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 2012  dicembre 21 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - MONTI SI È DIMESSO


ROMA - Il premier Mario Monti si è dimesso. Dopo 401 giorni, il Professore ha rassegnato le dimissioni questa sera poco dopo le 19, subito dopo un rapidissimo Consiglio dei ministri, nelle mani del presidente della Repubblica. Giorgio Napolitano ha preso atto e invitato il governo a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti. Il Capo dello Stato consulterà i Presidenti dei gruppi parlamentari domani, dalle 10 alle 13.
Subito dopo Monti ha telefonato ai presidenti di Camera e Senato. La comunicazione delle dimissioni del presidente del Consiglio ai presidenti delle Camere viene normalmente data di persona ma non mancano precedenti di tali comunicazioni affidate al telefono. Domenica alle 11, il Professore terrà la sua conferenza stampa. Ora restano i dubbi sulla sua discesa in campo. Il pressing dell’area di centro - dall’Udc, a Montezemolo, ad Andrea Olivero - non è bastato finora a sbloccare la decisione. Perché sull’altro piatto della bilancia pesano molti fattori. Come spiega un Indiscreto su Repubblica.it.
Aveva anticipato lui stesso di volersi dimettere, in un discorso di fine anno alla Farnesina, il suo ultimo impegno pubblico da premier: "E’ il mio ultimo atto prima delle formali dimissioni nelle mani del Capo dello Stato. Grazie di avermi permesso di concludere qui questi difficili ma affascinanti 13 mesi".
In questi 13 mesi è stato condotto un percorso che ha reso "il nostro Paese più affidabile, più competitivo e attraente per gli interlocutori e gli investitori stranieri", ha affermato il presidente del Consiglio alla nona conferenza degli ambasciatori. "Lo abbiamo fatto - ha proseguito il premier - attraverso una seria politica di risanamento, unita a misure per favorire la crescita e riforme strutturali importanti come quelle del mercato del lavoro e delle pensioni. Con provvedimenti per aumentare la concorrenza e favorire la liberalizzazione dei servizi e delle professioni. E infine con il varo di una legge contro la corruzione, contro la quale dobbiamo combattere con tutte le nostre forze proprio come nel caso dell’evasione fiscale". "Un’azione - ha detto ancora Monti - che mi auguro possa continuare anche nella nuova legislatura, nella consapevolezza che gli interessi nazionali prescindono ovviamente dal governo in carica in quanto sono interessi permanenti".
Oggi alla Camera è andato in scena l’ultimo atto della XVI legislatura. La standing ovation per Walter Veltroni. Massimo D’Alema che stringendogli la mano ha detto: "Ultimo discorso? Io non ho il carattere per certe cerimonie...". E poi le lacrime di Livia Turco, Simone Baldelli che imita Fabrizio Cicchitto nell’ultima dichiarazione di voto della legislatura. Il ministro Piero Giarda che saluta l’aula di Montecitorio con un ringraziamento: "E’ l’ultima occasione che abbiamo, volevo ringraziarvi della pazienza che avete avuto per le intemperanze del governo e ci vediamo in una prossima vita". Monti ha chiesto dunque alle forze politiche di non disperdere il lavoro fatto fin qui. Alla Camera c’è stato il via libera alla legge di stabilità e quindi al decreto sulle elezioni, su cui ieri si era consumato l’ultimo scontro della legislatura per arrivare oggi a un’intesa. Il decreto è passato al Senato e i lavori sono ancora in corso a palazzo Madama.
Tra i provvedimenti che il governo ha varato oggi anche il decreto legislativo sulle incandidabilità e il decreto legislativo che attua lo statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di cassa integrazione guadagni, disoccupazione e mobilità.
L’organizzazione delle coalizione per le politiche di febbraio è ancora in divenire ma Silvio Berlusconi ha già lanciato il Pdl in piena campagna elettorale. Interventi televisivi e radiofonici a tappeto. Anche oggi il Cavaliere è tornato ad attaccare Monti. Se il premier diventasse "il capetto di tanti partitini" si giocherebbe la possibilità di essere eletto al Colle "perché al Quirinale deve essere eletto qualcuno che possa garantire a tutte le parti in causa un’assoluta equanimità".
Ma l’offensiva contro il Professore era cominciata già in mattinata, nel corso di una delle tante incursioni mediatiche del Cavaliere. Un lungo j’accuse che è arrivato nel corso di un’intervista a Gr Parlamento. Una legislatura sprecata? "In parte il presidente Napolitano ha ragione, con il governo dei tecnici c’era la possibilità di avere la maggioranza per approvare una riforma costituzionale che non ha ritenuto di proporre", ha detto Berlusconi. La replica di Monti non si è fatta attendere. Prendendo la parola al termine della messa di Natale, celebrata per i dipendenti nella Sala Verde di Palazzo Chigi, ha risposto con toni ironici: "Un anno fa questo governo era al varo, oggi invece, non per colpa della profezia Maya, dovremo terminare il ruolo".ì
Contro un ruolo politico di Monti si è schierato anche il leader della Cgil Susanna Camusso che ha parlato di "uso elettorale della propria funzione". "Trovo istituzionalmente discutibile che un governo tecnico nato senza consenso popolare utilizzi le politiche fatte da quel governo per fare campagna elettorale", ha detto.
