Patrick Di Justo, Wired n° 46 Dicembre 2012, 20 dicembre 2012
FELIX BAUMGARTNER
Austriaco, 43 anni, il 4 ottobre 2012 ha compiuto un’impresa storica nel cielo del New Mexico, concludendo con successo la missione Red Bull Stratos. Raggiunta l’altitudine di 39.045 metri (record) si è lanciato nel vuoto, superando dopo 34 secondi la velocità del suono (record) e toccando i 1342 km/h (record). Aperto il paracadute dopo 4 minuti e 22 secondi (record), è atterrato 9 minuti e 9 secondi dopo essersi buttato (record). L’impresa è stata vista da milioni di persone. Due settimane dopo, Paumgartner ha incontrato la stampa internazionale nell’hangar museo dell’aeroporto di Salisburgo, della sua città.
COSA PROVI ADESSO?
«Un gran sollievo. Vai a dormire con Red Bull Stratos, ti svegli con Red Bull Stratos, respiri ogni secondo questo progetto finché non arriva un momento in cui non vedi l’ora che finisca. Tutti gli entusiasmi, le difficoltà, le lacrime e il sudore richiedono un sacco di energia. La prima volta che abbiamo lanciato la missione si è rotto un pallone e abbiamo dovuto posticipare di tre giorni il lancio; a quel punto ci era rimasto un pallone solo, e se non ce l’avessimo fatta avremmo dovuto rimandare tutto al 2013. Quando ho toccato terra e mi sono reso conto che era finita e ce l’avevamo anche fatta, ero la persona più felice al mondo».
HAI CHIUSO CON L’ADRENALINA
«Sì, ho ufficialmente concluso la mia carriera di scavezzacollo».
HAI DETTO CHE QUANDO HAI APERTO LA CAPSULA E HAI VISTO LA TERRA TI SEI SENTITO PICCOLO E UMILE. MOLTI ASTRONAUTI TORNATI DALLE MISSIONI APOLLO HANNO RIFERITO LO STESSO, E TORNATI A TERRA SI SONO DEDICATI AL VOLONTARIATO. TU HAI DICHIARATO DI VOLERTI DEDICARE ALL’ELISOCCORSO. PENSI CHE QUEI SECONDI TI ABBIANO CAMBIATO?
«Non so se mi hanno "cambiato", ma ogni volta che abbandoni il pianeta e lo vedi da lontano ti sembra un mondo molto fragile. Ti rendi conto di quanto sia importante che la natura resti in buona salute. Facciamo un sacco di danni all’ambiente, ma a terra c’è con- fusione, non ci rendiamo veramente ’conto di quello che sta succedendo. Invece quando sei così in alto l’immagine è diversa, la prospettiva è diversa. È proprio come dicono gli astronauti: capisci che è il tuo pianeta, e vuoi che l’umanità lo protegga».
SE NON TI AVESSE VISTO NESSUNO L’AVRESTI FATTO LO STESSO?
«Oh, sì. Nel corso degli ultimi anni mi sono lanciato da qualsiasi piattaforma, e ormai mi ero reso conto che in quel campo le sfide appassionanti erano finite. Red Bull Stratos è stata una missione interessante da subito perché io sono un paracadutista, non ne di come farlo. Così ho dovuto imparare tutto da zero, studiare tanto e in fretta anche solo per sostenere le conversazioni con gli scienziati della squadra. Era esattamente il tipo di sfida che cercavo. Sono contento che mi abbiano visto così tante persone, ma se non ci fossero state il divertimento sarebbe stato quasi lo stesso».
RìRIUSCIRAI AD ADATTARTI A UNA VITA CON UN TASSO EMOTIVO NORMALE?
