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 2012  dicembre 19 Mercoledì calendario

IL REBUS DELLE FEDERAZIONI SANITARIE

Quanto a poltrone la Regione Piemonte non è seconda a nessuna. Al 31 luglio 2012 nei 118 enti ed istituzioni dove ha potere di designazione, il consiglio regionale ha effettuato 395 nomine: 296 retribuite (solo qualcuna a gettone), sette con rimborso spese e 92 gratis. Anche i gruppi consiliari e gli uffici di comunicazione non si sono fatti mancare nulla: 181 collaboratori, per una spesa di tre milioni. E la Giunta? Altre 32 nomine in enti, agenzie, associazioni e istituzioni, oltre a 33 consulenze e collaborazioni per 256mila euro.
La passione per nuove poltrone non si spegne, nonostante in queste settimane la Regione sia impegnata a discutere il piano di accorpamento e chiusura di società partecipate, sotto la scure della spending review montiana. È infatti di poche settimane fa la notizia che FinPiemonte Partecipazioni vorrebbe dare vita a una newco per realizzare un termovalorizzatore nel nord-ovest del Piemonte. «La nuova società opererebbe in un settore che per FinPiemonte non è strategico o innovativo, né FinPiemonte Partecipazioni ha competenze specifiche nella costruzione di un termovalorizzatore» commenta amaramente il consigliere del Pd Wilmer Ronzani.
L’occhio cade soprattutto sulle poltrone in ambito sanitario e non c’è da meravigliarsi visto che su un bilancio annuale di 11,5 miliardi, quelli destinati alla sanità sono nove. Le sei federazioni sanitarie sono un’invenzione recente. Le ha istituite la legge 3 del 28 marzo 2012, violando con sprezzo del pericolo una delle leggi sacre della politica italiana: nulla è più certo del provvisorio. Le federazioni, infatti, sono state costituite «al fine di promuovere il passaggio del servizio sanitario regionale da una fase caratterizzata dalla centralità aziendale e da logiche competitive ad una nuova fase orientata alla cooperazione interaziendale ed alla realizzazione di reti integrate di offerta, anche a livello interprovinciale, conseguendo, in tal modo, il massimo livello possibile di efficacia sanitaria ed efficienza organizzativa». Insomma, campa cavallo che l’erba cresce e in attesa che la vegetazione cresca, i poteri sono enormi: dagli acquisti di beni e servizi allo sviluppo delle reti informative, passando attraverso la gestione della logistica, del patrimonio immobiliare (dagli appalti alla vendita).
Il personale assunto non c’è – è quello delle aziende ospedaliere e delle aziende sanitarie che sono state consorziate nelle federazioni – ma in compenso gli organi si moltiplicano: c’è un’assemblea consortile, costituita dai direttori generali delle aziende sanitarie consorziate (quindi le sedie che c’erano sono rimaste), c’è un collegio sindacale, nominato dell’assemblea consortile ma soprattutto c’è l’amministratore unico, nominato dall’assemblea consortile su designazione del Presidente della Giunta regionale. Uomini di fiducia del Governatore Roberto Cota e della sua Giunta. Oggi. Domani dovranno essere fedelissimi di un altro politico e di un’altra coalizione: è il rapporto fiduciario, bellezza, e così le poltrone restano ma i beneficiati vanno e vengono come il giorno e la notte.
