre uomini, consigliati da un lontano maestro, avevano letto tutto ciò che era stato pubblicato sull’unità dell’Europa, e avrebbero scritto di lì a poco un Manifesto. Gli uomini erano Eugenio Colorni, Ernesto Rossi, Altiero Spinelli, il lontano maestro era Luigi Einaudi.