Più tesi anche i rapporti tra il Pdl e la Lega. Umberto Bossi ha bocciato un accordo con il Pdl con Berlusconi come candidato alla presidenza del Consiglio. "Se Berlusconi vuole fare il candidato premier è difficile", ha detto Umberto Bossi ai giornalisti alla Camera. E Maroni, tranchant, a chi gli chiedeva quando ci sarà un faccia a faccia con il Cavaliere: "Non è in programma alcun incontro".

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ROMA - La manovra di Stabilità diventa legge. Il sì definitivo della Camera è arrivato con mezz’ora di anticipo rispetto ai tempi previsti. Il testo, su cui il governo aveva incassato nel primo pomeriggio la fiducia a Montecitorio, è stato approvato con 309 sì, 55 no e 5 astenuti. Via libera anche al ddl di Bilancio di previsione dello stato per l’anno finanziario 2013 e al Bilancio pluriennale per il triennio 2013-2015. I sì sono stati 307, i no 59 e gli astenuti 4. In serata è arrivato anche il via libera del Consiglio dei ministri al decreto legislativo sull’incandidabilità di chi sia stato condannato con sentenze definitive per delitti non colposi. Rischia invece di slittare l’approvazione del decreto ’taglia-firme’: in Senato, la Lega ha chiesto il numero legale.
Taglia-firme, slitta il voto al Senato. Sembrava raggiunta l’intesa anche sul decreto ’taglia-firme’, il provvedimento che riduce il numero di firme necessarie a presentare le liste per le elezioni. Invece il dl sulla raccolta delle firme non sarà approvato questa sera in Senato. In una lunga capigruppo i partiti di maggioranza e il presidente Schifani hanno chiesto alla Lega di recedere dalla volontà di chiedere il numero legale ma il Carroccio insiste e dunque stasera si rinvierà l’ok. Il presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, denuncia "l’impuntatura" dei leghisti: "Così si misura la responsabilità politica, democratica e istituzionale di ciascuna forza
politica". Il Carroccio replica con il capogruppo Federico Bricolo: "E’ stata fatta una forzatura con
questo provvedimento, ma siamo pronti a tornare anche domani per votare il decreto. Noi facciamo l’opposizione. Quelli della maggioranza facciano la maggioranza e assicurino loro il numero legale".
Un ostacoLo imprevisto, dopo che il Comitato dei nove ha dato parere favorevole all’emendamento della commissione Affari Costituzionali che prevede la riduzione del 75% delle firme necessarie a presentare le candidature. Soppressa inoltre la parte del decreto che prevedeva l’esenzione totale delle firme in alcuni casi. Come previsto dalla conferenza dei capigruppo, la Camera avrebbe dovuto votare il dl subito dopo la legge di stabilità. La questione del decreto firme si lega a doppio filo con la data delle elezioni regionali. Gianluigi Pellegrino, legale del Movimento difesa del cittadino rende nota, infatti, una circolare prefettizia secondo cui le elezioni nel Lazio sono fissate inderogabilmente per il 10 e 11 febbraio. Secondo l’avvocato "l’election day non è possibile", a meno che le politiche non vengano anticipate al 10 febbraio.
Stop a "svuotacarceri". E’ stato invece affossato il ddl sulle misure alternative al carcere, duramente attaccato dalla Lega, che ha inscenato una protesta in aula con cartelli e striscioni, ma strenuamente difeso dal ministro della Giustizia, Paola Severino. La titolare del dicastero di via Arenula ieri aveva annunciato che non si sarebbe mossa dal Senato fino a quando il provvedimento non fosse stato approvato. Ma, dopo la decisione del presidente del Senato Renato Schifani di rimandare il testo in commissione Giustizia di Palazzo Madama, la titolare del dicastero di via Arenula ha espresso parole di rimpianto: "E’ un testo importante che ha una sua razionalità e l’ok sarebbe stata una pagina bellissima per concludere questa mia esperienza di governo. Invece vado via con amarezza anche se vi ringrazio per il sostegno che ci avete sempre dato".
