Carlo Bonini, la Repubblica 22/12/2012, 22 dicembre 2012
FALSI COLLAUDI E CONTROLLI FACILI COSÌ LA COSTA AGGIRAVA LA SICUREZZA
L’indagine sulla catastrofe della Costa Concordia afferra il suo ultimo bandolo di verità. E con la forza dirompente di decine di intercettazioni telefoniche ed ambientali (sin qui inedite), che per mesi hanno registrato anche i sospiri dei manager della “Costa”, spalanca il pozzo di sentina dell’industria delle crociere. Un’informativa di 162 pagine del Nucleo Investigativo dei carabinieri di Grosseto, depositata con l’avviso di conclusione dell’indagine preliminare a carico dei 12 indagati, segnala «nuovi percorsi investigativi » e documenta quale grumo di interessi, controlli addomesticati, rapporti opachi esistessero tra Armatore, Capitanerie di porto e Registro Italiano Navale (Rina). E come, all’indomani del naufragio, quel Sistema si sia sentito improvvisamente minacciato e abbia cercato di proteggersi.
QUELLO CHE “NON SI PUO’ DIRE”
Che succedeva, dunque, sulle navi della Costa? Il 25 febbraio scorso, Paolo Mattesi (M), manager della società, parla con Massimo Garbarino (G), uno dei comandanti, della tenuta delle porte stagne.
G:
«Queste porte stagne che abbiamo noi sono di quella cazzo di ditta che, belin, è da mettere in prigione ».
M:
(ride)
G:
«Devono mettere loro (in galera ndr.) che certificano le navi».
M:
«Lasciamo perdere... ».
G:
«Come cazzo le autorizzano! Perché queste porte stagne qua c’hanno una tenuta come una
baderna
(una guarnizione ndr.). Dopo due anni sono già da cambiare! C’è aria!».
Dunque, le porte stagne sono da buttare. Ma quel che è peggio, le navi della Costa, durante la navigazione, le tengono aperte per periodi troppo lunghi e, dopo il naufragio della Concordia, le nuove direttive della Guardia Costiera sono un problema. Che Mattesi suggerisce
a Garbarino di aggirare.
M:
«Dobbiamo cercare di ridurre il più possibile questi periodi di apertura. Di conseguenza,
smarcaresul
registro questi orari, mi sono spiegato? Vedi se è fattibile».
LE PRESSIONI SU RINA E CAPITANERIE
Nel marzo scorso, Costa vive settimane complicate. Il Rina, insieme alla Capitaneria di porto di
Genova e al Comando generale delle capitanerie di Roma, avvia un’ispezione che rischia di trovare falle nelle procedure di sicurezza delle navi. Il manager Roberto Ferrarini, al telefono con Marco Tomesani, rassicura. «Sicuramente il
nostro K1 (Foschi, ad di Costa) ha parlato con il K1 di Rina. Si sono chiariti». Il problema, tuttavia, è che il Comando Generale delle Capitanerie di Porto di Roma non sembra voglia recedere da un atteggiamento di scarsa disponibilità.
Foschi ne parla al telefono con Ferrarini e si fa minaccioso: «Io ho parlato... C’è grande rigidità. E gli ho anche detto che se adesso esce questa cosa (le falle nella sicurezza della navi Costa ndr.) siamo coinvolti noi, ma anche il Rina e la Capitaneria
di Porto, perché dall’ultima visita la situazione è la stessa». Del resto, l’accesso di “Costa” al Rina e alla capitaneria di Genova è tale che, Ferrarini viene avvisato da uno dei manager reduci da una visita agli uffici del Rina di «non usare
i telefoni» (in quel momento intercettati).
“PROVE IN MARE FINTE”
È tuttavia il 5 aprile scorso, che si comprende come vadano le cose nel Sistema. Cristina Porcelli (C), avvocato di Costa, e il manager Paolo Parodi (P) discutono di una delle navi di Costa appena uscita dai cantieri e con problemi a una «boccola della trasmissione» che rischia di comprometterne l’idoneità alla navigazione.
P:
«Il Rina fa tutto quello che vuole Fincantieri (l’azienda che ha costruito la nave). Noi abbiamo avuto problemi simili con navi in esercizio. Vedi la “Fortuna”, ti ricordi? »
C:
«Si, però qui è una consegna e voglio capire se...».
P:
«Una consegna. Quindi puoi decidere se fare delle prove a mare severe e dunque a quel punto la boccola o si brucia o va bene. Ma se si brucia la nave deve tornare in bacino. Oppure, fai delle prove a mare non severe se prevedi... ».
C:
«Ah va beh».
P: «
Perché è interesse di tutti fare delle prove a mare finte... Se no perdiamo due settimane di crociera ».
C:
«Certo. Chiaro».
P:
«Tieni presente che questo è già successo con una nave... Se non sbaglio era la Concordia».
OSPITI IN CROCIERA
Il 13 marzo, Foschi (F) e Onorato (O), ad e direttore generale di Costa, si sfogano al telefono su Capitanerie di Porto e Rina.
F:
«Noi non possiamo morire. È chiaro che qui siamo tutti insieme ».
O:
«Bisogna chiamare Cacioppo (il Comandante generale delle Capitanerie) e dirgli: Guardi, noi dobbiamo anche difenderci». La conversazione tra i due prosegue in auto.
O:
«C’è gente della Capitaneria che viene in crociera con noi. Ti comporti come tutti gli altri crocieristi... Sono venuti proprio sulla Concordia. A Dicembre».
F:
«No, a dicembre c’erano quelli del Rina. Ma prima c’era la Capitaneria
»
O:
«Ah, c’è un onorevole genovese, come si chiama.... che ha avuto l’incarico di contattarmi da parte di un certo Nicolini, Nicoletti. Mi deve parlare di una cosa che riguarda la Concordia. Non ho scelta. Devo chiamare Bornacin (Giorgio, senatore Pdl).