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 2012  dicembre 19 Mercoledì calendario

«INOPPORTUNO CORRERE? SCALFARO ERA UN MAGISTRATO» —

Alla convention arancione, venerdì pomeriggio a Roma, Antonio Ingroia si presenterà appena sceso dall’aereo, dopo quindici ore di viaggio, e con l’ampia fronte scottata dal sole. L’abbronzatura natalizia, a scanso di facili ironie, è solo effetto di una domenica sul Pacifico. «Prima giornata al mare da quando sono in Guatemala», racconta davanti a un piatto di fettuccine, trattoria italiana dietro il suo ufficio. «La nostra sede è in una palazzina anonima qui vicina, militarizzata. Nessuno sa dove si trovi la Cicig, il mio gruppo di lavoro. Siamo una specie di servizio segreto». Anche qui la scorta di Ingroia è pesante, e non sono nemmeno poliziotti locali: per ragioni di sicurezza tutti dipendenti Onu, di altre nazionalità.
Chiediamo, e con malizia, se il lungo volo per l’Italia preveda un biglietto di ritorno. «Certo, io sto benissimo qui», risponde. E poi: «Non mi credete ma è così, non ho ancora deciso se candidarmi». Davvero? Mancano pochi giorni, non deciderà mica in aereo? «In aereo scriverò il discorso che farò a Roma. E poi discuteremo, valuteremo. E poi, guardate, Berlusconi cambia idea ogni giorno, Monti non sa ancora cosa fare. Adesso chi di politica ne capisce meno di tutti, cioè io, dev’essere l’unico ad avere le idee chiare? In questa partita a scacchi che è diventata la politica italiana, Berlusconi voleva fare il furbo, impostare una campagna elettorale di opposizione per alcuni mesi. Monti per ripicca si è dimesso. Alla fine il giochino li ha danneggiati entrambi, perché ha accorciato i tempi per tutti. Per questo i due non sono pronti alle elezioni». Come lei? «Esatto, come me».
Ben informato, comunque Ingroia lo è. Ha chiesto in anticipo l’aspettativa al Csm, perché poi non avrebbe fatto in tempo con i 40 giorni previsti per la presentazione delle liste. Ma sostiene che lunedì — mentre le agenzie battevano la sua «quasi» discesa in campo, accompagnata da una raffica di reazioni — il fiscal antimafia, come lo chiamano qui, stava lavorando tranquillo, in una riunione con il procuratore generale dello Stato guatemalteco. In agenda alcuni casi importanti sui quali sta investigando la commissione che dirige. «È un bellissimo incarico, e ci dedico tutto il mio tempo. Le ironie le lascio al rumore di fondo italiano, al quale pensavo di essere sfuggito». Diciamo che lei non si è esattamente nascosto dalla madrepatria, è ovunque: tv, radio, articoli, libri, un blog. «Ho tenuto dei fili, e dormo poco la notte. Rispondo alle mail, alle telefonate, scrivo. Poi le sette ore di fuso orario aiutano, perché a una certa ora della giornata in Italia si va a dormire. Ecco, il mio impegno nella vita politica nazionale potrebbe tranquillamente continuare da qui, non c’è alcun bisogno che mi candidi». Li ha avvertiti, i suoi collaboratori dell’Onu, che l’avventura potrebbe chiudersi a breve, dopo nemmeno un paio di mesi? «Sono informati di questa eventualità, certo. Non sarebbe stato corretto non farlo». E perché non ha mai preso casa? Resterà in un aparthotel fino a settembre, quando scadrà il suo incarico? «Sono venuto da solo, senza famiglia, e non ho voglia di prepararmi la prima colazione. Basta come spiegazione?» Insiste, Ingroia, che qui in Guatemala ci sta benone: «Ho guadagnato in qualità della vita. Mi posso dedicare solo al lavoro, mentre in Italia mi chiamano sempre da qualche parte. Non mi faccio il sangue marcio a leggere i giornali». Quelli che escono in Guatemala la ignorano? «Il lavoro della commissione è poco esposto, non prendiamo provvedimenti, non arrestiamo nessuno». Anche perché qui lei esterna poco, diciamo. «Beh, mai...»
Insomma, ancora qualche giorno di pazienza poi fan e detrattori di Ingroia, già scatenati sui social network, avranno davvero su che litigare. La sua sarà una delle candidature più polemiche della storia nazionale, dottor Ingroia, lo sa? «Non capisco. Tutti questi argomenti sulla opportunità o meno per un magistrato di partecipare alla politica francamente mi lasciano allibito. I danni di vent’anni di berlusconismo, purtroppo, sono anche questo. Sento persone lontane mille miglia da lui che ragionano con la sua testa. È drammatico». Cioè lei non accetta che qualcuno trovi la sua entrata in politica inopportuna? Anche Antonio Padellaro sul Fatto quotidiano sostiene che sarebbe meglio che lei restasse in magistratura. «Io rispetto tutte le opinioni, ma resto della mia. La "non opportunità" secondo me è una eresia. Fino a pochi decenni fa era impensabile soltanto che qualcuno mettesse in dubbio il diritto di un magistrato di candidarsi. Abbiamo avuto persino un presidente della Repubblica, Scalfaro, che veniva dalla magistratura. Solo questo dimostra quanto la polemica sia strumentale».
Squilla il cellulare di Ingroia, è dall’Italia. Richiamerà. L’iPad lo aggiorna sulle ultime: ogni giorno ce n’è una da Palermo, e sono sempre notizie e polemiche che portano il suo nome. Sulla Procura, sul teorema principe del magistrato siciliano, la trattativa Stato-mafia, sulle reazioni a una dichiarazione da Santoro, o sul Fatto dove tiene una rubrica. È appena uscito un libro-intervista, pesantissimo contro Berlusconi e Dell’Utri. Tutto questo qui, in Centroamerica, dove Ingroia sogna di portare il modello dei pool antimafia siciliani, vuole aiutare a stroncare tassi insopportabili di violenza e il potere trasversale dei narcos. Tantissima gente ha stima e fiducia in lui. Ma non potrebbe farlo davvero a tempo pieno, questo lavoro? Poi torna in Italia e decide cosa fare. «Potrei, e forse lo farò». Ma pare difficile.
Rocco Cotroneo