Liste pulite. In serata, il Consiglio dei ministri ha "approvato in via definitiva, dopo aver acquisito il parere favorevole delle commissioni parlamentari competenti, il testo unico della normativa in materia di incandidabilità" di chi è stato condannato con sentenze definitive per delitti non colposi. Lo rende noto il comunicato di Palazzo Chigi diffuso al termine della riunione. L’incandidabilità riguarda "la carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni dei comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo 114 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di presidente e di componente degli organi esecutivi delle comunità montane". Le disposizioni in materia di incandidabilità, sottolinea il governo, "creano le condizioni per un sistema trasparente di rappresentanza e mirano così a restituire ai cittadini la necessaria fiducia nei confronti dei candidati alle elezioni politiche europee, nazionali e locali, e delle istituzioni che rappresentano".
L’ultimo discorso di Veltroni. Durante il dibattito sul ddl Stabilità ha preso la parola anche Walter Veltroni, che ha pronunciato, tra gli applausi degli altri deputati, il suo ultimo discorso in aula, dal momento che non si ricandiderà per il Pd alle prossime elezioni. "Com’è noto non sarò più parlamentare - ha esordito - e colgo l’occasione per ringraziare tutti voi. In questi anni ho ascoltato anche le idee più lontane dalle mie". Veltroni ha rivolto il pensiero al futuro: "A chi sarà qui vorrei dire che il nostro paese non può tornare al tempo, che fu anche di stragi, di debito pubblico alle stelle. L’italia non può più permettersi odio e immobilismo". "C’è bisogno di una rivoluzione democratica - ha continuato - E’ una specie di maledizione dei Maya quella che riporta in televisione le parole che vengono da chi sembra che in questi anni sia stato in vacanza su Saturno e non a Palazzo Chigi". Su Monti l’ex sindaco di Roma ha aggiunto: "Sarebbe disonesto non riconoscerne il valore, ha fatto molto e in poco tempo".
(21 dicembre 2012)

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ROMA - Non conosce sosta, l’offensiva mediatica di Silvio Berlusconi. Che non solo oggi, così come in tutti i giorni precedenti, colleziona una serie di interviste radiofoniche e televisive - sul circuito nazionale Canale Italia e sulla campana Tele Julie, davanti alle telecamere del Tg 2, ai microfoni di Gr Parlamento e su Radio Montecarlo - ma fa sapere di voler anche andare nel salotto domenicale di Massimo Giletti, su RaiUno. Malgrado il divieto alle apparizioni dei politici in periodo festivo decretato ieri dall’AgCom: questo periodo in realtà inizia lunedì 24 dicembre - è la tesi dell’ex premier - e dunque il 23 non ci sarebbe alcun problema.
Con la pronuncia di ieri, l’Agcom ha sottolineato come l’esigenza di imparzialità sul piccolo schermo non vada applicata solo nel periodo pre-elettorale in cui scatta la par condicio, ma anche - secondo una delibera che risale al 2006 - anche a Natale e dintorni. O meglio, come ribadito ieri anche dal Consiglio di amministrazione Rai, nei giorni festivi e prefestivi: 24,25,26 dicembre, e primo e 6 gennaio. Ed è proprio a questo elenco che Berlusconi si attacca per rivendicare il proprio diritto a partecipare alla domenica del primo canale pubblico. Nella speranza, probabilmente, di replicare lo show di sette giorni prima, ospite di Barbara D’Urso, negli studi di Canale 5: un’ora e 20 di domande non proprio cattive, con l’ormai famoso fuori onda (guarda il video) in cui lui imbecca la conduttrice sul prossimo quesito da porgli.
Dopo la D’Urso, altre ospitate radiotelevisive: il 17 a Quinta colonna su Retequattro, il 19 a Pomeriggio 5, il 20 a Radio Anch’io. Malgrado queste continue apparizioni, il Cavaliere anche oggi nega un suo eccesso di presenzialismo: "Hanno un bel coraggio a portarmi questa accusa - spiega al Tg2 - visto che il pd con le primarie ha praticamente occupato radio e televisioni. Io non sono in tv da più di un anno, è logico che essendo stato costretto a tornare in campo per rappresentare i moderati debba avere il modo di comunicare con i nostri elettori, quelli che ci hanno fatto vincere nel 2008, per raccontare loro la situazione del paese, quali sono i programmi che noi intendiamo realizzare".
Replica del Pd, attraverso il deputato Roberto Zaccaria. Che cita i dati di novembre pubblicati sul sito dell’Agcom, da cui "emerge una prima conferma: il Pdl, che pure nei sondaggi è in caduta libera, in tv continua a monopolizzare i tempi. Anche nel mese delle primarie dei democratici, che avrebbero secondo Berlusconi dato a Bersani e a Renzi 123 ore di vantaggio, le reti Mediaset hanno continuato a dare un netto vantaggio al partito di Berlusconi. In particolare il Tg4 e il Tg5 hanno dato al Pdl un 39% del tempo di parola contro il 29% del Pd e Studio aperto si è adeguato con il 37% al Pdl e il 25 al Pd".
(21 dicembre 2012)