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 2012  dicembre 21 Venerdì calendario

La vedova delle quattro arti si consolava pure troppo – È il dicembre 1911 e Alma Mahler annota sul diario: «Gustav Mahler mi ha lasciata il 18 maggio

La vedova delle quattro arti si consolava pure troppo – È il dicembre 1911 e Alma Mahler annota sul diario: «Gustav Mahler mi ha lasciata il 18 maggio. Che cosa è stata la vita con lui? Un’esistenza inquieta. Molto dolore. Molta gioia. Oggi è la prima sera in cui debba dormire sola nella mia nuova casa. Ho appena trovato, nella cassetta di ferro, l’addio che Gustav mi ha dedicato. Sono gli abbozzi della Decima sinfonia. Mi fanno l’effetto di un’apparizione, queste straordinarie parole d’amore dall’aldilà». Diciamolo subito: la bella Alma, un siffatto omaggio postumo ritiene di meritarselo. Perché è dotata di un robusto ego. E nella sua autobiografia (Alma Mahler-Werfel, La mia vita, Castelvecchi, pp. 366, euro 22, prefazione di Leonetta Bentivoglio), lo attesta col classico piglio dell’impunita, anche se con qualche personale intervento censorio, per non scandalizzare troppo i lettori borghesi. Comunque, bellezza e protervia vengono fuori. Oddìo, il tipo non era di quelli che passano inosservati. Tra l’altro, era cresciuta in un ambiente ricco di stimoli culturali, con un padre - il pittore Emil Jakob Schindler - che lei venerava come un vero e proprio monumento. Per esserne all’altezza, fu pittrice, compositrice e animatrice di salotti. Ovviamente gli intellettuali sbavavano per lei e lei se ne approfittò, collezionando mariti e amanti sempre doc. Al punto che quando, a 85 anni, dovette deporre le armi della Grande Seduttrice, fu ribattezzata la «Vedova delle Quattro Arti». Et pour cause, visto che era stata sposa - infedele - del grande compositore Gustav Mahler; amante - appassionata - del pittore espressionista Oskar Kokoschka (che, dopo l’abbandono, si fece costruire una bambola con le sembianze della donna); consorte di Walter Gropius, l’architetto fondatore della Bauhaus, che Alma, dotata di gran fiuto nell’individuare il genio, sedusse quando lui era ancora uno sconosciuto; moglie di uno scrittore di successo come Franz Werfel. E non dimentichiamo che nel catalogo della vorace signora figurano, tra i tanti, anche il geniale e scandaloso “secessioni - sta” Gustav Klimt, il compositore Alexander von Zemlinsky e il teologo Johannes Hollensteiner. Il quale, 37enne, fu stregato dalla fascinosa e impietosa dea di anni 53. «Lei è la prima, e sarà anche l’ultima», le dichiarò il candido Johannes. La matura maliarda, compiaciuta, gli fece gettare la tonaca, ma nella sua autobiografia trasforma la bollente liason in una tenera intesa spirituale. Se alma, in latino, significa benefica, propizia e generosa, nel caso della Mahler-Werfel, è un po’ arduo attribuirle la massima nomen omen. Infatti, spesso e volentieri si mostrava insofferente verso le debolezze degli spasimanti; si atteggiava a Superuomo in gonnella sventolando frasi zarathustriane come «Colui che ha bisogno di aiuto non merita di riceverne »; sfoggiava, a mo’ di proverbio preferito: «Il colpevole non è l’assassino, ma l’assassinato». Insomma, una bella egoista. Vogliosa di avere sempre accanto, nel letto o in salotto, dei geni. Così nell’auto - biografia sfilano Kraus e Hofmannstahl, Schömberg e Ravel, Richard Strauss e Puccini. Alma ammira e vuol essere ammirata. Contraddizioni comprese. A esempio, nel suo corposo catalogo figura un amante - Zemlinsky, «piccolo, senza mento, sdentato, sporco» - e ben due mariti - Mahler, di vent’anni più vecchio e Werfel, basso e tendente alla pinguedine - che sono ebrei, eppure lei quanto ad antisemitismo non scherza. Tanto è vero che, parlando di Gropius, lo definisce «un vero ariano, l’unico uomo fatto su misura per me dal punto di vista razziale». Se come sposa non fu mai esemplare, anche come madre, Alma lasciò un po’ a desiderare. Perse tre figli (una delle bimbe avute con Mahler, poi l’amatissima Manon, nata dal matrimonio con Gropius, infine il piccolo Martin, partorito settimino, quando era sposata con Gropius, ma lo tradiva con Werfel, presumibilmente il vero padre del bambino), e certamente ne soffrì, eppure nel suo dolore par di avvertire l’artificio di chi continua a essere in perenne contemplazione di sé, con potenti desideri che vanno comunque soddisfatti. Ne fecero tutti le spese, a partire da Mahler. Lui l’amava in modo possessivo e ossessivo, lei ora lo venerava ora lo detestava. In ogni caso, lo tradiva. Con il bel Gropius. E Gustav chiedeva soccorso a Sigmund Freud, il quale lo “confortava” dicendogli: «In ogni donna cerchi tua madre». Alma, invece, era sempre alla caccia di un “padre” diverso. Ma non solo spirituale. Comunque, Gustav, tra gli sconquassi fisici e l’insopportabile peso delle corna, se ne va all’altro mondo. E abbiamo visto il commento della fedifraga. Eppure... Eppure se lei era bella e impossibile, anche lui («Quando lo conobbi era rimasto vergine... e aveva quarant’anni», sibila la dolce sposa) non scherzava quanto ad egoismo. Al punto da aver stroncato, senza starci a pensar troppo su, la foga creativa della consorte, brava pianista, compositrice prolifica e aspirante direttore d’orchestra. Alma, con tanto di solenne promessa, aveva dovuto rinunciare alla sua musica, per vivere solo di quella di Gustav. Ma non poteva appagarsi di luce riflessa. E alla fine, gridando «Ho bisogno della mia arte!», trovò il modo di vendicarsi...».