il Giornale 18/12/2012, 18 dicembre 2012
Pd, dieci dinosauri non mollano e chiedono la deroga a Bersani - Le definizioni che girano in casa Pd e tra i deputati uscenti sono molteplici, ma il senso è analogo
Pd, dieci dinosauri non mollano e chiedono la deroga a Bersani - Le definizioni che girano in casa Pd e tra i deputati uscenti sono molteplici, ma il senso è analogo. Si va dal «massacro di Fort Apache» alla «pulizia etnica » alla «roulette russa». Con una sola certezza: le «primarie parlamentari» per scegliere i candidati alle prossime Politiche, e la loro posizione in lista (che con il Porcellum segna la differenza tra elezione o bocciatura), rischiano di decimare gli attuali gruppi di Camera e Senato, e di espellere dal Parlamento molte figure di spessore tecnico e politico ma prive di quell’appoggio dell’apparato o di quei pacchetti di clientele che serviranno a vincere la sfrenata gara delle preferenze a Capodanno. Rischiano in tanti: i costituzionalisti Salvatore Vassallo e Stefano Ceccanti , che medita di non correre e tornarsene all’Università; ambientalisti come Ferrante e Della Seta , animatore di una dura battaglia contro l’Ilva (tanto che il proprietario della fabbrica, Emilio Riva, mandò una mail a Bersani per lamentarsene); rischia Paola Concia , unica parlamentare lesbica e animatrice di tutte le battaglie per i diritti (era eletta in Puglia, e un dirigente Pd locale ex Ppi le ha detto: «Che ti candidi a fare alle primarie? I voti non li avrai...»);rischiano l’operaio della Thyssen Boccuzzi ; il primo deputato di colore italiano, Jean Leonard Touadi e l’ex giornalista Rai Andrea Sarubbi : «Non chiedo certo di essere nominato per diritto divino. Vorrei solo che ce la potessimo giocare alla pari: per partecipare alle primarie mi manca la principale caratteristica di un buon competitor , ossia il voto concentrato in un solo collegio». Sarubbi non lo dice, ma il senso è che qualunque piccolo ras delle preferenze locali ha più chance di entrare in Parlamento di quante ne abbia uno come lui. E infatti nel Lazio, a scaldare i muscoli, ci sono personaggi come gli ex Dc Bruno Astorre e il mastelliano Marco Di Stefano , che dalla regione Lazio sono pronti al grande balzo verso Montecitorio, forti di pacchetti di voti assicurati, o come il capogruppo al Comune di Roma Umberto Marroni . Così come si preparano in giro per l’Italia molti segretari provinciali e regionali del Pd, forti del loro rapporto diretto con gli iscritti e i quadri del partito. Rischia invece Roberto Giachetti , infaticabile segretario e vero motore del gruppo parlamentare alla Camera, nonché protagonista un lunghissimo sciopero della fame contro il Porcellum. Rischiano l’ex portavoce di Prodi, Silvio Sircana , Olga D’Antona , Andrea Bachelet . In compenso, in dieci hanno chiesto la deroga per poter rientrare: Rosy Bindi , Franco Marini ,Anna Finocchiaro , Gianclaudio Bressa ,Giuseppe Fioroni ,Giuseppe Lumia , Cesare Marini , Mauro Agostini ,Maria Pia Garavaglia , Giorgio Merlo . Ieri si è riunita la direzione del Pd per varare il regolamento delle primarie e il pacchetto di «deroghe» da concedere ai dinosauri, i dirigenti di lungo corso che non hanno fatto il passo indietro scelto invece da Veltroni e D’Alema. Le urne si apriranno a macchia di leopardo tra il 29 e il 30 dicembre. La data è proibitiva, estremamente ravvicinata e strateg icamente piazzata tra Natale e Capodanno, periodo di viaggi, vacanze o impegni familiari. «C’è il rischio cheavotare vadano soprattutto i gruppi organizzati, controllati dai capibastone locali », paventano in molti. La platea elettorale è quella degli iscritti al Pd e dei partecipanti alle primarie per la premiership di novembre tra Renzi e Bersani, ma la cosa non rassicura i supporter del sindaco di Firenze: quello renziano era un «elettorato soprattutto di opinione, di gente che per la prima volta partecipava ad una iniziativa di partito,e solo perché c’era Matteo ». Riportarli alle urne non sarà facile. Bersani si garantirà invece la nomina di un centinaio di candidati «blindati», scelti dal centro. Laura Cesaretti *** Indagati, condannati, volti vecchi: quegli impresentabili di centro - Nel Terzo polo che, Monti o non Monti, pensa a liste comuni per evitare la tagliola degli sbarramenti soprattutto al Senato, c’è la grana degli impresentabili. Quegli esponenti che per trascorsi (o presenti) giudiziari o per una troppo lunga frequentazione degli scranni di Montecitorio o di Palazzo Madama, sono sgraditi a quella parte della galassia di centro spinge per un visibile rinnovamento. Soprattutto Luca Cordero di Montezemolo e i cattolici delle Acli e della Comunità di Sant’Egidio ne fanno una questione fondamentale. Il problema riguarda soprattutto l’Udc,in questo momento l’azionista di maggioranza dell’elettorato virtuale del terzo polo, ma anche il più compromesso con quel tipo di politica che Montezemolo vorrebbe rottamare. Tra i deputati dell’Udc (il partito di Salvatore «Vasa Vasa» Cuffaro, oggi in carcere per favoreggiamento di Cosa Nostra), ce n’è più d’uno con qualche peccatuccio. Il primo e più importante è Lorenzo Cesa , segretario del partito di via dei Due Macelli, che nel 2001 viene condannato in primo grado a 3 anni e 3 mesi per aver incassato tangenti per centinaia di milioni di lire dall’Anas,condanna poi annullata nel 2003 per un banale vizio di forma. La prescrizione alla fine salva Cesa, che negli anni successivi esce indenne pure da una vicenda di finanziamenti europei incassati in modo sospetto da un’azienda di cui è socio. Altro esponente Udc di lungo corso e con un precedente giudiziario è Enzo Carra . Già, proprio colui che molti ricordano in una foto che lovede barbuto e stralunato con gli schiavettoni ai polsi mentre viene condotto in un’aula giudiziaria nel 1993, in piena Tangentopoli. Carra era accusato di falsa testimonianza nell’ambito dell’inchiesta sulla maxitangente Enimont: fu dapprima condannato a due anni e poi a 16 mesi dalla Corte d’Appello, sentenza poi confermata anche dalla Cassazione. Siedono in parlamento anche Francesco Bosi , indagato per abuso d’ufficio, Giuseppe Naro , che negli anni Novanta colleziona una condanna per abuso d’ufficio e in altri due casi beneficia della prescrizione e oggi è implicato nel filone Enav dellavicendaFinmeccanica, eil senatore Vincenzo Galioto , condannato in primo grado a trenta mesi per falso in bilancio come amministratore delegato dell’Amia, l’azienda palermitana di smaltimento dei rifiuti. Tra gli altri esponenti udiccini che nessuno si augura di ritrovarsi nelle liste ci sono anche Remo Di Giandomenico , con un passato in Parlamento, condannato a otto mesi per aver diffamato il comandante dei Carabinieri di Termoli che indagava sulla moglie;il deputato dell’Assemblea regionale siciliana Nino Dina , già sotto indagine (poi archiviata) per concorso esterno in associazione mafiosa, e poi Calogero Mannino , che ha a lungo militato nelle fila dei casiniani, e che dopo tante vicende giudiziarie si ritrova oggi sotto indagine con l’accusa di violenza contro corpo dello Stato nella vicenda della trattativa Stato- mafia. Meno numerosi gli «impresentabili » tra le file dei finiani. Anche se per molti è proprio il leader Gianfranco Fini quello che dovrebbe farsi da parte a causa della casa di Montecarlo, vicenda che costituisce al di là degli aspetti giudiziari una macchia nera nella carriera politica del presidente della Camera. Un finiano di ferro è Francesco Proietti Cosimi detto «Checchino », del quale questo giornale ha raccontato il coinvolgimento in una strana vicenda di soldi, tanti soldi, con cui Atlantis, colosso mondiale delle slot-machine, avrebbe finanziato un festival gospel a Subiaco (!), sua città natale. Giureremmo che non è il prototipo di rappresentante dell’elettorato che Montezemolo ha in mente. Se poi si fa un discorso di rottamazione dell’usato, l’Udc è