Paolo Salom, Corriere della Sera 23/12/2012, 23 dicembre 2012
SCUOLA DI GALATEO D’OCCIDENTE PER RICCHI CINESI
Una scuola per imparare a tenere forchetta e coltello. Perché, come diceva Confucio, «il modo in cui tagli il tuo cibo riflette il modo in cui vivi». Solo che in Cina, oggi, non vogliono apprendere dal più importante dei pensatori orientali ma, piuttosto, dal galateo d’Occidente: come stare a tavola, prima di tutto, ma anche come comportarsi in società. Un’esigenza nata dai sempre più frequenti contatti — viaggi di lavoro, di studio o, semplicemente, per turismo — tra i cinesi e il resto del mondo.
Ora che a Pechino o Shanghai si contano più milionari che a New York, o quasi, prosperano istituti che insegnano le buone maniere ai nuovi ricchi timorosi di suscitare occhiate imbarazzate perché, magari, non sanno distinguere tra forchetta da primo o da secondo, coltello da pesce o da carne, bicchiere da vino o per l’acqua. Cose che in Occidente non si studiano certo a scuola ma che in Cina sono state cancellate — nella versione orientale, si capisce, ovvero nella profonda ritualità ordinata da Confucio — dal colpo di spugna inferto da Mao a partire dal 1949. L’etichetta rivoluzionaria (e contadina) del Grande Timoniere non prevedeva certo finezze che per lui appartenevano all’epoca feudale e dunque andavano dimenticate. Finezze, bene inteso, che erano comunque il tratto distintivo di una ristretta élite.
Oggi la Cina è un Paese che si è gettato il maoismo alle spalle. Ma che si trova, per quanto il confucianesimo sia stato rivalutato, senza strumenti per interagire con l’Occidente, almeno nelle questioni che scandiscono la vita di tutti i giorni. Per questo a Pechino esistono realtà come l’«Istituto Sarita», gestito da una giovane imprenditrice di Hong Kong, Sara Jane Ho, dove professionisti e alti funzionari (mogli comprese) possono apprendere i «segreti» di un Occidente che a tavola riconosce «chi ha classe e chi non ce l’ha». Un corso di tre mesi costa l’equivalente di 14 mila euro. Una fortuna per molti. «Ma — dice la signora Buone Maniere al Financial Times — in Europa nessuno ha bisogno di imparare l’etichetta, in Cina invece si parte da zero». Forse perché il cibo è maneggiato soltanto con le bacchette (kuaizi, in cinese), forse perché certi «tabù» nello stare a tavola non sono storicamente condivisi, fatto sta che la signora Ho ha il suo daffare. E resta convinta, come Confucio, che saper maneggiare le posate significa poter «affrontare qualunque situazione».
Paolo Salom