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 2012  dicembre 23 Domenica calendario

«HO SPREMUTO IL MIO STAFF, TORNO AVVOCATO. DOPO DI NOI MEGLIO UN ALTRO GOVERNO TECNICO» — È

stata la prima donna guardasigilli d’Italia, da un anno e un mese seduta sullo scranno del ministero di via Arenula. «Lo sono ancora, non è mica finita l’avventura. Abbiamo molte cose da fare, ancora».
Ministro Paola Severino, veramente adesso è stata proprio lei a controfirmare il decreto di scioglimento delle Camere...
«E che vuol dire? C’è tutto il lavoro di revisione di spese del ministero da portare a termine».
Adesso?
«Adesso, sì. Bisogna sfruttare il tempo fino all’ultimo. È da quando è cominciata questa avventura che sono abituata così, a concentrare sforzi, energie. A non sciupare mai il tempo. Ora c’è da terminare il percorso del risparmio per le spese del ministero, lavorando sulle scorte, sugli straordinari. Vorrei lasciare in questo ministero un buon sistema di governance».
E dopo che succederà? L’avventura del governo può ricominciare?
«La mia no. L’ho già detto e ridetto. Torno al mio lavoro di avvocato e di professore. Non potrei mai chiedere alle persone del mio staff uno sforzo ulteriore. Ho spremuto tante energie dai miei collaboratori perché sapevo che avevamo poco tempo per fare tante cose. Ma adesso basta».
E per chi può ricominciare invece questa avventura secondo lei? Il presidente Mario Monti: lo vede bene in una seconda esperienza di governo?
«Lo auspico. Da comune cittadina vorrei fortemente che ci fosse nuovamente un governo di persone per bene, tecniche, preparate».
Ma lei non è una comune cittadina...
«Tra un po’ di tempo tornerò ad esserlo e auspicherò quello che all’estero hanno sempre augurato e sollecitato per il nostro Paese».
Dalle aule giudiziarie alle aule del Parlamento. Lei non è certo il primo avvocato prestato alla politica, ma con la politica era davvero la sua primissima esperienza. Come è andata?
«Bene. Anche se....».
Anche se?
«I primi tempi è stata dura. Quando vieni nominato ministro nessuno ti spiega gli aspetti pratici del nuovo ruolo. La prima volta che sono entrata in Senato dovevo esprimere un parere del governo, ma non avevo idea di come si facesse».
E quindi?
«Ho chiesto aiuto a due sottosegretari d’esperienza, Malaschini e D’Andrea. Mi pare si stesse discutendo il decreto salva-carceri».
A proposito di carceri, l’ultimo provvedimento, il ddl sulle misure alternative al carcere, non siete riusciti ad approvarlo...
«Lasciamo stare. Era la prima cosa che avevo annunciato da ministro: il carcere deve essere l’ultima ratio per chi commette un reato. E invece...»
Invece non è riuscita a portare avanti questo progetto?
«Qualcosa l’ho fatta. Con il decreto salva-carceri siamo riusciti a limitare il fenomeno delle cosidette porte girevoli (di chi va in carcere per soli 2-3 giorni) e anche a sfoltire un po’ i detenuti (ce ne sono circa 2 mila di meno dal novembre dello scorso anno). Ma sul ddl, l’altro giorno è stata fatta molta speculazione».
Cosa è successo?
«Ho visto scene che non avrei mai voluto vedere. Striscioni in aula che dicevano: "Fuori Monti non i detenuti". L’ho detto tante volte: non si fa politica sulla pelle dei detenuti, soprattutto di quei poveri disgraziati che avrebbero beneficiato del provvedimento. Non è da Paese civile».
Non era abituata alle risse in aula?
«Le aule che frequento io di solito sono quelle giudiziarie dove tutto è sacrale. Nelle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama invece c’è un rumore continuo. Persone che chiacchierano mentre parla un ministro o il presidente. Rispondono al telefono, stanno su Internet, scrivono al computer. Non immaginavo, ma è forse per il tanto tempo che trascorrono in aula. Ma non immaginavo nemmeno una cosa positiva dei parlamentari».
Quale?
«Ho visto parlamentari discutere fra di loro come fosse l’ultima volta che si rivolgevano la parola. Ed invece il giorno dopo ho visto gli stessi parlamentari che riprendevano le trattative politiche come se nulla fosse. Per una tecnica rigida come me questa è stata un’esperienza di cui fare gran tesoro».
Il provvedimento di cui va più fiera?
«La riforma della geografia giudiziaria. Grazie a questo siamo riusciti a chiudere 31 fra tribunali e procure, 677 uffici di giudice di pace, 220 sezioni distaccate. Era dai tempi dell’Unità d’Italia che nessuno aveva mai toccato la geografia giudiziaria. E capisco perché: soltanto un governo tecnico ci poteva riuscire».
Dunque non pensa che sarebbe il caso di portare avanti la sua esperienza in un altro governo? Sicura che non ha ripensamenti in proposito?
«Sicurissima».
Tornerà al suo studio legale dopo le vacanze?
«No. Al mio studio e ai miei studenti dell’università Luiss tornerò solo dopo un lungo viaggio in Madagascar».
Stanca? Stressata?
«Forse un po’ stanca sì».
Qual è il provvedimento che le ha dato più filo da torcere?
«Non ho dubbi: quello sull’anticorruzione».
Problemi?
«Contrasti. Contrarietà. Tantissimi. Portare a casa questo decreto è stata l’esperienza più estenuante del mio dicastero. Ma lo sapevo. E adesso sia dall’Europa che dall’Ocse questo decreto ci sta dando le prime soddisfazioni».
Alessandra Arachi