certamente uno dei partiti con la maggiore età media di servizio. Ben cinque deputati Udc sono nella top ten degli onorevoli di lungo corso: si tratta di Pier Ferdinando Casini , Mario Tassone e Teresio Delfino . Con Rocco Buttiglione , altro dinosauro, fanno 108 anni da onorevoli in quattro. Quanto a Fli, ha ben quattro onorevoli tra i 50 più anziani: oltre a Gianfranco Fini (quasi trent’anni in Parlamento) ci sono Carmine Santo Patarino , Angela Napoli e Roberto Menia . Andrea Cuomo *** Dal tribunale in Parlamento: la grande lobby delle toghe - In Parlamento sono una quindicina, in politica molti di più, con un bel drappello tra governo ed Europarlamento. Più centinaia nella struttura amministrativa dello Stato e degli enti locali, almeno contigui al potere politico. I magistrati che indossavano la toga e oggi sono deputati e senatori, sono sparsi in tutti gli schieramenti. Fuori ruolo pronti a rientrare negli uffici giudiziari a fine mandato o ex magistrati che hanno finito la carriera ma si sentono sempre in servizio. Si fronteggiano su posizioni politiche diverse, ma in casi delicati in cui viene tirata in ballo la corporazione sono pronti ad allearsi nel «partito trasversale delle toghe». Ci sono quelli che dopo Mani Pulite diventano leader di partito, come Antonio Di Pietro e tanti altri che si accontentano di fare i peones. Ci sono quelli di peso come Anna Finocchiaro , che sembra a un passo dalla presidenza del Senato, dopo 15 anni in Parlamento di cui gli ultimi alla guida del gruppo Pd. E ci sono quelli di base, che affollano le commissioni Giustizia di Camera e Senato, come Gerardo D’Ambrosio (altro protagonista di Tangentopoli) e Silvia Della Monica . Ci sono quelli che sono stati Guardasigilli come Francesco Nitto Palma e quelli che hanno fatto il ministro- ombra della giustizia del Pd come Lanfranco Tenaglia . Quelli che sono sindaci a Napoli dopo essere stati europarlamentari a Bruxelles, come Luigi De Magistris che ora è leader del movimento degli Arancioni pronto a candidare Antonio Ingroia e quelli che hanno fatto i sottosegretari a alla Giustizia, come Giacomo Caliendo o all’Interno come Alfredo Mantovano . Quelli che fanno anche gli scrittori come Gianrico Carofiglio e quelli che escono dal Csm come Donatella Ferranti , che ne è stata segretariogenerale. Quellidilotta, come Felice Casson , e quelli di governo provenienti dalla magistratura amministrativa come Antonio Catricalà , Antonio Patroni Griffi e Franco Frattini . Quelli che sono stati assessori a Napoli come Giuseppe Narducci , che ha poi lasciato dopo una lite con De Magistris e quelli che lo diventano adesso,come l’ex pm antimafia Nicolò Marino , entrato nella giunta regionale siciliana di Rosario Crocetta. La squadra degli eletti in Senato comprende Caliendo, Centaro , Giuliano e Nitto Palma nel Pdl; Carofiglio, D’Ambrosio, Della Monica, Finocchiaro e Maritati nel Pd. Tra i deputati, invece, ci sono Ferranti, Tenaglia, Lo Moro nel Pd; Papa nel Pdl e Di Pietro e Palomba nell’Idv. Se arrivano in buone posizioni la carriera può essere lunghissima e la pensione lontana. La Finocchiaro, ad esempio, per lo statuto Pd dopo 15 anni di mandato dovrebbe passare la mamo, ma sembra che il segretario Pier Luigi Bersani punti a metterla sulla poltrona più alta di Palazzo Madama. C’è chi li definisce casta, chi parla di lobby. Fatto sta che alcune leggi scomode per la categoria, puntualmente si arenano in Parlamento. Ne sa qualcosa il deputato Roberto Giachetti, con la sua estenuante battaglia per regole più rigide per i magistrati fuori ruolo. Il problema centrale rimane sempre quello delle «porte girevoli», con toghe che si candidano per un partito e dopo qualche anno pretendono di tornare a fare i magistrati «imparziali», magari nello stesso distretto dove hanno cercato voti. In tanti hanno provato a far marciare in parlamento proposte di legge perché la scelta diventi irreversibile. Inutilmente. Anna Maria Greco