Daniele Dallera, Corriere della Sera 19/12/2012, 19 dicembre 2012
MALAGO’ IL ROTTAMATORE: «IL CAMBIAMENTO SONO IO» —
Vive in mezzo allo sport, Giovanni Malagò, presidente del circolo Aniene, Federica Pellegrini e non solo (poi ci spiegherà quell’immenso non solo), vive in mezzo a gioielli di macchina, Ferrari e Maserati, in uno splendido showroom a due passi dalla sempre dolce via Veneto, in mezzo a decine e decine di fotografie che raccontano momenti importanti della sua vita, affettiva e professionale, in mezzo a belle donne che ha sposato e frequentato, il tutto in una giornata ricca di impegni e appuntamenti, di consigli d’amministrazione, riunioni, società da controllare e gestire. 53 anni vissuti bene, che intende rendere più intensi diventando presidente del Coni, battagliando con Lello Pagnozzi.
Lei sa che il suo avversario è il grande favorito: perché prendersi una grana simile?
«Intanto speriamo che non sia solo una grana. Vede, io parto da questa riflessione...» (tira un lungo sospiro e si distende sulla poltrona).
Qual è questa riflessione?
«Ho avuto una vita frenetica ma fortunata, mi considero un privilegiato e ci sono tanti modi per restituire al prossimo parte di questi vantaggi. Negli ultimi 15 anni della mia vita dedicata alla politica sportiva — Aniene, Coni, Internazionali di tennis, Europei di volley, Mondiali di nuoto —, ho cercato di impegnarmi esaltando il risvolto sociale dello sport».
Va bene, ma allora perché in giro si dice che all’Aniene pensate solo ai campioni, alla Pellegrini, alla Idem, allo sport di vertice?
«Non è vero. I campioni con le loro vittorie, con le loro fatiche e con il loro esempio trasmettono un messaggio importantissimo a chi, ragazzi e ragazze, inizia una strada impegnativa come l’attività sportiva. L’Aniene è fonte di vita, di sport, di educazione, anche scolastica, anche di studio, per centinaia di giovani. Abbiamo creato una struttura analoga ai campus americani: ragazzi che, ovvio, mostrano talento per canoa, tennis, nuoto, canottaggio, vela eccetera, ma vivono da noi, studiano da noi, si alimentano in modo corretto da noi, sono seguiti nelle loro molteplici attività. Mai dimenticare che ci troviamo alle prese con dei minorenni: abbiamo una responsabilità enorme».
Ottima cosa. Tre emergenze qualora diventasse presidente del Coni?
«Bisogna creare una scuola dello sport. Dialogando in modo fattivo proprio con il mondo dell’istruzione. Sport e società, a stretto contatto. Pensare a chi vive in difficoltà. Non a caso all’Aniene ho creato una sessione rivolta agli sport paralimpici. Torno alla scuola, mi lasci andare a braccio...».
Faccia pure.
«Per quanto riguarda il rapporto istituzione Coni e scuola, basta lavarsi la coscienza prendendo atto delle poche ore di lezione sportiva a disposizione. È necessario aggredire il problema, essere propositivi».
Seconda emergenza.
«La triste situazione dell’impiantistica sportiva. La radiografia è impietosa. Impensabile crescere senza pensare alle case che ospitano lo sport».
Terza emergenza del programma Malagò...
«Riguarda un cambiamento culturale: naturale affrontare problemi, piaghe come il doping e le scommesse. Ma lo sport italiano deve abbracciare una vera e propria rivoluzione culturale, le federazioni devono sentirsi protagoniste del ‘‘Progetto Sport Italiano’’. Penso a una forte collegialità tra le federazioni, coinvolgere i presidenti a livello nazionale e i dirigenti a livello periferico. È l’unico modo per cambiare marcia».
Cosa invidia al suo avversario, Lello Pagnozzi?
«Premessa: ci uniscono valori come amicizia e stima...».
D’accordo, vada oltre: invidia? Rimproveri? Critiche?
«Faccio fatica con l’invidia, un sentimento che non conosco. Certo che se si parla di campagna elettorale, come non pensare al suo vantaggio di essere da 20 anni il segretario generale del Coni?».
Anche Petrucci, il presidente uscente, gli sta dando una mano.
«Sì, lo fa in modo aperto. Sa una cosa che non avrei fatto al posto di Petrucci?».
No, quale?
«Lasciare il Coni per abbracciare un’altra presidenza, quella del basket, da dov’era partito. Una mossa che non trovo elegante».
Chi l’accompagnerà in questa avventura, chi farà parte della sua squadra?
«Anticipo due nomi: due grandi donne, due campionesse come Josefa Idem e Alessandra Sensini».
Lei Malagò si spaccia come rappresentante del rinnovamento?
«Perdoni se correggo la forma: non mi spaccio, io sono l’uomo del rinnovamento: per idee, programma, entusiasmo, passione. Io vengo dalla società civile, dal volontariato, dal mondo dell’imprenditoria, non certo dall’apparato. E questa esigenza di rinnovamento la percepisco, la sento in giro: non s’immagina quanta gente abbia voglia di cambiare, di andare oltre quella che chiamano casta...».
Pagnozzi rappresenta la casta?
«Non sono certo io che lo devo dire. Sicuramente è un giudizio largamente diffuso. A proposito, Pagnozzi ha detto che io ‘‘bazzico’’ il Coni dal 2001. Ha ragione, ma io sono obbligato a ‘‘bazzicare’’, in caso contrario non avrei potuto nemmeno candidarmi formalmente alla presidenza del Coni, per le regole imposte proprio da quella che viene chiamata casta».
Come sarebbe a dire?
«Basta osservare il modulo da compilare per la candidatura (si chiedono tre requisiti: 1. aver presieduto una federazione o aver fatto parte della Giunta Coni; 2. essere stato atleta; 3. essere stato insignito dal Coni di un’onorificenza ndr) e io li possiedo tutti e tre. L’amico Lello ne ha soltanto uno, l’ultimo, l’onorificenza: la Stella d’Oro al merito sportivo. Gliel’ha data il Coni... Bisogna sfuggire dalla burocrazia, aprirsi alla società in nome di uno sport sociale e nuovo».
Così parlò l’uomo del rinnovamento.
Daniele Dallera