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 2012  dicembre 21 Venerdì calendario

«UNA VERA RIFORMA DEL LAVORO? LICENZIARE CHI LO MERITA DAVVERO»

[«Almeno nella pubblica amministrazione. È l’unico modo vero per cominciare a sburocratizzare il Paese», dice il “ribelle” del Pdl. Che nel nuovo governo non vorrebbe Fornero: «Inadatta», e nemmeno Passera: «Deludente»] –
Guido Crosetto, 49 anni, è il candidato rampante delle primarie inesistenti del partito dimezzato. Frequentatore assiduo di salotti tivù, due settimane fa si è alzato dalla poltroncina della trasmissione Omnibus e se ne è andato, rendendo plastica l’impossibilità di sostenere una linea, in un partito che una linea non ce l’ha. Applausi dei telespettatori e dei critici. Lui, soddisfatto: «Persino Aldo Grasso mi ha elogiato».
Crosetto è alto due metri, è un po’ claudicante a causa di un guaio all’anca e fuma una sigaretta dopo l’altra. Lo incontro nella sala riunioni degli onorevoli azzurri. Ha fama di ribelle. È stato registrato da Franco Bechis mentre al telefono dava del “testa di ca...” a Berlusconi e in Transatlantico ancora ricordano uno scontro durissimo con Elio Vito, allora capogruppo di Forza Italia. Finì a insulti.
Ora Crosetto con Giorgia Meloni ha dato vita a una giornata di “idee” non esattamente in linea con la segreteria del Pdl. I due si sono auto-soprannominati “MuC”, sigla che non vuol dire “Meloni und Crosetto”, ma bensì “Moderati un ca...volo”. Marianna Rizzini, sul Foglio, li ha incorniciati: “Il gigante e la bambina”. Sono molto poco montiani e non hanno accolto bene gli ultimi svolazzamenti di Berlusconi. Anche perché ogni volta che il Cavaliere batte le ali, nelle file dei pidiellini, che siano fedeli o infedeli, malpancisti o arcoriani, aumenta il senso di smarrimento.
Lei è stato uno dei più scettici nel Pdl riguardo al ritorno in campo di Berlusconi.
«Gli ho detto che rischiava di farsi male con una scelta sbagliata».
Perché?
«Per gli attacchi a cui si sarebbe sottoposto e perché il centrodestra in esplosione per ricompattarsi deve andare oltre i singoli protagonismi. Quindi anche oltre il suo».
Lei e Meloni siete i rottamatori del Pdl. Della vecchia guardia, chi vorreste dentro e chi fuori?
«Non amo questo gioco».
Lei ha detto che non ricandiderebbe Claudio Scajola.
«È un fatto di opportunità. Lui mi ha dato dello sciacallo».
Marcello Dell’Utri? Non si è capito se sarà in lista o no.
«Le liste elettorali dovrebbero essere inattaccabili. E il partito nel comporle dovrebbe essere più severo di quanto non sia la legge. Dobbiamo riottenere credibilità con i cittadini».
Berlusconi con le sue capriole (mi candido, non mi candido, vi guido, mi ritiro, rieccomi, seguite Monti), con le sue feste e con i suoi guai giudiziari è credibile?
«Berlusconi va giudicato per gli atti pubblici, non per quelli privati. Lo puoi amare o lo puoi odiare. Ma è un gigante. È l’unico italiano che se si presenta senza preavviso e mette il simbolo di un accendino sulla scheda elettorale prende il 15%».
Berlusconi ha proposto la premiership a Monti, ma ha detto che la campagna per salvare l’Italia dallo spread è stata un imbroglio.
«Monti ci ha regalato troppi mesi di manovre semantiche».
Manovre... semantiche?
«Salva-Italia, Cresci-Italia, Liberalizza-Italia... Un modo per annunciare una cosa e farne un’altra: i dati economici sono peggiorati».
Il Pdl è zeppo di montiani. Lei chi si prenderebbe del governo Monti?
«Non Fornero, che si è rivelata inadatta».
Clini o Passera?
«Clini. Passera ha deluso le aspettative».
Moavero o Barca?
«Moavero. Barca è troppo ideologico».
La pagella del governo Monti: promuove o boccia la riforma delle pensioni?
«Posso fare una premessa?».
Certo.
«Le manovre più dure degli ultimi anni sono state quelle dell’estate 2011 di Berlusconi e di Tremonti».
Lei le definì “da psichiatria”.
«Salassare il corpo debole dell’Italia in crisi mi sembrava da suicidio».
Monti...
«La riforma delle pensioni era doverosa. Prima che venisse approvata ho cercato di segnalare il pasticcio degli esodati al ministro Fornero. Me ne aveva parlato il democratico Cesare Damiano».
Che cosa le ha risposto Fornero?
«Non mi ha nemmeno ricevuto».
La riforma del mercato del lavoro, promossa o bocciata?
«Era meglio non farla. Sono stati innescati meccanismi di rigidità che faranno perdere molti posti. Bisogna essere più coraggiosi».
E cioè?
«Io vorrei che fosse possibile licenziare chi lo merita nella pubblica amministrazione. È l’unico modo vero per cominciare a sburocratizzare il Paese».
Torniamo a Monti: ha aumentato l’Iva.
«Aumentare le tasse durante una recessione è un errore. Non capisco perché non si sia provato nemmeno a vendere una parte del patrimonio dello Stato. Le caserme...».
Questa è una proposta renziana.
«In questo caso è Renzi a essere crosettiano. Io parlo di queste cose da molti anni. Sono da sempre un liberale popolare».
Mi racconta la sua infanzia?
