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 2012  dicembre 23 Domenica calendario

Leggo la sua lettera del 20 dicembre, in risposta ai lettori del Corriere che hanno commentato la serata di Benigni dedicata alla nostra Costituzione

Leggo la sua lettera del 20 dicembre, in risposta ai lettori del Corriere che hanno commentato la serata di Benigni dedicata alla nostra Costituzione. Condivido la sua premessa. Cito: «Tutti hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni». Come del resto afferma la nostra Costituzione, e di cui hanno diritto tutti e anche un «comico» allo stesso modo di un intellettuale della penna. Ma a lei, egregio dottore, questa discesa in campo di un attore come Roberto Benigni nella pubblica arena televisiva le risulta «...una interessante anomalia». E si domanda — sollecitando anche i lettori a domandarsi—: «Abbiamo assistito a una lezione o a una performance? Dobbiamo giudicare l’attore per la qualità dei suoi argomenti o per la sua vis comica?». La risposta è semplice: per tutti e due i modi. Quello che tanti sapientoni del «lucido» intelletto non sono mai riusciti a fare. Egregio dottore, francamente la sua lettera di risposta ai lettori del Corriere mi sembra più una reazione di invidia (altrimenti sarebbe stupidità, e non è il caso suo) per quei 13 milioni e oltre di spettatori che hanno ascoltato con grande interesse, partecipazione, emozione, l’esibizione del «comico» sapiente rispetto a quello che tanti intellettuali dal nasetto all’insù e politici di routine non sono riusciti a dare in più di sessant’anni di discorsi insulsi o bugiardi, lasciandoci in un vuoto di fiducia nelle istituzioni e senza alcuno slancio di speranza. E invece Roberto Benigni, il «comico», è riuscito a scuoterci dal torpore delle inutili chiacchiere senz’anima. Lei insiste: «Ma la Rai non è un cabaret e la Costituzione è materia troppo seria per essere definita "La più bella del mondo" e trattata come in un concorso di bellezza». Peccato che lei, egregio dottore, non abbia saputo leggere in quella definizione di «bellezza» quando la bellezza nasce dall’amore. Ma sarebbe imbarazzante per me se io gliela spiegassi. E aggiungo, sempre con le sue stesse affermazioni: «Persino i costituenti, se tornassero in vita, si accorgerebbero che contiene troppe promesse non mantenute…». Non perché sono stati loro troppo azzardati, ma perché non siamo stati noi all’altezza dei loro ideali. Soprattutto coloro che adesso tradiscono la Costituzione giudicandola storicamente superata. Non comici ma tragici maestri di mediocre pensiero. Sempre con stima. Ermanno Olmi Caro Olmi, L a sua lettera viene dal cuore, con cui non è facile discutere, e contiene apprezzamenti personali a cui, su questa pagina, non ho l’abitudine di rispondere. Cercherò invece di indicare le tre ragioni per cui la Costituzione mi sembra invecchiata. È stata scritta nel clima sociale del dopoguerra e i suoi padri, spesso inconfessati, sono il New Deal, la legislazione dei fronti popolari degli anni Trenta, il piano Beveridge del partito laburista britannico, la politica sociale del fascismo e quella della Chiesa. Lascia trapelare una certa sospettosa diffidenza per il capitalismo e la proprietà privata, attribuisce ai poteri pubblici la funzione d’intervenire, regolare, distribuire. Configura uno Stato etico, non liberale. In secondo luogo è stata scritta da partiti che temevano il ritorno del fascismo o, come nel caso del Pci, volevano premunirsi contro forme di autoritarismo «borghese». Il risultato è un sistema sghembo in cui l’esecutivo ha meno poteri di quanti ne abbiano oggi i governi delle maggiori democrazie occidentali. In terzo luogo i poteri del presidente della Repubblica sono, forse intenzionalmente, mal definiti. Ho l’impressione che i costituenti abbiano finito per modellare la figura del capo dello Stato su quella del sovrano nella monarchia sabauda durante gli ultimi decenni del Regno: un re notaio nei momenti di maggiore stabilità politica, ma autorizzato a intervenire con grande autorità nei momenti eccezionali. Se prescindo dai diversi contesti, ho l’impressione che tra l’avvento del maresciallo Badoglio al potere nel luglio del 1943 e il conferimento dell’incarico a Mario Monti nel novembre 2011 corra, almeno sul piano formale, qualche interessante analogia. So che esistono sulla Costituzione opinioni alquanto diverse. Ma ricordo, caro Olmi, che molte voci critiche si levarono anche durante l’Assemblea costituente. In una lettera del 19 marzo 1947 a Ernesto Rossi, Gaetano Salvemini scrisse di temere che la Carta allora in discussione sarebbe stata «una vera alluvione di scempiaggini».