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 2012  dicembre 21 Venerdì calendario

«QUEL GIORNO CHE HO FATTO IL PRESEPIO PER IL PAPA»

Il nome del negozio, ’L’Araldo’, e­voca atmosfere medievali. Come si addice, del resto, a un posto in­castonato tra una chiesa costruita nel 1122, di un romanico purissimo, e u­na rocca del quattordicesimo secolo che con la sua torre domina la vallata sottostante. Siamo nel borgo storico di Castellarquato, gioiello d’arte e cul­tura sulle colline del Piacentino, meta di visitatori interessati alla storia e al­la buona cucina. A pochi passi, la splendida piazza su cui si affacciano l’abside della chiesa, la facciata del Pa­lazzo del Podestà e la Rocca Viscon­tea, un concentrato di Medioevo che lascia a bocca aperta i turisti. Il nego­zio è piccolo ma alle pareti e negli e­spositori è un fiorire di oggetti d’ispi­razione religiosa: icone, quadri, statue e soprattutto presepi. Un piccolo scri­gno di arte e di fede. «Di questi tempi ne espongo 300, ma la mia collezione privata ne conta 530. E quelli, ovvia­mente, non sono in vendita». Angelo Donati, emiliano doc, originario di Lu­gagnano, un paesino poco distante da qui, presenta con malcelato orgoglio ai visitatori del borgo i suoi gioielli: si va dal tripudio multicolore dei prese­pi latinoamericani al fascino del legno trentino, passando per lo szopka, che arriva da Cracovia ed era stato inven­tato in epoca comunista: ’Lo chiamo il presepio col trucco, consi­ste in un ca­stello con porte e fine­stre chiuse, per non inso­spettire la po­lizia politica del tempo. Ma se apri una porta ci tro­vi Gesù Bambino…’. Artigiano con un background che si è solidificato in u­na scuola d’arte, amante del bello, uo­mo di fede sanguigna, dei presepi, An­gelo Donati ha fatto la sua ragione di vita: li costruisce, li importa da tutto il mondo (’specialmente dall’Africa e dall’America Latina,per aiutare pro­getti di cooperazione allo sviluppo e tanti amici missionari’), allestisce mo­stre in giro per l’Italia. E ogni anno, di questi tempi, viene chiamato in deci­ne di scuole per parlare della sua pas­sione. «Insegno ai bambini ad usare il polistirolo e il cartongesso, a trasfor­mare la carta da giornale in cartape­sta, a costruire statuette con gomme al silicone o polveri di marmo atossi­che, a riciclare materiali poveri con cui costruire fondali, casette, grotte e al­tro ancora. Ma prima di spiegare co­me si fa un presepio, racconto cosa è: la memoria del Fatto che ha cambia­to la storia e che continua a raggiun­gerci oggi. Non lo dico per per fare po­lemica, ma un po’ sì: c’è tanta gente che va in giro a illustrare le ’tecniche presepistiche’, come se si potesse ri­durre tutto a lezioni di modellismo. Al­lestire un presepio è un’occasione fe­nomenale per tornare all’essenzialità del cristianesimo: Dio che diventa uo­mo, cominciando da un bambino in u­na mangiatoia. In fondo, è un modo per vivere l’Anno della fede procla­mato dal Papa». A proposito di papi, Donati ne ha co­nosciuto da vicino uno. Avendo sapu­to del suo estro, nel 1998 monsignor Gianni Danzi gli aveva proposto di al­lestire un presepio nella sede del Go­vernatorato vaticano, di cui all’epoca era responsabile. E visti i risultati, un giorno gli propone di andare ’a casa di un amico’. «Fu così che, con mio sommo stupore e con il cuore che bat­teva a mille, mi ritrovai ad allestire un presepio popolare in una sala adia­cente l’appartamento pontificio,con Giovanni Paolo II che mi osservava in­curiosito. Volle sapere di me e della mia famiglia, gli raccontai delle preoccu­pazioni per mia madre Ivana, grave­mente malata. L’anno dopo fui nuo­vamente invitato per un’installazione. Lui mi guardò negli occhi con quel suo sguardo penetrante e indimenticabi­­le, e s’immagini quale fu la mia mera­viglia quando mi sentii chiedere, a un anno di distanza: come sta mamma I­vana. Quello è il presepio che non di­mentico più». Nei tre anni successivi, fino al 2001, viene riconfermato ’presepista del Pa­pa’, nel 2002 e 2003 allestisce uno dei presepi presenti nel periodo natalizio in piazza San Pietro insieme all’archi­tetto Molfetta dei Musei vaticani. Nel 2006 vola a New York su invito dei Ca­valieri di Colombo, dove allestisce la mostra Christmas in miniature utiliz­zando alcuni presepi che Giovanni Paolo II aveva ricevuto durante il pon­tificato e messi a disposizione da mon­signor Diwisz, divenuto vescovo di Cracovia. «Da Piacenza agli States, chi l’avrebbe mai detto che un artigiano della fede come me avrebbe osato tan­to?».