La legge – così certosina nel disciplinare i dettagli – guarda caso sorvola sui compensi. «L’incarico ha durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni – si legge al comma 8 dell’articolo 23 - è rinnovabile ed è disciplinato da apposito contratto di diritto privato». Il 5 aprile è stato pubblicato il bando del presidente della Regione Piemonte per la designazione degli amministratori unici delle sei federazioni ma non sono mancati gli elementi discutibili. «Desta perplessità l’assenza di criteri sul titolo di studio e sulle esperienze professionali precedenti dei candidati – dichiara Aldo Reschigna, capogruppo del Pd in consiglio regionale – ma la cosa che colpisce di più è che nel bando non è precisato il compenso per l’incarico che sarà determinato dalle assemblee consortili nel rispetto della legge. Il candidato deve però impegnarsi preventivamente ad accettare la nomina qualora venga conferita. Non sembra la modalità più adatta per attirare le figure professionali necessarie per svolgere con efficacia un incarico considerato cruciale. Siamo convinti che le stesse funzioni delle federazioni potrebbero essere svolte da una Asl capofila per ogni quadrante, impedendo il proliferare di enti e incarichi e i relativi costi aggiuntivi». L’accettazione è implicita a prescindere dalla cifra, contravvenendo le regole basilari del mercato ma tanto i nomi gira che ti rigira sono sempre gli stessi o quasi. «Nella federazione 6 – spiega il consigliere Pd Rocchino Muliere – è stato ad esempio nominato direttore Mario Pasino, uomo di fiducia del vicepresidente Ugo Cavallera, ex democristiano passato a Forza Italia. Pasino è stato direttore generale dell’Asl Novi-Acqui Terme-Ovada ai tempi della seconda giunta Ghigo, fino al 2005, poi è tornato con la Giunta Cota, nel gennaio 2011, come commissario, molto contestato, dell’Asl di Alessandria».
Quanto ai risparmi, beh, giudicate voi. «La gara da 46 milioni per i servizi informatici bandita dalla Asl To3, che l’assessore si era impegnato a bloccare in una precedente Commissione – dichiarano i consiglieri Nino Boeti e Stefano Lepri - è stata aggiudicata e che non c’è nulla da fare. Non basta: l’Asl To1 ha affidato a una società esterna senza alcuna gara servizi per un milione che prima venivano garantiti dal Csi». Il Csi, il Consorzio a partecipazione regionale istituito proprio per queste funzioni, viene dunque in molti casi estromesso dalla informatizzazione della sanità. «La piattaforma informatica condivisa, più volte promessa dall’assessore Monferino – continuano i due consiglieri - è a tutto oggi solo una chimera. Alcune Asl stanno viaggiando per conto proprio, con gare e affidamenti individuali che rischiano di impedire la formazione di una rete con un linguaggio comune». Il Csi le poltrone ce l’ha e continua ad averle.
Con le nuove federazioni va a ramengo la Scr, la Società di committenza regionale partecipata interamente dalla Regione Piemonte, istituita con la legge regionale n. 19 del 6 agosto 2007 con l’obiettivo di razionalizzare la spesa pubblica e di ottimizzare le procedure di scelta degli appaltatori pubblici nelle materie di interesse regionale, in particolare nei settori delle infrastrutture, trasporti, telecomunicazioni e, giustappunto, sanità. Di fronte al fortissimo calo degli interventi infrastrutturali, alla intenzione di dare vita alle Federazioni sanitarie e al taglio di 900 milioni tra il 2010 e il 2012 nei trasferimenti dello Stato, il Pd propose di chiudere questa società. Macchè: proposta bocciata. Del resto la Giunta regionale, nella seduta del 5 dicembre, ha stabilito in merito all’acquisto di prodotti sanitari che «è stato fissato al 31 dicembre 2012, su proposta dell’assessore Paolo Monferino, il termine entro il quale le aziende sanitarie dovranno obbligatoriamente conferire alle Federazioni sovrazonali le funzioni riguardanti i piani di acquisto annuali e pluriennali e gli approvvigionamenti di beni e servizi. Alla Società di committenza regionale viene confermato l’affidamento, per l’attivazione delle convenzioni centralizzate, delle tipologie di prodotti già individuati nel gennaio 2011 (farmaci, aghi e siringhe, ausili di assistenza integrativa e protesica, prodotti di medicazione, guanti medicali, disinfettanti, mezzi di contrasto e sacche nutrizionali), mentre le Federazioni mantengono l’acquisto di servizi in ambito sanitario. Lo scopo è perseguire il massimo livello possibile di efficacia sanitaria ed efficienza organizzativa e produrre considerevoli risparmi dai processi di aggregazione e omogeneità degli approvvigionamenti». «Si giustifica spudoratamente un evidente doppione – conclude Reschigna - di cui non si sentirebbe la mancanza neanche in periodo di vacche grasse, figuriamoci in un periodo di vacche magre come quello che attraversiamo». Altro valzer, altro giro. Altra poltrona.