«Sono cresciuto in mezzo alla polvere di ferro e alla vernice».
Liberale e operaista.
«No, sono figlio di imprenditori. La mia famiglia produce macchine per l’agricoltura da più di un secolo. Ho sempre respirato l’aria della fabbrica».
Era il ricco in mezzo ai poveri?
«Macché. Eravamo tutti uguali».
A parte l’altezza.
«Già. Sono sempre stato altissimo. Prima ero più magro».
Che studi ha fatto?
«Liceo classico a Savigliano, nel Cuneese».
Era adolescente alla fine degli anni Settanta.
«Sono stato rappresentante di classe e d’Istituto. Mai gruppettaro».
Negli anni Ottanta era democristiano.
«A Torino, durante l’università, frequentavo un pensionato gestito dai Fratelli Cristiani. Organizzavamo incontri con ministri e leader politici. Nel tempo libero facevo volontariato al Cottolengo. Fratel Igino, poi, mi spinse ad avvicinarmi alla Dc. Nell’organizzazione giovanile con me c’erano Enrico Letta e Lapo Pistelli».
È vero che l’allora presidente del Consiglio, Giovanni Goria, la volle con sé a Palazzo Chigi?
«Sì. Avevo 24 anni e mi ero appena laureato in Economia. Diventammo amici. Con lui c’era anche Francesco Pizzetti, che ha lasciato da poco l’Authority per la privacy. Già allora discutevamo di leggi sulla trasparenza. A Roma, però, ci restai, gratis, pochi giorni. Avevo una famiglia da curare a Marene».
A Marene lei è stato sindaco dal 1990 al 2004.
«Sempre gratis».
In che senso?
«Non ho mai preso un soldo da quell’amministrazione».
La politica andrebbe fatta gratis?
«Chi se lo può permettere dovrebbe almeno ridursi i privilegi».
Mi elenchi le sue rinunce.
«Quando ero sottosegretario alla Difesa, ho rinunciato alla possibilità di pagare degli esterni per la mia segreteria e ho utilizzato le forze presenti al ministero. Di più: non ho voluto usare la berlina di lusso in dotazione».
Da sottosegretario lei girava con la Smart.
«Il mio autista era il meno contento della scelta».
Mentre lei risparmiava, Berlusconi faceva viaggiare il cantante Apicella sull’aereo di Stato, Fiorito accumulava milioni e altri suoi colleghi si facevano pagare vacanze e appartamenti.
«Io rispondo di quel che ho fatto io. Alla Difesa ho tagliato molti costi».
Lei risponde delle sue azioni, ma è un parlamentare del centrodestra dal 2001. Ha votato tutte le leggi ad personam berlusconiane.
«Non tutte. Ho cominciato a votare in dissenso tre mesi dopo essere entrato alla Camera».
Ha la fierezza dei monelli indisciplinati.
«Non votai una Finanziaria di cui ero stato relatore. Mi fanno ridere quelli che ora mi definiscono ribelle. È da dieci anni che sono in trincea. Nel 2008 sono quasi arrivato alla rottura definitiva sulle liste elettorali: volevo persone credibili che rappresentassero il territorio».
Quando ha conosciuto Berlusconi?
«Durante una cena elettorale a Torino nel 2000. Io ero appena entrato in Forza Italia. Berlusconi è una delle persone più cortesi del mondo».
Ha mai partecipato a una delle sue cene eleganti, i cosiddetti bunga bunga?
«No. Ma ho visto il vulcano nella villa sarda e ho assaggiato la pizza degli chef berlusconiani».
A cena col nemico?
«Con Nichi Vendola. Una volta l’ho pure difeso da Travaglio che lo rimproverava sull’Ilva».
Ha un clan di amici?
«Tra i più antichi e piemontesi cito Alberto, avvocato. Qui a Roma sono stato adottato dai vicini trentenni del mio condominio».
È vero che lei ha un ottimo rapporto con Carlin Petrini, il gastro-guru di Slowfood?
«Mi ha chiesto un aiuto quando è nata l’Università gastronomica di Pollenzo. Petrini è un genio visionario. Anche Farinetti, di Eataly, è un mio amico».
Farinetti è renziano.
«Siamo conterranei e persone per bene. Quando renderò pubblico il mio stato patrimoniale prima e dopo l’avventura in politica non so se farò la figura dell’eroe o del cretino».
Perché?
«Da quando faccio politica a livello nazionale ho meno beni immobiliari e molti meno soldi».
Qual è la scelta che le ha cambiato la vita?
«Lasciare il mio paese, Marene, la mia famiglia, mia madre, mio figlio... per venire a Roma, a Montecitorio».
L’errore più grande che ha fatto?
«A volte penso che sia stato... venire a Roma».
Che cosa guarda in tv?
«History Channel e ogni tanto le trasmissioni di cucina».
Il film preferito?
«Un mercoledì da leoni di John Milius».
La canzone?
«Posso dire la Nona di Beethoven?».
Certo. Il libro?
«Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien».
Lo stesso di Giorgia Meloni.
«Un’amica mi chiamava Gandalf, come il mago».
Sa quanto costa un pacco di pasta?
«No. Non l’ho mai comprato. Non faccio la spesa».
Conosce i confini della Striscia di Gaza?
«Israele».
Ed Egitto. Qual è l’articolo 41 della Costituzione?
«A memoria non lo so».
È quello in cui si dice che l’iniziativa privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale.
«Lo condivido».
Quale articolo della Costituzione cambierebbe?
«Ne cambierei tanti: quello che dà alle Regioni poteri senza senso, quello sul numero dei parlamentari... La cambierei non per andare contro i padri costituenti, ma per completare il loro pensiero».