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 2012  dicembre 21 Venerdì calendario

QUELL’INCONTRO AD ARCORE LA VIGILIA DI NATALE — A

modo loro, sono entrambi «regali» di Natale a Silvio Berlusconi. Uno è quello che alla vigilia di 7 anni fa gli fu recato a domicilio ad Arcore dentro un pc portatile alle 7 di sera del 24 dicembre 2005 da un infedele collaboratore dei pm milanesi (Roberto Raffaelli), da un ex socio e amico di Paolo Berlusconi (Fabrizio Favata) e dallo stesso fratello: l’intercettazione segreta — perché in quel momento non depositata agli atti, neppure trascritta, nemmeno sintetizzata nei brogliacci, ma esistente solo in audio nei file riversati su 6 computer incautamente chiesti per comodità dai pm in settembre — di una conversazione priva di rilevanza penale intercorsa il 17 luglio 2005 tra il n. 1 di Unipol Giovanni Consorte e l’allora segretario dei Ds Piero Fassino, pubblicata dopo 7 giorni (il 31 dicembre e il 2 gennaio) da Il Giornale, cioè dal quotidiano del fratello dell’allora presidente del Consiglio e avversario politico di Fassino nelle elezioni imminenti. L’altro, sicuramente meno gradito, è invece quello recapitatogli ieri in Tribunale a 5 giorni dal Natale 2012: il rischio di essere condannato (su richiesta del pm Maurizio Romanelli) a 1 anno per concorso nella rivelazione di segreto d’ufficio, e di dover risarcire Fassino (patrocinato da Carlo Federico Grosso) con 1 milione. Il pm motiva la propria inversione di marcia, rispetto alla richiesta di proscioglimento di Silvio Berlusconi formulata in udienza preliminare nel 2011, con il fatto che il processo avrebbe rafforzato le indicazioni fornitegli dalla gip Stefania Donadeo quando nel settembre 2011 respinse appunto l’archiviazione. E ripercorre la trama di «una progressiva rivelazione di segreto da Raffaelli a Eugenio Petessi» (imprenditore-cerniera tra Raffaelli e Favata), poi «insieme a Favata», quindi «insieme a Paolo Berlusconi», e infine «tutti assieme a Silvio Berlusconi. Tutti dall’inizio d’accordo nella prospettiva di arrivare al premier e aiutarlo con un favore politico per esserne aiutati nell’affare in Romania», cioè averne l’appoggio per entrare nel mercato delle intercettazioni di Bucarest: progetto per il quale Paolo Berlusconi aveva già propiziato a Raffaelli un incontro a Palazzo Grazioli con Valentino Valentini («sherpa» di politica estera del premier), e in cambio ricevuto in nero per un anno «40.000 euro al mese» da Raffaelli, che gli costano una richiesta di 3 anni e 3 mesi per ricettazione (non più anche per millantato credito). «Il 24 dicembre — riassume il pm — Silvio Berlusconi riceve ad Arcore» il terzetto «sapendo chi riceve e perché li riceve. E succede quello che è previsto debba succedere. Non si va ad Arcore a parlare della Romania: si va invece già col pc portatile, nella prospettiva, da tutti condivisa, di farla ascoltare al premier». Romanelli non crede né a Raffaelli (che ha già patteggiato 20 mesi, 2 più di Petessi) quando asserisce che il pc si impallò e il premier si appisolò senza sentirla; né a Favata (già condannato a 2 anni e 4 mesi) quando sceneggia l’esultanza del premier al motto di «la mia famiglia vi sarà grata per sempre». Gli pare invece più significativo che Raffaelli, che da settembre al 24 dicembre si era tenuto stretta l’intercettazione, solo dopo l’incontro del 24 con il premier accetti il 27 di dare la «chiavetta» dell’audio a Favata affinché la porti a Paolo Berlusconi nella sede de Il Giornale diretto da Maurizio Belpietro, dove il 31 sarà pubblicata in un articolo di Gianluigi Nuzzi, «giustamente assolto» (valuta ieri il pm) nel vecchio processo per la fuga di notizie perché «non in contatto diretto con gli artefici della rivelazione del segreto». Nella ricostruzione della Procura resta una lacuna: chi (pm? GdF? 007?) indicò a Raffaelli l’ago di questa telefonata nel pagliaio delle 13.000 dell’inchiesta sulle scalate bancarie. A meno di non credere a Raffaelli che favoleggia di essercisi imbattuto per caso. A dispetto delle reazioni del Pdl improntate allo schema della «giustizia a orologeria elettorale», Berlusconi intanto non ha granché di cui preoccuparsi, né in concreto né a breve: sia perché nel peggiore dei casi il reato si prescriverà già a giugno 2013, prima di Appello e Cassazione, sia perché la prossima udienza il 10 gennaio cadrà già in campagna elettorale, che dunque potrebbe legittimare il candidato-imputato a ottenere dai giudici un «impedimento» delle udienze sino a dopo il voto.
Luigi Ferrarella