Gabriele Beccaria, TuttoScienze, La Stampa 19/12/2012, 19 dicembre 2012
“LE 10 GRANDI INVENZIONI CHE FANNO VIVERE LA TERRA”
La vita è nata sulla Terra quando un essere umano non avrebbe resistito più di un minuto.
Le giornate arrivavano a stento alle cinque ore, i mari erano un unico oceano in perenne tempesta intorno a rari scampoli di terre emerse e dal cielo i bombardamenti di meteoriti erano la regola. Peggio ancora, tra i gas che saturavano l’atmosfera, l’ossigeno era assente.
La Terra di 3800 milioni di anni fa era un inferno, eppure si stava trasformando nel laboratorio perfetto per la vita. Anche noi, quindi, siamo i remoti eredi di quell’habitat orrendo, da cui, nel tempo lungo che sfida le capacità di immaginazione dei neuroni, sono scaturite le più grandi invenzioni mai realizzate. Si chiamano Dna, fotosintesi, cellula complessa, sesso, movimento, vista, sangue caldo, coscienza e morte. Più il primo colpo di genio, che - scrive il biochimico inglese Nick Lane - è stato l’inizio di tutto, cioè l’origine della vita stessa.
Ed è proprio il «momento zero» - aggiunge nel best-seller «Le invenzioni della vita» edito da Il Saggiatore - sul quale gli scienziati si tormentano. Come è successo che la chimica sia sfociata nella bio-chimica? E come si sono formate le prime cellule? E poi: quale energia ha generato il metabolismo e la replicazione? L’ultima risposta - la più recente in attesa di un’altra ancora più nuova - è tanto sorprendente quanto le metamorfosi degli ultimi (quasi) quattro miliardi di anni. Lane la racconta così: «Se Martin e Russell hanno ragione - e penso che sia così - il progenitore non dovette essere una cellula vivente indipendente, bensì un labirinto roccioso di cellule minerali, rivestito da pareti catalitiche composte da ferro, zolfo e nichel, ed energizzato da gradienti protonici naturali». E se la spiegazione sembra non spiegare abbastanza, ecco la sintesi: «La prima “vita” fu una roccia porosa che generava molecole complesse ed energia, fino alla formazione di proteine e dello stesso Dna». Dottor Lane, lei è ricercatore allo University College di Londra e i suoi studi si concentrano sulle «scintille» da cui hanno avuto origine gl iorganismi: dalla teoria del «brodo primordiale» si è passati a quella della «roccia intelligente», ma quanto è con vincente la nuova ipotesi? «Siamo di fronte a uno dei misteri della biologia, però è interessante che con questa teoria si cerchi di spiegare il tipo di struttura esistente prima delle cellule stesse: lì si mettono in campo tutti gli ingredienti necessari per approdare alla sofisticazione della vita, che dev’essere nata nei camini vulcanici sottomarini».
L’ipotesi potrebbe funzionare anche in altri pianeti al di là della Terra?
«Sicuramente. La sua efficacia è legata al fatto che la lista degli “ingredienti è limitata e comprende acqua, rocce, minerali come l’olivina, oltre al diossido di carbonio. Se i processi successivi sono complessi, sappiamo che quegli elementi sono più diffusi nell’Universo di quanto si pensasse».
Però i punti oscuri restano tanti: quali in particolare? «Uno sorge dal fatto che le reazioni tra idrogeno e CO2 non sono facili: non conosciamo ancora quale sia stato il catalizzatore.
Il secondo interrogativo è come gli amminoacidi si siano assemblati prima dell’Rna e poi nel Dna e come il codice genetico abbia imparato a sintetizzare le proteine».
C’è chi ha suggerito che, se Darwin uscisse dalla tomba, dovrebbe legge re subito il suo libro per un aggiornamento globale. «Penso che la lettura non lo sorprenderebbe poi così tanto: anche se non conosceva biochimica e genetica, il Dna funziona proprio come aveva previsto: con la selezione naturale».