Massimo Mucchetti, Sette 21/12/2012, 21 dicembre 2012
L’EFFETTO IVA SULLA COOPERATIVA
[Aumentarla dal 4 al 10% rischia di provocare un risultato nullo sul piano del gettito e negativo su quello dei servizi alle persone più deboli] –
Che cosa sarà mai l’incremento dell’Iva sulle prestazioni delle cooperative sociali dall’attuale 4% al 10? Di per sé sarebbe un provvedimento limitato. Ben altro rilievo hanno avuto le riforme delle pensioni e del mercato del lavoro. Eppure, anche questo provvedimento segnala un’ansia sulla finanza pubblica e un pregiudizio rispetto al mondo cooperativo che dal governo Berlusconi sono proseguite in forme nuove nel governo Monti.
Anzitutto, il fatto. L’Unione europea aveva chiesto all’Italia di chiarire le ragioni del privilegio fiscale accordato a queste cooperative, che lavorano soprattutto per comuni e aziende sanitarie locali nell’assistenza ad anziani e ammalati. Le informazioni saranno utilizzate nel più generale sforzo di armonizzare i regimi dell’imposizione fiscale indiretta tra i diversi Paesi europei. Il governo ne ha approfittato per alzare l’Iva su queste prestazioni, salvo rinviare al 2014 l’esecuzione del provvedimento dopo le proteste delle cooperative e aprire adesso una consultazione tra le parti. Rinviare, insomma, ma non cancellare. E ora veniamo alle osservazioni.
Due tipologie d’impresa. I giri di vite fiscali sulle coop erano stati avviati dall’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. In qualche caso a ragione. Quest’ultima norma, dunque, s’inserisce in una filosofia che tende a equiparare le società cooperative alle società di capitali, senza badare alle differenze tra le due tipologie di impresa. Nel caso specifico, l’effetto di questa manovra rischia di essere nullo sul piano del gettito e negativo sul piano dei servizi alle persone più deboli. Con l’Iva al 10%, il governo conta di recuperare mezzo miliardo di entrate. Ma queste prestazioni sociali sono pagate per il 70% da enti locali ormai senza soldi, ed è dunque probabile che vengano semplicemente ridotti i servizi con il rischio di perdere dai 20 ai 40 mila posti di lavoro e il relativo gettito fiscale. Vedremo, finita la consultazione, il senso pratico del risultato finale. Nel frattempo, bisogna ricordare che, in un’Italia afflitta da una disoccupazione crescente, le imprese cooperative continuano ad assumere, sia pure fra mille difficoltà. Nei primi 9 mesi del 2012, le 80 mila cooperative aderenti all’Alleanza (Legacoop più Confcooperative) hanno aumentato del 2,8% gli addetti. Si tratta di 36 mila posti in più. Dall’inizio della crisi, e cioè dal 2007, alla fine del 2011, l’occupazione nelle coop è aumentata dell’8%, mentre nel resto delle imprese è calata del 2,3%. Forse, davanti al lavoro che manca, vale la pena di essere meno libreschi e più realisti.