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 2012  dicembre 21 Venerdì calendario

I GIORNALISTI RISCHIANO LA FINE DEI DINOSAURI


[4boxini alla fine]

Nei giorni di profezie e paure più o meno giustificate, la metafora di Giulio Anselmi fa un rumore fortissimo: “Come risolvere la crisi dei giornali? A saperlo con precisione... C’è sempre un paragone che scuote la categoria. Quello tra l’estinzione dei dinosauri e i giornalisti, i nostri meteoriti si chiamano Internet”.
Anselmi conosce l’intero perimetro dei media: ieri direttore di Espresso e Stampa, oggi presidente di Ansa e Fieg, cioè la federazione degli editori italiani.
Può sembrare semplice: un
gancio verso la Rete e la baracca è salva?
Bisogna cambiare e correggere, integrare i mezzi e utilizzare il multimediale. Editori e giornalisti devono essere alleati per salvarsi.
Com’è la diagnosi?
Grave, e lo dicono i numeri. Per anni la cifra tradizionale è stata di 6 milioni di lettori di quotidiani al giorno: nel 2011 erano 5,2 milioni, in questi mesi non andiamo oltre i 4,8. Mancano 400 mila italiani all’appello.
E la pubblicità infierisce.
La crisi è anche occidentale, non soltanto italiana. E la depressione pubblicitaria colpisce ogni angolo: la raccolta complessiva segna -11,7% sino a settembre, i quotidiani -15,4, i periodici -16,4 e le televisioni -12,4. L’unica speranza è Internet con il segno positivo: +9,8%.
La diagnosi è fatta con queste
tremende cifre, la prognosi è sempre più incerta perché
sempre più gruppi editoriali,
enormi o piccini, si ristrutturano, mandano in cassa integrazione, addirittura licenziano.
Non sono rimedi palliativi?
Le aziende editoriali, grandi o locali, devono far di conto. Ci sono state troppe assunzioni, troppi errori, troppi sprechi e si sono accumulati bilanci in spaventosa perdita. Ma non si può procedere con il tampone dei tagli o degli stati di crisi. Si deve sfruttare Internet e fare un giornalismo di qualità per diffondere le idee e far riscoprire la voglia di leggere, che riguarda anche i settimanali, i mensili, i libri. Editori e giornalisti devono chiedersi cosa si è sbagliato in passato, credo sia doverosa una profonda riflessione e un’autocritica.
Qui ci sono testate che chiudono.
I giornali sono importanti, sappiamo che l’informazione è fondamentale per la democrazia.
Ma se un giornale era prezioso nel ’45 potrebbe non esserlo nel 2015: deve avere sempre degli interlocutori, cioè dei lettori, che sono la ragione di esistere.
Niente accanimento terapeutico.
Il finanziamento pubblico ha un senso se contribuisce a un passaggio, in rete per esempio, oppure coincide con un periodo limitato di due o tre anni. Sbagliato pensare che sia un diritto acquisito. E per i giornali politici, che già incassano un sostegno pubblico, non c’è alcun motivo di avere ulteriori contributi. I cittadini non possono pagare un prodotto che non funziona.
Questa intervista non dà speranze.
Provo a insistere con la qualità, ci tengo molto perché il giornale, che sia politico, nazionale o territoriale, deve corrispondere a un’esigenza. Se i lettori si disperdono, bisogna applicare correzioni efficaci e comprendere di aver sbagliato.
Ho fatto il direttore per 28 anni e non l’ho fatto mai ripetendo metodi e tecniche. La rivoluzione è sempre in atto: rispetto a due o tre anni fa è già tutto stravolto.
La Rete può ammazzare la
stampa?
Le regalo una notizia: l’accordo tra gli editori italiani, francesi e tedeschi per trovare una soluzione con Google che si dimentica dei diritti d’autore e offre tutto in forma gratuita. Non è più tollerabile. E non le ripeto il paragone con i dinosauri.




