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 2012  dicembre 22 Sabato calendario

LAPO, OGGI “NON FUGGO PIÙ E HO IMPARATO A FIDARMI DI POCHE PERSONE”


Dietro tutto questo c’è un centometrista convertito alla maratona. «Altro passo, altro modo di vivere, altre amicizie. Quelle vecchie le ho mollate. I contorni grigio-neri del passato — vita privata, gente con cui lavoravo — li ho messi in un cassetto. Senza rancori né sete di vendetta, ma ricordandomi di chi mi ha voltato le spalle. E imparando a fidarmi di pochi».
Nella sua seconda vita Elkann è un uomo più consapevole: nel raccontarsi, anzitutto. «Ho domato i demoni, li tengo lontani. Ci sono riuscito conoscendo
meglio la mia natura, accettandone i contrasti. Determinato ma anche fragile, in guerra e in pace, socievole e solitario. Sono così, il che mi rende ipersensibile. Dopodiché ho avuto molta fortuna. Se sono ancora qui lo devo a Dio, che mi ha protetto e salvato. E anche alla mia passione per la vita e a chi mi ha aiutato. In primis, la mia famiglia».
Tutto, nel bene e nel male, è ruotato e ruota intorno alla velocità. «La mia migliore amica e il mio peggior nemico. La amo, è il mio motore anche a se a volte non mi godo il viaggio. E mi ha fatto cadere. Sono inciampato perché fuori ero forte, ma dentro non ero soddisfatto. Non mi amavo, ero triste. E fuggivo. Sempre». Adesso la fuga è diventata un’opzione sana. «Porto sempre con me il passaporto. Però sto nel presente e sto bene, non fuggo più da niente. Ho iniziato a fermarmi di più, a prendere tempo». Eccola la nuova sfida del
», se l’è tatuato sulla schiena a Parigi assieme al suo migliore amico Duc che non c’è più e a cui è dedicato il libro) di casa Agnelli: tirare fuori se stesso, il vero Lapo, dal personaggio un po’ frivolo e evanescente che pure in qualche modo gli ha gettato l’ancora. Gli chiediamo dove tiene le Ferrari, la più sobria ha la carrozzeria mimetica. «In un garage qui vicino. Ma le sto vendendo. Non è tempo per mettersi in mostra. Ci sono tante persone che fanno fatica e non hanno lavoro. Certe cose possono essere viste come un’ostentazione fastidiosa. La gente mica sa che fai beneficenza e dai una mano a chi ha meno di te».
Si è appena allenato. Da qualche giorno ha fatto pace col barbiere. «Essere eleganti vuol dire essere se stessi. E personalizzare. Anche con le proprie eccentricità ». Si era vagamente intuito. La cucina di
con finestre aperte sui due gradi di temperatura esterna («ho sempre caldo»), non è un inno al minimalismo. Quadri colorati con Batman e Spider-Man; un bancone tappezzato di foto dove riposano due fogli di appunti, tre penne «verde speranza», un pacchetto di Marlboro con accendino usa e getta nero marchiato
una bottiglia d’acqua, una confezione di pappa reale, il blackberry. Tutto in ordine. «Sono rigoroso sugli spazi e gli oggetti che li occupano. È una questione mentale: ti aiuta a tenere il punto». Se fosse un rompicapo, e un po’ lo è, Lapo sarebbe un incrocio trailcubodiRubikeloShangai.Ilcubo:perl’accrocchio di colori che inseguono un capolinea. Lo Shangai per lo stare in bilico in un «disequilibrio assoluto ». I bastoncini giapponesi da togliere dal gruppo. «Se vuoi fare qualcosa di serio devi distinguerti dagli altri. Non mi piace, però, la stravaganza fine a se stessa, la provocazione stupida. Dietro l’immagine ci deve essere sostanza». Detto da uno che indossa abiti doppiopetto gialli e veste i frigoriferi coi jeans, o gli credi o ti domandi su quale pianeta vive. «Sono per la sostanza, da progressista dico: “avanti Monti”. È lui l’outsider, ha spessore, onestà, etica». Vabbé.
