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 2012  dicembre 19 Mercoledì calendario

UN SENTIERO ASSAI STRETTO

Viene dato da molti per probabile, anche se il principale interessato continua a non pronunciarsi, che alle prossime elezioni intorno al nome di Mario Monti e ad un programma da lui delineato si costituisca una confederazione di varie liste, le quali saranno diciamo così autonome ma avranno in lui il proprio punto di riferimento, insomma il proprio capo politico. Un capo però alquanto sui generis. Monti, infatti, sarà — potrà essere — solo un capo simbolico. Un capo per procura. E questo perché, essendo già senatore a vita, gli sarà consentito, sì, di far comparire il proprio nome sulla scheda elettorale delle varie liste partecipanti alla coalizione, ma non potrà mettere in gioco la propria persona nella competizione elettorale né per la Camera né per il Senato. Se dunque per ipotesi ottenesse la maggioranza parlamentare e ritornasse alla guida del Paese, si verificherebbe la singolare circostanza per cui egli sarebbe l’unico capo di governo dell’Unione europea non solo privo di un suo partito, ma neppure uscito direttamente consacrato dal risultato delle urne.
È difficile non vedere in tutto ciò un ennesimo scostamento rispetto al modello disegnato dalla nostra Carta costituzionale, del resto ormai già divenuta per merito del servizio pubblico (!) televisivo l’oggetto delle divagazioni di un comico — anche questo, credo, un caso unico in Europa. Si tratta peraltro di uno scostamento destinato a sua volta a produrre tutta una serie ulteriore di anomalie e di ambiguità.
È probabile, ad esempio, che la scelta delle candidature nelle varie liste — in queste elezioni una scelta carica di significato politico come poche altre volte — non possa avvenire, diciamo così, che per interposta persona, attraverso intermediari incaricati di riferire e attuare le indicazioni del premier in pectore. Un sistema tutt’altro che trasparente ed esposto, come si capisce, a mille equivoci, a fraintendimenti e pressioni di ogni tipo. Per non parlare della campagna elettorale. Sarà possibile a Monti quel dialogo continuo con i cittadini che ne costituisce un momento essenziale? E in quale veste egli comparirà nei dibattiti televisivi con gli altri capipartito candidati a un posto di parlamentare, lui che non è candidato a nulla ma in realtà lo è alla massima carica politica (carica che peraltro nel nostro ordinamento non può essere conferita dal voto popolare ma solo da una maggioranza parlamentare su designazione del capo dello Stato)? E se poi, mettiamo, la coalizione guidata dall’attuale premier dovesse risultare sconfitta alle elezioni, e domani si formasse un governo Bersani di centrosinistra in tutto e per tutto autosufficiente, saremo forse chiamati ad assistere allo spettacolo — diciamo pure singolarissimo — di un’opposizione parlamentare rappresentata tra gli altri da un senatore a vita, cioè per l’appunto da Monti? Con un senatore a vita che ogni volta che può, come è giusto che faccia un leader dell’opposizione, attacca pubblicamente il presidente del Consiglio? Oppure — sempre nel caso di una mancata vittoria — Monti abbandonerà il campo per chiudersi in un austero riserbo istituzionale? Ma che cosa dovranno pensare allora coloro che gli hanno dato il voto? Che hanno votato per un fantasma?
Sono queste alcune delle perplessità che suscita la discesa sul terreno elettorale del presidente del Consiglio. La cui misura di stile, di prudenza e di onestà, che gli è congeniale appare destinata ad essere sottoposta di sicuro — se mai egli decidesse di partecipare indirettamente alle elezioni — ad una prova non indifferente.
Ernesto Galli Della Loggia