LA “DISCUSSIONE” CHIUDE. IL “SECOLO D’ITALIA” ON LINE–

L’EX QUOTIDIANO del Movimento Sociale e di Alleanza Nazionale, il Secolo d’Italia, oggi uscirà in edicola per l’ultima volta. Il quotidiano diretto da Marcello de Angelis, passato nelle mani degli An nel Pdl, passa in versione on line e abbandona la carta anche per la riduzione del finanziamento pubblico ai giornali di partito. Il quotidiano la Discussione, con editore politico l’ex udc Giampiero Catone, entro il 31 dicembre cesserà le pubblicazioni. La Discussione per due anni è stato l’organo ufficiale dell’Udc, poi è stato chiuso e ha riaperto nel 2005 diventando il giornale di un partito di centro di Gianfranco Rotondi con la direzione politica affidata a Paolo Cirino Pomicino. La storica testata fu fondata nel 1952 da Alcide De Gasperi e faceva parte della galassia della Dc.

“IL MANIFESTO” IN LIQUIDAZIONE ”L’UNITÀ”, SCONTRO CON L’AZIENDA–

IL MANIFESTO, a 43 anni dalla fondazione, cerca di cambiare pelle. Il quotidiano diretto da Norma Rangeri sta per chiudere la storica cooperativa e potrebbe tornare con una nuova società. Nella lista delle testate in sofferenza c’è anche l’Unità, che il 14 dicembre ha indetto uno sciopero in segno di protesta contro l’assenza di garanzie ricevute rispetto al futuro della redazione. Le difficoltà del giornale fondato da Antonio Gramsci derivano anche dalla pesante riduzione del finanziamento pubblico all’Editoria come per il manifesto. In crisi anche il quotidiano Pubblico a soli tre mesi dalla sua uscita. Il giornale di Luca Telese cerca nuovi finanziamenti e potrebbe liquidare l’attuale società per rinascere con un organico ridotto. Dopo aver abbassato il prezzo da 1,20 a 1 euro, per attirare più lettori, ritorna in edicola al costo di prima.


RCS TAGLIA 500 DIPENDENTI E “LA STAMPA” SFOLTISCE LE REDAZIONI–

LA CRISI che si abbatte sull’editoria non risparmia neppure i grandi gruppi. Come Rcs, che nel primo semestre 2012 ha segnato un calo dei ricavi di 124,7 milioni di euro rispetto allo stesso periodo del 2011. La flessione riguarda sia la pubblicità (meno 48 milioni di euro), sia le diffusioni delle copie. Stando alle ultime indiscrezioni, il gruppo editoriale prevede nei prossimi tre anni un taglio di 500 dipendenti, di cui 400 impiegati editoriali e 100 giornalisti, distribuiti tra i quotidiani Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport, e i 32 periodici. In vista anche risparmi su prodotti e processi per 100 milioni di euro e investimenti di 300 milioni di euro. Il Gruppo editoriale di De Benedetti, invece, è reduce da uno sciopero di protesta contro il programma di tagli all’organico. Per 13 redattori del settimanale L’Espresso, infatti, è previsto il prepensionamento. Nonostante l’utile di bilancio dei primi 9 mesi sia pari 26,4 milioni di euro. Infine, il quotidiano torinese La Stampa annuncia per il 2013 il licenziamento di 32 giornalisti a fronte di un deficit di 25 milioni di euro.


L’AGENZIA DI ABETE IN DIFFICOLTÀ “UNIONE SARDA” IN AGITAZIONE–
A BALLARE nella tempesta occupazionale dell’editoria ci sono anche le agenzie. Ad esempio Tm News, già ApCom che, assieme all’Asca, fa riferimento a Luigi Abete. L’azienda ha aperto lo stato di crisi dichiarando 15 esuberi su 67. I giornalisti hanno presentato uno studio da cui risulta che l’agenzia è la più penalizzata dalla convenzione con Palazzo Chigi che sostiene il fatturato delle concorrenti. “Agenzie di stampa paragonabili o inferiori a Tm News per dimensioni ricevono un trattamento ben diverso” scrive il Cdr nella sua nota. La preoccupazione principale, però, riguarda l’ipotesi di fusione tra Tm News e Asca con le possibili ricadute occupazionali. Su un altro versante, la crisi dell’Unione Sarda dove il Cdr deve sostenere l’accusa di danneggiare il giornale mossagli dall’azienda per la vertenza che riguarda cinque contratti a termine non rinnovati. Dopo il voto di sfiducia al direttore Figus e al suo vice Casu, l’ad ha inviato delle lettere ai membri del Cdr cui ha espresso piena solidarietà il sindacato Fnsi.