Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  dicembre 19 Mercoledì calendario

COME STANNO GLI ITALIANI?


Ieri è stato presentato l’Annuario statistico italiano. Di che cosa si tratta?

È un rapporto di 818 pagine in grande formato, nel quale l’Istat fa confluire tutti i dati salienti della società italiana, divisi in 26 capitoli: dall’istruzione al lavoro, dalla salute ai consumi culturali, dai dati macro-economici a quelli demografici. Il dato sui cambiamenti della famiglia italiana è probabilmente quello più rilevante, ma ce ne sono molti altri.

Qual è il fenomeno negativo di maggiore impatto?

La povertà. Sia reale, determinata cioè da disoccupazione e riduzione del reddito, sia «percepita», dovuta cioè alla paura di restare senza beni. Nel 2011, le famiglie in condizione di povertà relativa sono in Italia 2 milioni 782 mila (l’11,1% delle famiglie residenti) corrispondenti a 8 milioni 173 mila individui poveri, il 13,6% dell’intera popolazione. Nel corso degli anni, la condizione di povertà è peggiorata per le famiglie numerose, specie se con figli minori.

E qual è, invece, il dato positivo (se c’è)?

C’è assolutamente. Ed è la tenuta dei consumi culturali. Basti dire che oltre 40 milioni di italiani hanno visitato nel 2011 uno dei 424 musei italiani, tre milioni in più rispetto allo scorso anno. Ma colpisce che sia aumentato sia il numero dei libri pubblicati (+10,8%) che quello delle tirature (+2,5%). A leggere di più sono le donne, ma i lettori più accaniti (e in crescita) sono i giovani tra gli 11 e i 14 anni.

Torniamo alla povertà. Non sono soprattutto gli anziani ad essere in difficoltà?

È vero che quasi la metà dei pensionati prende meno di 1.000 euro al mese (47%), ma in generale non è l’età che fa la povertà, quanto la geografia: la povertà è a Sud e nelle aree urbane.

Ci sono segni di ripresa per l’occupazione?

Il lavoro è il vero grande problema dell’Italia. Tuttavia, in un generale panorama di forte contrazione dell’occupazione, ci sono alcune settori in lieve controtendenza: per esempio 151 mila occupati in più nei servizi e 106 mila nei servizi alla famiglia (badanti e affini). Ma questi incrementi sono dovuti al fatto che chi doveva andare in pensione non c’è potuto andare per effetto della riforma. Nel primo semestre di quest’anno sono stati attivati cinque milioni di contratti di lavoro, ma solo il 19% è stato a tempo indeterminato. Tutto il resto (81%) è precario.

Nonostante questo gli italiani stanno bene in salute, secondo il Rapporto.

Esattamente. 7 italiani su 10 dicono di stare perfettamente in salute. Peraltro continua ad aumentare l’aspettativa di vita della popolazione, pari a 79,4 anni per gli uomini e a 84,5 per le donne, con un guadagno rispettivamente di circa nove e sette anni in confronto a trent’anni prima. Ma a fianco a questo dato positivo ci sono alcune criticità. Per esempio i bassi livelli di fecondità, congiuntamente al notevole aumento della sopravvivenza, rendono l’Italia uno dei paesi più vecchi al mondo. Al 1° gennaio 2011 si registrano 144,5 anziani ogni 100 giovani, a metà degli anni Novanta erano 112.

E lo sport?

Piace se visto in Tv. solo due italiani su dieci fanno attività sportiva regolare, mentre la stragrande maggioranza non fa sport, e quattro su dieci non fanno assolutamente nulla che richieda una qualche attività fisica. E se decresce il numero dei fumatori, aumenta quello dei ragazzi e dei giovani che si avvicinano al tabacco.

E vero che si va meno all’università?

L’Istat rileva una disaffezione delle famiglie per l’investimento sulla formazione. Non si riesce a trovare lavoro nemmeno con una laurea - è il ragionamento - quindi a che serve studiare? Il prodotto di questa mentalità ha portato ad un crollo delle immatricolazioni del 6,5% negli ultimi quattro anni, ma si registra anche una riduzione delle iscrizioni alle superiori: 2.200 in meno rispetto all’anno precedente, ma ben 24 mila in meno in tre anni.

Si ha la sensazione che le città siano anche meno sicure. È così?

La percezione dell’insicurezza non è suffragata dai fatti. L’Italia è stata sempre una nazione abbastanza sicura rispetto ad altre e il numero dei reati quest’anno è anche diminuito, sia pur di poco (-0,3%). L’unico reato che cresce è lo sfruttamento della prostituzione (+21%), mentre calano l’usura (-19%), gli omicidi volontari (-10%), quelli di tipo mafioso (-23%) e le rapine (-5,8%).

Per quanto riguarda le città, qual è il problema più sentito?

La risposta è univoca e netta: il traffico (38%). La gente non ne può più, così come non sopporta tutte le conseguenze della circolazione urbana: la mancanza di parcheggio (35,8%), l’inquinamento dell’aria (35,7%) e il rumore (32,0%).

Curiosità?

Dopo il frigorifero e la lavatrice, nelle case degli italiani sono arrivati altri elettrodomestici obbligatori: ha la lavastoviglie il 45% delle famiglie e il condizionatore il 33,4%. Quanto al Pc inutile dirlo, spopola: 56,8% delle case.