Marco Imarisio, la Lettura (Corriere della Sera) 23/12/2012, 23 dicembre 2012
LA CULTURA DEL LAVORO (E DELLO SPORT): BREVE STORIA DI UN ITALIANO IN AMERICA - A
distanza di tanti anni non c’è ancora il coraggio di rivelare il nome. Era un cadetto della Virtus Bologna, comunque. Subiva con stoicismo i rimproveri di un giovane allenatore, uno che solo dalla faccia si vedeva che era proprio duro con i suoi giocatori. Eppure anche i risultati dimostravano che quel ragazzo si sarebbe gettato nel fuoco per il suo sergente di ferro, chiamiamolo così. A domanda rispose con l’intelligenza poi dimostrata in anni di basket ad alto livello, beato lui. «È vero, ci fa soffrire. Ma non quanto fa soffrire se stesso».
La frase è riemersa alla memoria durante la lettura di Basket, uomini e altri pianeti (Add editore), bel diario dell’anno trascorso in America da Ettore Messina, l’allenatore più vincente d’Italia e non solo, scritto con Flavio Tranquillo, la voce di questo sport così bello ma anche giornalista di grande passione civile, come dimostra il suo breviario per la legalità pubblicato due anni fa per la stessa casa editrice.
La capacità di mantenere uno sguardo diverso sulla sua stagione da assistente allenatore dei Los Angeles Lakers, una squadra che sta ai canestri come Hollywood al cinema, rende il libro di Messina un oggetto strano e affascinante al tempo stesso. L’avventura di un coach che in Europa è leggenda nel ruolo più umile e forse purificante dell’assistente non si riduce a una storia per malati di basket. Tutt’altro. Quello è solo uno dei possibili livelli di lettura, dedicato ai prigionieri del sogno: nonostante il livello penoso della pallacanestro italiana, sono ancora tanti quelli che fanno la notte in piedi a studiare le partite Nba e alla vigilia di Natale si ritrovano al Parco Sempione o ai giardini Margherita per la partitella sotto la neve. Ecco, per gente così il libro di Messina è come Disneyland per un bambino: il mondo pazzo e avvincente dell’Nba visto dall’interno, con occhi italiani.
La nazionalità non è un dettaglio. Il diario di Messina è pervaso da una costante sensazione di spaesamento. Quasi un romanzo iniziatico, l’America raccontata da un adulto che vivendo di sport conserva dentro di sé lo stupore del bambino che realizza il suo sogno. Tutto è più grande, tutto sembra un film ma ci sei dentro, come le dimore dei tifosi eccellenti dei Lakers. Ha girato il mondo. Ma dentro gli rimane la nostalgia per i portici di Bologna, e in questo contrasto risiede la virtù che rende il libro appetitoso anche per i profani.
Il risveglio quotidiano davanti al mare di Manhattan beach, oppure in alberghi sparsi nelle grandi città americane, è anche l’occasione per una storia più intima. Un uomo a metà del suo cammino che riflette sulla sua vita, senza farsi troppi sconti, con la stessa sincerità, ogni tanto spietata, riservata ai suoi giocatori. La precaria certezza di vivere una parentesi del proprio percorso produce così le memorie intime di un «cervello in fuga», perché in fondo Ettore Messina rientra a pieno titolo in questa categoria.
La sua lucidità trasforma questo libro in un saggio sulla filosofia del lavoro collettivo, un manuale di convivenza, come stare insieme nonostante le differenze, di vedute e cultura. I Lakers del 2011 sono «un cantiere aperto» e la loro stagione finirà in miseria. Ma questo è un dettaglio, per chi legge. La palestra può essere sostituita con un ufficio. Il risultato non cambia. Basket, uomini e altri pianeti è quasi un libro di economia aziendale, spiegata da un uomo colto, maestro nella costruzione di un gruppo, che poi è la caratteristica dei grandi allenatori, di ogni sport.
«Io credo che il concetto principale per relazionarsi professionalmente agli altri sia quello della responsabilità. Cioè il sentirsi spinto a dare il meglio di sé su base quotidiana». La frase vale per tutti, ma aiuta a capire l’allenatore che il mondo ci invidia e che non riusciamo a riportare a casa. A chi scrive, Ettore Messina ha sempre messo soggezione. Così duro, così implacabile, come le sue squadre, con le quali ha vinto tutto, da Bologna a Treviso, fino a Mosca, dove quest’anno è tornato.
Nel 1993 fu nominato coach della nazionale italiana. Subito dopo la sua presentazione ufficiale, a un giovane aspirante giornalista di una oscura pubblicazione milanese venne affidato il compito di chiamarlo. La telefonata non gli fece piacere. «Ma scusi, questa mattina ho parlato per ore, non le legge le agenzie?». Non le abbiamo, fu la risposta. Dopo un attimo di silenzio, Ettore Messina cominciò a parlare, e lo fece per quasi due ore, con trasporto, nonostante sapesse che il povero intervistatore non era certo una firma del «New York Times». Esigere certi comportamenti dagli altri, ma prima di tutto da se stessi. In questo libro ci sono cose che stiamo dimenticando, e che dovremmo ricordare.
Marco Imarisio