Ilaria Maria Sala, la Stampa 21/12/2012, 21 dicembre 2012
PER LA CINA È STATO L’ANNO DEI SOGNI
Si tratta di , pronunciato “meng”, ovvero “sogno”. Dal 2006, infatti, ogni dicembre viene scelto il carattere che meglio rappresenta l’anno appena trascorso, selezionandolo fra le parole che sono apparse più frequentemente sui media nazionali – a cui si aggiunge una parola composita, e un carattere e parola composita per descrivere il mondo nello stesso periodo. Una commissione formata dal Centro nazionale per il monitoraggio e la ricerca sulla lingua nazionale, il gruppo Commercial Press e la China Network Television, stabiliscono quale carattere fra i primi classificati meglio si addica a descrivere gli ultimi dodici mesi e più in generale il sentimento nazionale attuale. Ed è stato dunque selezionato il poetico “sogno”: un termine che magari a noi, in un’Europa scossa dalla lunga crisi economica e dai timori sull’euro, può sembrare un po’ lontano, e che invece in Cina viene indicato come il più rappresentativo.
La Commissione ha inoltre specificato che il “sogno” in questione sarebbe già stato realizzato, indicandone come prova l’assegnazione del Nobel della Letteratura a Mo Yan, la prima portaerei Made in China, ma anche i successi degli scorsi anni come il fatto di aver ospitato le Olimpiadi e l’essersi classificati fra i primi nel medagliere, o l’aver dato il via alle esplorazioni spaziali.
Visto che il “sogno” non si presenta solo, la parola composita dell’anno, come poteva essere prevedibile, è “Isole Diaoyu” – il nome cinese delle isole che Pechino e Tokyo si litigano, Senkaku in giapponese – mentre la parola internazionale dell’anno è “heng”, traducibile con “misure e controlli”, un po’ più astratta. Secondo la Commissione rappresenterebbe la “preoccupazione mondiale per l’equilibrio dei poteri”. Infine, quella composita internazionale è “xuanju”, “elezioni”, il riflesso dell’ondata di scrutini che ha attraversato il globo nel 2012 (ovviamente non in Cina).
Torniamo però a “sogno”, il carattere nazionale: il prossimo Presidente cinese, Xi Jinping, ha da poco pronunciato un discorso in cui ha parlato proprio del “sogno cinese”, definito come il “compiersi della grande rinascita della nazione cinese”. È il primo spiraglio che si apre sui pensieri del nuovo leader, ed è stato interpretato con una certa inquietudine dalla maggior parte degli osservatori, che temono negli anni a venire un accrescersi ulteriore del nazionalismo cinese.
Fatto sta che moltissimi utilizzatori dei siti di microblogging chiamati weibo hanno cominciato a discutere del loro “sogno cinese”. I più ri-twittati sognano la fine del nepotismo e della corruzione – ma molti si accontenterebbero di “latte in polvere per bambini sicuro” e meno inquinamento. Altri, scavalcando il muro di censura ed esprimendosi sui social media internazionali come Twitter, hanno riproposto un famosissimo motivo di Hong Kong, che viene cantato ogni anno alla veglia per l’anniversario di Tian’anmen, chiamato proprio “Il sogno cinese” e che ne è divenuto un po’ l’inno. Dice che il sogno di tutti i cinesi sarebbe la democrazia. Ma di sicuro la Commissione linguistica non pensava alla canzone – e il sogno di cui ci parla è piuttosto quello di affermazione nazionale espresso anche da Xi Jinping.
Quello che è veramente curioso, però, è che il sogno in questione, nella definizione data dalla Commissione che seleziona il carattere dell’anno, sarebbe già stato coronato: resta da vedere che cosa viene dopo, per i cinesi, ma anche per noi – che abbiamo sogni ancora tutti da realizzare e da sognare.