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 2012  dicembre 21 Venerdì calendario

IL CIMITERO DEI LIBRI ESISTE. IN ROMAGNA, IN VIA DEL PROGRESSO


RIMINI. Il cimitero dei libri perduti esiste. Ma non date retta a Zafón: non si nasconde nel ventre esoterico di Barcellona. Sta a Santarcangelo di Romagna, via del Progresso, civico 21. Tra le insegne «Ferramenta Adriatica» e «Scalificio Santarcangiolese». È un capannone in mezzo ai capannoni sgranati lungo la via Emilia. Dentro, milioni di volumi. Definitivamente fottuti oppure in attesa di riscatto. Il magazzinone sulla Riviera è il loro purgatorio. O, a seconda, l’anticamera dell’inferno. Sarà Colui che tutto move, il mercato, a stabilire senz’appello chi finirà annientato, al macero, e chi invece avrà diritto a una seconda chance, tra i remainder.
Nel deposito di Opportunity, gruppo Messaggerie, transitano ogni anno 50 milioni di copie, diecimila titoli. Praticamente tutto l’invenduto e il fuori catalogo delle case editrici italiane. L’ingresso è riservato agli operatori del settore. E si capisce. Però è un peccato. Perché si tratta di un posto parecchio istruttivo. «Non sarebbe male se, ogni tanto, editori ed editor venissero a farsi un giretto da queste parti» sogghigna l’ad Marco Mattioli, guidandomi tra possenti muraglie di carta.
Come noto, la vita media di un titolo in libreria va riducendosi sempre più. Ormai oscilla tra 6 e 9 mesi. Che, se il libro non vende, possono rattrappirsi fino a 4. Poi sciò, aria: largo a merce più fresca. «Oggi» ricorda Mattioli, «gli editori sono molto più attenti di un tempo alle tirature. Meglio tenerle sotto controllo e, nel caso, ristampare». Eppure non mancano le maxi-scommesse finite a schifìo. Per dire: nel magazzino vedi grosse quantità de Il mondo di Rhett – autore Donald McCaig. Era il seguito di Via col vento. Un’americanata coi fiocchi. «Ne misero fuori 90-100 mila esemplari. Al 50 per cento sono rimasti invenduti. Forse avevano sottovalutato il fattore generazionale, anagrafico. Molti fra i lettori che fecero il successo di Via col vento, ormai stanno al camposanto». E in quel bacino è un po’ difficile acchiappare clienti.
Tirature sballate: succede. Anche ai più bravi (Piemme, l’editore del sequel disgraziato, è lo stesso del Cacciatore di aquiloni che ha sbaragliato le classifiche).
Pare che vedendo i propri libri sui banchi a metà prezzo, gli autori più schizzinosi – choosy, direbbe qualcuno – cadano in depressione e se ne lamentino con gli editori. Dati alla mano, però, sbagliano. Infatti non è mai detto. Che i libri non avranno le vite dei gatti, ma non ne hanno nemmeno una sola. Prendi il caso di Pipín Ferreras. E chi è? Un grande apneista cubano – apprendo – famosissimo tra i patiti della specialità, ma incognito ai più. In Nel blu profondo (Mondadori) raccontava la sua storia romantica e tragica: una moglie/allieva morta durante un’immersione.
«All’uscita – 10 mila copie – il libro non funzionò. Ma poi nei remainder ha venduto tutto». Adesso è una specie di cult. Stessa storia per Holy War Inc., inchiesta sui segreti di Bin Laden firmata dal giornalista della CNN Peter Bergen: «Fuori catalogo è andato a ruba». Senza contare i libri che partono maluccio ma poi riprendono colorito quando Hollywood ne ricava un film: «Vedi Coraline di Neil Gaiman».
Ad Opportunity ti spiegano che, in seconda battuta, vanno forte soprattutto i dizionari, i romanzoni storici di Valerio Massimo Manfredi, i libri illustrati e «sempre e comunque, quelli sui dinosauri». Un evergreen che non conosce flessioni. «Ma, in generale, è il metà prezzo a tenere bene in tempi di crisi».
Opportunity non è solo un deposito: è anche una libreria per librai. Se però in libreria vedi le novità tutte ambiziose e scattanti ai blocchi di partenza, qui le vedi a fine corsa, un po’ boccheggianti, bruscamente invecchiate – covando l’eventuale rivincita. Ovviamente c’è di tutto. Libri che le fascette editoriali presentavano come Attesissimi oppure Campioni d’incassi in America (non so quante «settimane in classifica» sulla solita New York Review of Books); libri scritti da giovani e vecchie promesse, da geni o da gaglioffi; e tantissimi fast-book – titoli a consumo rapido, a obsolescenza programmata – quelli di comici, calciatori, soubrette. O politici. L’occhio mi cade su pile de L’Italia dopo il 1999 – un Luciano Violante d’annata – e altrettante de L’uso politico della giustizia – fatica più recente di Fabrizio Cicchitto. «Anche se» precisa Mattioli, «gli uomini politici tendono a ricomprarsi buona parte delle rese per regalarne copie in comizi e serate».
Sessantamila novità ogni anno, oltre settemila case editrici... Aggirandoti in magazzini come questo, le cifre del mercato librario in Italia si fanno massa fisica, un Karakorum di pagine che mette soggezione e pure un po’ spavento. «Sa, prima c’erano meno editori, e anche meno gente che scriveva...» mi dicono accompagnandomi verso l’ala più mesta di tutto il comprensorio: quella dei libri destinati al macero. «Su un 30 per cento di invenduto, mettiamo, un 15 finisce al remainder, il resto distrutto». Di qualsiasi libro si tratti, fa tristezza. A meno di non credere nella metempsicosi. Mi ricordano infatti che, materialmente, il libro non muore: si reincarna. «Quasi tutto il macerato viene riciclato. In carta».
Marco Cicala