«Pilotare gli elicotteri non è una cosa facile e poco emozionante. Fare il soccorso alpino o contenere gli incendi sono attività complicate ed emozionanti. Le persone in genere si fanno male quando il tempo è pessimo, non nelle giornate di sole. E recuperare un ferito da una montagna in una giornata di brutto tempo pilotando un elicottero - ho già fatto qualche pro- va - è molto molto difficile. E poi dai una mano agli altri. Ho passato tanto tempo a rischiare la mia vita, e adesso aiuto chi mette a rischio la propria».
E’ VERO CHE DOPO IL LANCIO SEI STATO COINVOLTO DALL’ONU?
«Mi ha chiamato Ban Ki-moon in persona perché si è accorto che i suoi figli avevano seguito la mia impresa e avevano perso la testa per me. Mi ha convocato e mi ha proposto di fare l’ambasciatore per l’Onu».
TI SEI LANCIATO COL PARACADUTE. ORA HAI PRESO UN BREVETTO DA ELICOTTERISTA. DA DOVE VIENE QUESTA PASSIONE PER L’ARIA?
«Non lo so. Sono cresciuto in una famiglia molto conservatrice. Mio padre era un uomo severo, non gli piaceva lo sport e ostacolava questo tipo di cose. Con mio fratello ha funzionato: fa il cuoco. Ma io ho sempre avuto un forte desiderio di vedere il mondo dall’alto. Nella gran parte delle mie foto da bambino sono su un albero: ero felicissimo, mi piaceva il mondo visto da lì. Poi ho scoperto il paracadutismo, e più avanti l’elicottero».
COME HA VISSUTO QUESTA MISSIONE LA TUA FAMIGLIA?
«Io faccio sport estremi e cose pericolose da vent’anni: i miei sono abituati. Ma soprattutto sanno che sono prudente e attento».
QUANDO UNO SPORT PUO’ ESSERE DEFINITO "ESTREMO"?
«Uno sport estremo è uno sport che sposta i confini di uno sport. E non c’è limite: il limite è il cielo. Io con gli sport estremi ho finito. Solo se qualcuno mi proponesse di volare nello spazio per qualche progetto scienti- fico, direi di sì».
SEI IL PRIMO UOMO AL MONDO AD AVERE SUPERATO LA VELOCITA’ DEL SUONO. CHE SENSAZIONE HAI PROVATO?
«Mi hanno detto che quando si supera la barriera del suono si può percepire un’onda d’urto che attraversa il corpo, ma io sinceramente non ho sentito niente. Quando sono atterrato non sapevo se fossi riuscito o meno nell’impresa. Ma poi la gente mi ha detto che a terra si erano sentiti chiaramente due botti, e allora ho capito che ero andato più veloce del suono».
CHI TI HA ISPIRATO DI PIU’ NELLA VITA?
«Neil Armstrong. Quando ero piccolo - io sono nato nel 1969, l’anno dell’atterraggio sulla Luna - avevo una moneta con i tre astronauti: Armstrong, Collins e Aldrin. Quando avevo quattro o cinque anni tenevo sempre la moneta in mano, e ogni volta che vedevo la Luna pensavo a questi tre che ci erano andati».
LO RIFARESTI?
«Il lancio? No. Sinceramente no. Non c’è nessun record da battere, ho fatto tutto quello che c’era da fare. Si rischia la vita, e il fatto che abbia funzionato la prima volta non significa che funzioni la seconda. Ci sono un sacco di cose che possono andare storte. Rifarlo non ha nessun senso. In genere non ripeto i miei lanci: dopo che l’hai fatto, l’hai fatto. È tutto finito».
QUESTO SALTO TI HA TRASFORMATO IN UNA CELEBRITA’ GLOBALE NEL GIRO DI UN GIORNO. CHE EFFETTO TI HA FATTO?
«Ero già famoso in una certa misura per le mie imprese, ma questa volta è effettivamente diverso. Ho 43 anni: fosse successo quando ne avevo 18 sarebbe stato sconvolgente, ma adesso non lo è. Ho avuto un’educazione molto severa e, anche se sembra una battuta con il lavoro che faccio, sono uno con i piedi per terra».