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 2012  dicembre 22 Sabato calendario

VELTRONI, ULTIMO DISCORSO IN AULA «FINISCE LA LEGISLATURA, NON LA VITA» — A

fine giornata, stanco ma felice, Walter Veltroni recupera con la memoria il suo primo discorso da deputato, era il 6 agosto 1987, un quarto di secolo fa. Aveva 32 anni e c’era ancora il Pci: «Feci un discorso sulle deroghe alla legge del 1970 in materia di referendum...». Poi venne anche il giorno della prima ovazione alla Camera: «Era l’88, attaccai Andreotti, ricordo ancora le parole finali rivolte al capo diccì, Voi avete fatto tanto gli spiritosi sul governo ombra e adesso Lei presiede l’ombra di un governo...». Ma ben altra ovazione ha ricevuto stavolta, insieme a «valanghe di messaggi» e di tweet che gli hanno fatto piacere.
Il giorno dell’addio è appena passato, 21 dicembre 2012, il giorno della profezia mancata dei Maya e del suo ultimo discorso in Parlamento. La singolare coincidenza è stata colta al volo come sempre: «Oggi finisce una legislatura e non la vita degli uomini — ha detto Veltroni in Aula —. Possiamo parlare agli italiani del futuro e non del passato? Altrimenti è una specie di maledizione dei Maya quella che riporta in televisione le parole che vengono da chi sembra che in questi anni sia stato in vacanza su Saturno e non a Palazzo Chigi». L’attacco a Silvio Berlusconi, comunque mai nominato, è diretto e frontale.
Dieci minuti esatti d’orologio, discorso carico di suggestioni, quello dell’ex segretario, che come annunciato non si candiderà alle prossime elezioni: «L’Italia ha bisogno di una rivoluzione democratica. Bisogna dichiarare guerra alle mafie e alle illegalità. Il mio appello ai partiti è: Rifiutate i voti sporchi...». E nel momento cruciale del congedo, la Camera si è commossa: «Com’è noto non sarò più parlamentare e colgo l’occasione per ringraziare tutti voi. In questi anni ho ascoltato anche le idee più lontane dalle mie. Buon lavoro a voi e buon futuro all’Italia».
Così, applausi scroscianti e standing ovation, i colleghi del Pd tutti in piedi, l’abbraccio con Massimo D’Alema anche lui al passo d’addio (ma senza discorso) e pure alcuni parlamentari leghisti e del Pdl battevano le mani platealmente. Mancava Pier Luigi Bersani, impegnato in un pranzo con il ministro francese Laurent Fabius, ma per telefono, poco prima, s’era scusato per l’assenza. In tribuna con gli occhi lucidi seguivano tutti i passaggi la moglie Flavia e la figlia Vittoria (l’altra figlia, Martina, è ancora a New York) eppoi le segretarie Silvia e Paola e i collaboratori di una vita, Roberto Cocco, Roberto Benini, Roberto Roscani, Luigi Coldagelli e Lino Paganelli. Poi, un commesso di Montecitorio ha rotto gli indugi e si è avvicinato a Walter emozionato: «Oggi, onorevole, è una di quelle giornate in cui siamo contenti di lavorare alla Camera». «Il complimento più bello», per l’ex segretario del Pd.
Anche l’ultimo giorno, comunque, Veltroni ha voluto lanciare la sfida a modo suo: «Siamo nel momento più drammatico della nostra storia», ma l’Italia «non deve tornare indietro, deve andare verso un bipolarismo civile con un centro democratico e uno schieramento riformista che possano collaborare». Basta quindi con il populismo del Cavaliere, con «l’odio e l’immobilismo»: «Con le promesse irrealizzabili si distrugge un Paese e la politica. L’Italia invece ha bisogno di futuro, non del passato. E per guidare l’Italia fuori dal tunnel è il tempo delle persone serie». Un ringraziamento pubblico, quindi, al presidente Napolitano e un riconoscimento pieno dei meriti di Mario Monti. «Monti — ha detto Veltroni — ha fatto molto in un breve periodo. Non riconoscerlo ora, in ragione delle sue scelte future, è intellettualmente disonesto». Onore delle armi, perciò, al Professore ma è ora «di andare oltre perché l’Italia ha bisogno di qualcosa di inedito». Serve «una rivoluzione democratica», «questa è la sfida del centrosinistra che Bersani è chiamato a guidare».
A fine giornata, stanco ma felice, Veltroni ribadisce che «la sua è una pagina che si chiude, ma l’importante è passare da una stagione all’altra della vita senza rancori e possibilmente anche senza rimpianti, ma questo è più difficile». Avrà «tante cose da leggere e da scrivere in futuro», promette. E comunque Luigi Coldagelli, uno dei suoi più stretti collaboratori, alla fine del discorso ha detto che «non sembrava un addio».
Fabrizio Caccia