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 2012  dicembre 20 Giovedì calendario

Rcs, altri 100 milioni di tagli Per i ricavi si punta sul digitale - Ricavi stabili nel 2015 a 1,6 miliardi con un’incidenza del­l’editoria digitale che sale dal­l’attuale 14 al 25% e un ebitda di 160 milioni, quadruplicato ri­spetto a quello atteso per que­st’anno (40 milioni)

Rcs, altri 100 milioni di tagli Per i ricavi si punta sul digitale - Ricavi stabili nel 2015 a 1,6 miliardi con un’incidenza del­l’editoria digitale che sale dal­l’attuale 14 al 25% e un ebitda di 160 milioni, quadruplicato ri­spetto a quello atteso per que­st’anno (40 milioni). Questi so­no i dati-chiave del piano 2013-2015 di Rcs che ieri il cda guidato dall’ad Pietro Scott Jo­vane ha esaminato per oltre cin­que ore. Per la società editrice del Cor­rier­e della Sera le due altre parti­colarità ri­guardano l’an­nuncio di ri­sparmi su pro­dotti e proces­si per 100 mi­lioni e la ne­ces­sità di inve­stire 300 milio­ni per il rilan­cio del grup­po editoriale (inclusi gli oneri non ri­correnti e al netto di even­tuali acquisi­zioni). Su tut­to il resto- dal­la chiusura della maggior parte delle te­state settima­nali di Rcs Pe­riodici (salvo Oggi , Il Mon­do e Novella 2000 ), alla quantifi­cazione degli esuberi- si decide­rà entro la prossima primavera. Così come sull’entità dell’au­mento di capitale, per il quale sarà il Credit Suisse (guidato in Italia da Federico Imbert), in­gaggiato come advisor, a cerca­re la quadratura del cerchio. La successiva riunione del patto di sindacato, durata tre ore, è stata altrettanto interlocutoria. Che cosa emerge, dunque, da queste scarne indicazioni? «Bisogna capire come il piano si declina», ha detto il presiden­te di Fiat John Elkann. Ecco, la questione è tutta lì: l’impasse tra i soci, manifestatasi in tutta la sua criticità nella riunione del cda di venerdì scorso, ha fondamentalmente prodotto uno stallo. Il fatto che il giovane numero uno del Lingotto sia sta­to l’unico a parlare fa emergere come nella discordia ci sia un unico punto di armonia: è me­glio rimandare. Vogliono ri­mandare i piccoli soci del patto (Lucchini, Merloni, Bertazzo­ni) che non sono entusiasti di una ricapitalizzazione hard . Vogliono rinviare i grandi soci dell’accordo (Pirelli,Fonsai,Pe­senti) perché l’investimento (i 300 milioni annunciati dovreb­bero sommarsi ai 380 necessari per ripianare 380 milioni di per­di­te registrate finora) drenereb­be risorse importanti. E voglio­no rinviare anche gli altri per­ché la «manovra» si inserisce in una fase di instabilità politica. Anche chi è fuori dal patto co­me Diego Della Valle, dopo me­si di polemiche infuocate, ha al­la fine condiviso la necessità di un ripensamento. E così pure il primo azionista Giuseppe Ro­telli (16,5%) ha dovuto accetta­re la Weltanschauung maggiori­taria. D’altronde, come ha det­to lo stesso Elkann, «nessuno vuole entrare e nessuno vuole uscire dal patto». Al momento, l’entità della ricapitalizzazione non costituisce un’occasione di «accreditamento». Insom­ma, i grandi soci (Mediobanca, Fiat, e Intesa) devono per forza procedere come un sol uomo. La prevalenza del tatticismo, alla fine, pone in una luce diver­sa la figura dello stesso Scott Jo­vane che pur annunciando «sa­crifici necessari» ha ribadito che «non è il mio piano, non ne sarei stato capace». Parole che ne ufficializzano la condivisio­ne con il presidente Provasoli e gli azionisti «che sono stati de­terminanti ». Ma che rimarca­no anche una presa di distanza.