Il suo di spessore, invece, è essere cinque, sei cose assieme. «Ho bisogno di fare, viaggio per ispirarmi». Creativo, imprenditore (col marchio Italia Independent), iconagiovanile,ambasciatoreglobetrotterdell’italian style. Seduttore, ora anche scrittore. «Ho fatto questo libro perché lo stile è bellezza. Non è una questione di lusso. Basta anche una bella cover da 10 euro per il telefonino. O mangiare bene. In una trattoria economica come al ristorantone stellato». Mentre azzanna una cotoletta tiepida al limone facciamo notare a Elkann ciò che staranno pensando molti italiani. Che ci vuole un bel coraggio, in questo momento, a sfornare un libro sulle regole dello stile. La crisi. La polveriera sociale. E il rischio “chissenefrega”, sempre lì in agguato. «Sono pronto a beccarmi critiche e sarcasmo. Sono autoironico, non voglio insegnare niente. Ma penso che il bello, se ben usato, fa bene a una nazione in difficoltà». Il giovane Agnelli che dopo due mesi come operaio alla Piaggio va a fare l’assistente di Kissinger. Conosce Putin, «una mente velocissima », incontra il Dalai Lama, ha consuetudine con Shimon Peres. Ma tra le figure più importanti ci sono suor Giuliana di Torino, un tecnico Ferrari, e Nora, la segretaria ai tempi della Fiat. «Ho conosciuto il meglio e il peggio del mondo. Il meglio sono le lettere d’affetto di gente sconosciuta nel periodo più brutto. Ilpeggioèchimihatradito,girandosidall’altraparte». Il problema, da oggi, non è più azzeccare i congiuntivi, «mi hanno affiancato un buon correttore di bozze!». Né la collezione di multe («due o tre all’anno», una stima per difetto). Nemmeno convincere i non ammiratori, quelli che quando lo vedono pensano «ma va’ a lavurà», e il bello è che lavora sodo. «È dai tempi del militare a Belluno che sono amato e odiato in ugual misura. Mi stimano di più all’estero — dove i media mi giudicano per il mio lavoro, dove ricevo premi e mi invitano a conferenze coi Nobel — che in Italia. Qui si fermano alle apparenze, c’è invidia per il successo. Disturba comemipresento,avoltec’entra la mia famiglia d’origine, e la Juve...». Quasi sempre abbozza. «Sono patriottico, il mio sogno è rilanciare l’immagine all’estero del mio Paese, e anche di Israele». Una specie di futurista a sua insaputa, che giura di essere, prima di tutto, «buono». «Ho tanto da imparare e molto da migliorare. Voglio restituire agli altri il tanto che ho avuto dalla vita». C’è o ci fa questo ricco creativo che gira il café-society con
in testa l’idea di cambiare il suo Paese come fosse una pista Polistil su cui sfrecciano macchinine colorate? Uno che si diverte a profanare la sartoria
classica attingendo dalla tavolozza e intanto non lascia mai disoccupati i fotografi. Si diceva un tempo, qualcuno lo pensa ancora, che le persone eleganti desiderano passare inosservate. Lapo fa e teorizza il contrario. È la sua rivoluzione copernicana. «Il nascondersi è tipico di una visione democristiana e calvinista che non mi appartiene. L’eleganza è non nascondersi ». Ha sdoganato il maculato militare in città. Dopo letintepsichedelice,ilcarbon-look,dopoaverefatto diventare trendy i gessati da gangster e rilanciato il fazzoletto a sbuffo infilato nel taschino della giacca. «Si può essere leggeri e profondi al tempo stesso». E veloci, «sempre». «Diceva Enzo Ferrari che la sua auto preferita era... la prossima». E il prossimo futuro di Lapo? Avviso ai naviganti. «Voglio spendermi di più per le cause nobili. E mi auguro di sposarmi e di avere figli. Da solo, non mi ci vedo».