Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  dicembre 20 Giovedì calendario

PARMALAT, FARO CONSOB SULL’AUTO-SCONTO LACTALIS NELL’OPERAZIONE USA


La telenovela dell’auto- vendita di Lactalis Usa dalla famiglia Besnier alla Parmalat - la soluzione con cui l’azionista francese di Collecchio si è messo in tasca metà del tesoretto da 1,5 miliardi raccolto da Enrico Bondi – si arricchisce di un nuovo surreale capitolo: l’acrobatico auto-sconto che potrebbe consentire a Parigi, con buona pace dei soci di minoranza, di incassare 125 milioni in più dalla cessione delle sue attività nel formaggio Usa all’ex impero dei Tanzi.
La vicenda – evidentemente già finita nel mirino della Consob – emerge da una lettera inviata nei giorni scorsi da Parmalat all’authority per chiarire i dubbi della Commissione sull’operazione. L’antefatto è chiaro: la società emiliana s’è impegnata ad acquistare dal suo azionista di riferimento la Lactalis Usa. A che prezzo? Al momento 905 milioni di dollari, pari all’Ebitda (in sostanza l’utile operativo) previsto dalle stime del business nel 2012. Anche se la cifra finale – che potrà andare da un minimo di 760 a 960 milioni di dollari – uscirà solo dal calcolo a bilancio chiuso sui dati reali.
Tutto ok, non fosse che a metà 2012 i conti di Lactalis Usa viaggiano del 12,1% sotto il budget. A Collecchio, dove fiutano aria di sconto, iniziano a fregarsi le mani. Salvo che all’improvviso i conti della preda
iniziano a migliorare (-7,7% a settembre) e il management, ovviamente uomini dei francesi, conferma per dicembre profitti in linea con le stime. Un miracolo imprenditoriale? La Consob ha sentito odore di bruciato e il 6 dicembre ha mandato un’articolata serie di richieste a Lactalis concentrandosi in particolare sulle spese di marketing. E qui è uscito il trucco. Come fa la società Usa a far quadrare i conti? Semplice: ha tagliato di 12,9
milioni di dollari le spese di promozione rispetto al budget. Gonfiando così della stessa cifra l’Ebitda e “salvando” 125 milioni di dollari (pari a 2,9 volte il multiplo di 9,5) d’incasso. Tutto regolare, spiegano gli uomini dei Besnier nella risposta. Le spese di marketing sono state ridotte perché gli obiettivi di ricavi sono già stati raggiunti («servirà un forte incremento » aveva detto il direttore generale Parmalat, Antonio Vanoli) e «sono in ogni caso più alte del 2011». E Parmalat – dicono – ha una specifica garanzia contrattuale» per verificare che le spese di promozione siano fatte con criteri manageriali appropriati. Si vedrà
se i francesi di Collecchio avranno voglia e mezzi per attivarsi e fare le pulci ai francesi d’oltreatlantico. La Consob (e i consiglieri indipendenti) vigilano. E l’authority di Giuseppe Vegas, tanto per far capire che non scherza ha avviato pure una procedura d’infrazione contro il collegio sindacale di Collecchio per non aver vigilato correttamente sulla trasparenza delle procedure per l’acquisizione a stelle e strisce.