Stefano Rizzato, la Stampa 23/12/2012, 23 dicembre 2012
TUTTA LA SCIENZA CHE C’È NEL PRESEPE
Fede, magia, tradizione. E anche scienza. In ogni presepe, e in genere nell’immaginario legato al Natale, c’è molto più di quanto sembri. E anche il racconto dei Vangeli di Matteo e Luca, pilastro della fede cristiana, può andare d’accordo con l’inflessibile razionalità di matematica e astronomia.
Da anni, anzi da secoli, gli scienziati si sono concentrati soprattutto su un elemento della liturgia natalizia: la stella che guida i Re Magi fino alla mangiatoia di Betlemme. Solo il simbolo dell’arrivo di una nuova era? Forse. Ma nulla ha impedito agli studiosi di provare a capire se fosse un fenomeno astronomico reale. E, tra tante teorie, su un punto non ci sono più dubbi: la stella cometa non era una cometa. La tradizionale rappresentazione sembra essere frutto di un equivoco artistico. Colpa di Giotto, che vide passare la cometa di Halley tra il 1301 e il 1302 e poco dopo la dipinse nella sua «Adorazione dei Magi», nella cappella degli Scrovegni a Padova. Ma Halley, che torna vicina alla Terra ogni 76 anni, era già passata nel 12 avanti Cristo. E, considerando che la data storica della nascita di Gesù – com’è noto – va anticipata al 6 o 7 a.C., non ci siamo.
Ma la «finta» cometa non poteva neppure essere una meteora: un fenomeno che si esaurisce in pochi attimi e che i Magi non avrebbero potuto seguire per mesi. «Bisogna andare per esclusione, un po’ alla Maigret», spiega il professor Leopoldo Benacchio, ordinario dell’Inaf, l’istituto nazionale di astrofisica. Che prosegue: «Il Vangelo di Matteo parla di un “Astron”, termine che in greco antico significa stella, o meglio “Evento del cielo”. In più, Matteo scrive che i Magi furono convocati da Erode per spiegare cosa avessero visto in cielo. Insomma, pare proprio che il fenomeno non fosse sotto gli occhi di tutti: solo persone con una superiore conoscenza del cielo, come i Magi, erano in grado di decifrarlo».
Ecco allora che toccherebbe escludere un’altra ipotesi: quella che l’astro di Betlemme fosse in realtà una nova o supernova: una stella massiccia resa improvvisamente più luminosa e visibile dalla sua esplosione. «Ne parlò Keplero nel Seicento dice Benacchio - ma si tratta di un fenomeno piuttosto raro e che, soprattutto, chiunque avrebbe visto». Così la tesi che sembra mettere d’accordo il maggior numero di studiosi è quella della congiunzione di pianeti: l’avvicinamento di Giove, Saturno e Marte con la costellazione dei Pesci sullo sfondo. «In quel periodo, stando a un antico documento babilonese, un allineamento simile si verificò davvero», spiega ancora Benacchio -. Tra il 7 e il 6 avanti Cristo troviamo Giove e Saturno, simboli di regalità e giustizia, insieme nella costellazione dei Pesci, considerata emblema della Casa di Davide e quindi di Israele. Un evento che ricorre ogni 805 anni. Non è difficile immaginare che, in tempi in cui il cielo era come un libro, una tale congiunzione astrale fu probabilmente letta come il segnale dell’arrivo di una nuova epoca».