Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 23/12/2012, 23 dicembre 2012
BANCA D’ITALIA E TESORO. IL PICCOLO SCAMBIO - C’è
qualcosa di strano nell’accordo tra Banca d’Italia e Cassa depositi e prestiti sulle Generali. La banca centrale vuole vendere il 4,5% della compagnia in portafoglio al suo fondo pensioni per non trovarsi in conflitto d’interessi quando, nel 2013, comincerà a vigilare anche sulle assicurazioni.
Ai pensionati Bankitalia farebbe comodo che il pacchetto Generali fosse venduto al miglior offerente. A palazzo Koch hanno invece deciso di cederlo al Fondo strategico, promosso e controllato dalla Cdp. Evidentemente, la Banca d’Italia vuole affidare il suo tesoretto a «mani adatte» e non al mercato, alla vigilia dell’assemblea per il rinnovo delle cariche a Trieste. Ma c’è dell’altro.
La Banca non viene pagata con soldi, ma con nuove azioni ordinarie e privilegiate del Fondo, benedicente la Bce. La Banca conserverà le azioni ordinarie, circa 300 milioni. Le privilegiate, invece, potrà riconsegnarle al Fondo che le rimborserà con il ricavato della cessione delle azioni Generali nel giro di tre anni.
Il dato interessante è che, in tal modo, si celebra un nuovo matrimonio tra il Tesoro, maggior azionista della Cdp, e la Banca d’Italia. Date le quantità monetarie, queste nozze non annullano il divorzio intervenuto negli Anni ’80, quando palazzo Koch venne esentato dall’obbligo di sottoscrivere l’eventuale invenduto delle emissioni del debito pubblico. (L’allentamento di quella separazione è semmai opera della Bce quando si impegna a sostenere senza limiti i titoli del debito pubblico di quei Paesi che lo richiedano). E tuttavia l’avvicinamento tra Banca d’Italia e Tesoro nel sostegno all’economia reale è una buona notizia, specialmente se consentirà al Fondo di acquisire altri capitali, esibendo il biglietto da visita del governatore Visco. Ma perché la buona notizia diventi ottima ci vorrebbe un altro passo sulla strada aperta da Giulio Tremonti e Giuseppe Guzzetti quando, nel 2003, avvicinarono la Cdp alle consorelle francesi e tedesche.
Quest’altro passo è il franco riconoscimento di pieni diritti alla Cdp da parte del governo e della stessa banca centrale. Se ha azioni Generali, la Cdp deve avere i relativi posti in consiglio, a protezione dell’investimento. Che poi, come pare debba accadere, all’assemblea delle Generali la Cdp debba eleggere i candidati scelti dall’Assogestioni, presieduta da un banchiere della Morgan Stanley, pare francamente surreale. Queste limitazioni dei diritti dell’azionista Cdp si spiegano soltanto con il sospetto che la Cdp diventi un nuovo Iri, propalato da chi non conosce né la complessa storia dell’Iri e le regole della Cdp, e nemmeno vede il nuovo ruolo che la mano pubblica ha nell’Occidente travolto dalla recessione, Regno Unito compreso. Una sospettosità che tarpa le ali alla Cdp e al suo Fondo. Questo Paese ha messo 4 miliardi nell’Alitalia perdendoli (senza passare dalla Cdp) e ora lascia finire una delle sue poche aziende high tech, l’Avio, in mano alla General Electric nonostante le evidenti incognite industriali (emarginando la Cdp). Forse una seria tecnostruttura professionale, quale la Cdp può essere, eviterebbe al governo le farse di ieri e le imprudenze di oggi.
Massimo Mucchetti