John Grotzinger, Wired n° 46 Dicembre 2012, 20 dicembre 2012
CURIOSITY
Sogno di un mattino di mezza estate: il 6 agosto 2012, alle 7.31 ora italiana Curiosity tocca il suolo di Marte. Il buffo roverino a sei ruote, con Pantenna parabolica e una telecamera svettante che sembra un periscopio, ce l’ha fatta. Da allora, lento ma implacabile (90 metri all’ora), analizza campioni di terreno e di roccia, per scoprire se sul Pianeta Rosso ci sia stata acqua, e dunque vita. Racconta Pimpresa di Curiosity John Grotzinger, project scientist della missione Mars Science Laboratory e "padre" di Curiosity. Tutto comincia quando, da ragazzo, scopre il segreto del ciottolo liscio e piatto, perfetto per giocare a rimbalzello...
QUANDO ERO BAMBINO MIO PADRE MI insegnò la scienza del rimbalzello. Sulle rive rocciose di un torrente dietro casa, nella Huntingdon Valley, in Pennsylvania, mi spiegò che il lancio era importante, però il segreto di un buon salto stava nella scelta del sasso. In tempi recenti abbiamo trovato sassi per lanci grandiosi - a 180 milioni di miglia di distanza dalla Huntingdon Valley. Questi sassi si trovano su Marte.
Come scienziato responsabile del ro- ver Curiosity allestito dalla Nasa, so che aver trovato sul Pianeta Rosso una pietra cosi liscia e piatta significa che un tempo lì scorreva l’acqua - e non potrebbe esserci nulla di più importante. Significa che abbiamo mandato nel posto giusto il nostro veicolo a sei ruote, grande come un suv, alimentato a plutonio e fornito di strumentazione scientifica. Avere una conferma precoce di essere arrivati nel posto giusto è assai importante - e questa conferma ci è arrivata nelle prime fasi della missione. Abbiamo fatto atterrare Curiosity su Marte il 6 agosto, in un punto noto come cratere Gale. Da oltre due mesi manovriamo il veicolo tecnologicamente più avanzato della storia e ci restano ancora circa due anni prima di poter dire: lavoro fatto.
QUAL E’ LA NOSTRA MISSIONE PRINCIPALE? Abbiamo costruito Curiosity per indagare se le condizioni su Marte fossero state favorevoli alla vita dei microbi e alla conservazione all’interno delle rocce di tracce di un’eventuale vita passata. Sulla Terra ogni volta che trovi l’acqua trovi la vita. Sulla superficie di Marte non c’è acqua allo stato liquido: dobbiamo perciò guardare alla sua storia, alla ricerca di un periodo in cui quest’acqua scorreva sul pianeta. E qui torniamo al cratere Gale, che è asciuttissimo, e al perché questo abbia a che fare con il rimbalzello.
Sulla Terra sappiamo che i sassi da rimbalzello non finiscono per puro caso su una riva o su una spiaggia. È Madre Natura che ce li mette al termine di un viaggio lungo e accidentato di milioni di anni e centinaia di miglia di cammino. Uno dei motivi per cui lo sappiamo è che i sassi da rimbalzello non nascono con l’aspetto di sassi da rimbalzello. All’origine, come le altre pietre, sono schegge di materiale staccatesi dalla crosta terrestre in seguito al movimento delle placche tettoniche o all’erosione. La differenza è data dal fatto che sono esposte, per un lungo periodo di tempo, all’azione di un fluido in movimento.
Durante il suo viaggio terrestre sospinto dall’acqua, la nostra roccia è tempestata di colpi da particelle e scaraventata in strozzature, solo per essere poi mandata ancora più avanti dalla forza dell’acqua. E ogni impatto, per quanto piccolo, lascia il suo segno. Molti anni dopo, la pietra si è trasformata in quel sasso liscio. Nel mondo geologico questo processo è noto come "abrasione".
E COSI OUANOO SU MARTE VEDIAMO delle rocce arrotondate capiamo che in quel punto scorreva un fiume. Dalla misura e dalle forme dell’insieme di pietre vicine ci vengono indizi sulla velocità del flusso delle acque e sulla distanza percorsa da quelle pietre per arrivare alla destinazione attuale. Elaborando i dati ricevuti finora, siamo giunti alla conclusione che l’altezza dell’acqua che spingeva i nostri sassi da rimbalzello dovesse arrivare in un punto imprecisato tra la caviglia e l’anca, e che la velocità fosse un po’ inferiore al metro al secondo. Sono ignote la distanza percorsa dai sassi e la fonte dell’acqua, ma con l’immaginazione riesco a vedere scenari diversi, tutti in grado di dare origine a quella pietruzza. Forse un giorno la nostra insaziabile Curiosity ci aiuterà a sapere quale sia lo scenario giusto. Nel frattempo, abbiamo messo i nostri sassi da rimbalzello nello specchietto retrovisore del rover (parecchie delle nostre 17 videocamere li hanno osservati sparire sopra l’orizzonte) e siamo andati avanti nello spazio e nel tempo.
E proprio l’altro ieri abbiamo raggiunto un altro traguardo importante della missione analizzando il nostro primo campione marziano in uno dei laboratori chimici a bordo di Curiosity. Essenzialmente stiamo mangiando terriccio, e ci piace. A questo stadio, abbiamo cominciato a fare quel tipo di ricerca impegnativa che di solito si riuscirebbe a portare a termine solo nel laboratorio perfettamente equipaggiato di un’università o di un centro di ricerca. Adesso invece lo stiamo facendo su Marte.
Non siamo certi di cosa ci diranno questi reperti. Ma sappiamo che il cratere Gale, i sassi da rimbalzello e i campioni di terriccio marziano, grossi come aspirine, hanno tutti una storia da raccontare.
Norman Maclean ha scritto il libro più bello (In mezzo scorre il fiume) : «Al- la fine tutte le cose si fondono in una sola, e un fiume l’attraversa. Il fiume è stato creato dalla grande alluvione del mondo e scorre su rocce che sono le fondamenta del tempo. Su alcune di queste rocce ci sono gocce di pioggia senza tempo. Sotto le rocce ci sono le parole e alcune delle parole sono loro. Sono tormentato da acque».
Le nostre, di acque, potrebbero essere distanti oltre 100 milioni di miglia, e risalire a un tempo di oltre un miliardo di anni anteriore al fiume di cui parlava Maclean, ma questo fa poca differenza. Anche noi che lavoriamo alla missione Curiosity della Nasa siamo tormentati dalle acque. Dove ci condurranno quelle acque antiche non ci è ancora dato di sapere, ma certo ci forniscono una carta stradale. Adesso tocca ai nostri strumenti e alla nostra pazienza, con qualche deviazione, se sentiremo il bisogno di esplorare gli affluenti. Immagino che la caccia al liquido trasparente e le storie e i mondi che esso aiuterà a ricreare andranno ben al di là della missione del rover. Immagino - che un giorno un astronauta magari camminerà sulle tracce della missione Curiosity e troverà quei sassi o altri simili.
QUANDO QUEL GIORNO VERRÀ, A 180 milioni di miglia da casa, nel cratere Gale o in qualche altro punto del pianeta Marte, per almeno un momento questi astronauti potrebbero ripensare a tempi meno complicati, quando sulla riva di uno specchio d’acqua avevano imparato per la prima volta quale fosse il valore del sasso perfetto, e come fosse bello vederlo rimbalzare. E poi, immagino, gli astronauti si rimetteranno al lavoro perché su Marte c’è molto da vedere, molto da fare e molto da imparare.