Angelo Aquaro, la Repubblica 20/12/2012, 20 dicembre 2012
IL COMMERCIO ELETTRONICO VA OFF LINE ORA ARRIVANO I NEGOZI TARGATI EBAY
NEW YORK — 2012, fuga dall’ecommerce? Da eBay in giù i profeti del commercio digitale battono in ritirata: il negozio virtuale non basta più, meglio tornare al vecchio caro negozio reale. Ecco, cominciamo da qui, caro quanto? Il boom dei negozi su Internet per i consumatori è stata una pacchia, l’abbattimento dei costi di un vero
store
ha portato all’abbattimento dei prezzi, sempre più giù. Per non parlare di tutti gli altri vantaggi di fare la spesa al computer e, ormai, al cellulare: niente file, niente limiti d’orari, serviti come pascià direttamente a casa. Basta una cifra: quest’anno il business è cresciuto del 14 per cento solo qui negli Usa, un affare da 262,7 miliardi di euro. E le previsioni sono da anni al rialzo.
Però l’esperienza virtuale ha i suoi limiti: il cliente vuole toccare, provare, soprattutto se si tratta di acquistare un capo d’abbigliamento. Dal 20 al 40 per cento degli acquisti fatti online tornano indietro: questione di taglia e
non solo, difficile immaginare come ci starà addosso il modello. È questo che ha spinto, per esempio, Bonobos, brand d’abbigliamento maschile nato in California appena cinque anni fa e per quanto solo online già fenomeno in tutt’America, ad aprire il primo negozio a Manhattan. «La gente clicca su sei taglie e poi ci rimanda indietro i prodotti» dice il fondatore Andy Dunn al
New York Times:
«Non proprio una bella esperienza d’acquisto». Perfino eBay, il gigante del commercio online che ha virtualizzato i suoi processi d’acquisto fino a inglobare, già 10 anni fa, la banca web PayPal, ha incominciato ad aprire i suoi negozi: l’esperimento parte da Londra con i cosiddetti pop up, i negozi che sorgono e poi chiudono in un lasso di tempo per lanciare nuovi prodotti.
Naturalmente i negozi virtuali che si fanno reali portano nello
store di
mattoni la lezione maturata sul web: meno impiegati, meno inventario da esporre,
location
fuori mano e quindi meno costose. Gli esperti di marketing parlano di effetto
showroom:
insomma non è tanto il ritorno del vecchio negozio dove vai a comprare, ma l’ascesa di quello dove vai piuttosto a vedere, toccare, provare. E stop. Il pop up di eBay a Londra ha solo
grandi schermi dove sfogliare il catalogo immenso. Nel negozio di Bonobos a New York ci sono i camerini ma la cassa è online: non ti porti a casa il vestito ma ti arriva a casa come quando lo compri sul web.
Negozi ibrido. Perché è vero che il 90 per cento del commer-
cio passa ancora negli
store
di mattoni. È vero che il negozio reale permette di ristabilire quel rapporto faccia a faccia che il cliente reclama e che ha spinto anche il colosso d’abbigliamento Gap ad aprire sempre a New York, Soho, una sede di Piperlime, il brand che doveva vendersi soltanto online. Ma è vero pure che il tempo è dalla parte dell’e- commerce. Nel suo “The Mobile Wave” — la nuova bibbia del marketing nell’era del boom dei telefonini — Michael Saylor parla di “dirottamento degli acquisti”: «I consumatori entrano nei negozi, esaminano i prodotti, scelgono quello che vogliono, con una app sul telefonino scannerizzano il codice a barre, trovano un negozio online con il prezzo migliore — e si fanno recapitare il prodotto direttamente a casa». Saylor non lo dice ma il popolo di Internet a questo fenomeno ha dato anche un nome:
showrooming.
Ma malgrado le magie dei grafici del web nessun negozio virtuale oggi può promettere la stessa esperienza di un negozio vero. E per
questo i commercianti online aprono dunque veri
store,
anzi proprio
showroom.
2012, fuga dall’e-commerce? Sì, il fenomeno del ritorno dal cyberspazio alla terra c’è. Tant’è che perfino Amazon, il supermercato virtuale più grande del mondo, sta pian pianino aprendo i suoi negozi, anche se — notano gli esperti di
Wired
— finora si tratta soltanto di
lockers,
cioè posti dove andare a ritirare i prodotti ordinati, per evitare che il postino suoni due volte — a casa vuota. Però sapete qual è l’ultima frontiera dell’e-commerce? Il mercato del mattone. Proprio così. Un’inchiesta del
Wall Street Journalha
scoperto il boom su Twitter e LinkedIn degli agenti immobiliari. Il social network è diventato il posto dove, senza muoversi dalla scrivania, si cerca casa. Oppure il negozio: magari quello che, manco a dirlo, rimanderà a quello virtuale.