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 2012  dicembre 22 Sabato calendario

E VA IN SCENA IL «RITO DELL’ADDIO» —

Transatlantico.
La seduta è sciolta.
Scena finale.
Ore 18.05.
(Sapete che Domenico Scilipoti somiglia all’attore americano Danny De Vito: ecco, adesso immaginatevelo uscire dall’emiciclo e indugiare, perfettamente in ghingheri e con le guanciotte paffute, gli occhi che vagano tra i salottini in pelle e i luccicanti lampadari appesi su drappi di velluto rosso).
Coraggio, venga via, non faccia così.
«No no... aspetti un momento...».
È finita: deve venir via, onorevole.
«Lo so lo so, accidenti, che è finita... però fatemi dare un ultimo sguardo a questo posto che ho tanto amato...».
Un po’ di dignità, forza.
«Mannaggia... E ora che faccio? Torno a fare il ginecologo?».
(Arriva un collega del Fatto, uno di quei cronisti che pure a Scilipoti, il principe dei voltagabbana di Montecitorio, non ha risparmiato nulla in questi faticosi cinque anni di legislatura: però i due si abbracciano, Scilipoti tira su con il naso, ci augura un felice Natale e dice che ci perdona tutto — lui perdona noi, già).
Laggiù, gli altri deputati.
Osservarli per l’ultima volta. E ascoltarli. Cogliere il loro smarrimento, in un miscuglio di paura e speranza, rassegnazione e rabbia. Quelli (pochini) che sono quasi certi di tornare, quelli (tantissimi) che brigano per tornare, quelli (pochissimi) che hanno scelto di non tornare.
La sensazione netta è che la decisione del Pd di arrivare alle candidature passando per le primarie ha gettato centinaia di deputati in un panico puro, che le profezie Maya sono una roba da ridere. La casertana Pina Picierno (nei primi giorni di aula arrivava sfoggiando tremende scarpe argentate con tacco 12) ora mostra uno stivale basso, «da campagna elettorale». Passa Marianna Madia. «Io non mollo di certo» (avrebbe un rassicurante ticket elettorale con il potente bersaniano Stefano Fassina: ma non sa che il Pd romano vuole imporre a Fassina la moglie dell’ex capogruppo alla Regione, Monica Cirinnà). Anna Paola Concia, omosessuale attivissima sul fronte dei diritti civili, nemmeno ci prova. O la segreteria del partito la mette nel listino blindato, o una come lei, senza militanti di sostegno nel territorio, è fuori. Situazione analoga quella di Roberto Giachetti — 123 giorni di sciopero della fame contro il Porcellum — che è furioso: «Sì, perché sciopero a parte... io, in aula, mi sono sempre fatto un enorme c...».
Sfoghi, intrighi, nervosismo, Fioroni al telefonino: «Ti ho detto che quello, in lista, non ce lo voglio... Capitooo?». Arriva sorridente Veltroni (standing-ovation per il suo ultimo discorso, l’abbraccio con D’Alema ma soprattutto i commessi, in fila, a dirgli che qui mancherà tanto). Arriva pure la notizia che il ministro Fornero, indispettita dai toni di Di Pietro (gli ultimi sondaggi dell’Idv sono drammatici) ha lasciato momentaneamente l’aula. Anche il viceministro Michel Martone ha lasciato l’aula, e adesso è qui che scherza spensierato con Anna Grazia Calabria, la più giovane (quasi ex) deputata del Pdl.
Gabriella Giammanco alla buvette.
«Vuol sapere perché sono tranquilla?».
Esatto: perché?
«Perché tanto io non posso farci niente».
In che senso?
«Nel senso che se tornerò o meno qui a Montecitorio, lo decidono Verdini e Angelino...».
E Berlusconi che aveva un debole per lei?
«Eh, appunto: vediamo se ce l’ha ancora sto’ debole...».
Berlusconi, nei primi giorni di legislatura, spediva bigliettini galanti a lei e alla De Girolamo. Solo che poi la De Girolamo s’è messa con Boccia del Pd, e il Cavaliere, perciò, s’è dato una calmata.
Intanto Mara Carfagna, nella penombra, parlotta con un collega di partito sul quale aveva detto cose brutte assai: Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario nato a Casal di Principe e imparentato con il boss Giuseppe Russo, detto Peppe O’ Padrino. Scajola lascia che un portaborse si genufletta e gli baci la mano. Crosetto con l’aria di uno che se si scoccia, ne fonda pure un altro di partito. Baldelli si esibisce nell’imitazione di Cicchitto (nonostante Cicchitto coltivi segretamente l’hobby del tiro a segno con la pistola).
Chi ha deciso di non ricandidarsi ha, decisamente, una cera migliore. Tipo Castagnetti, o la Turco. D’Alema continua a incedere come un grande capo. Marantelli allora lo chiama, e chiama pure Veltroni: e in mezzo ai due si fa scattare una foto ricordo.
Siamo ai saluti. Scilipoti s’è convinto che non può più restare. Franceschini a passo veloce: «Ciao ciao!». Marcello De Angelis — direttore del Secolo d’Italia ed ex picchiatore, ex Terza Posizione, un duro — con gli occhi lucidi, commosso: «È che io, alla fine, m’affeziono sempre a tutti...».
Fabrizio Roncone