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 2012  dicembre 19 Mercoledì calendario

UN IDENTIKIT TUTTO DIGITALE L’ULTIMA SFIDA DEI MAD MEN


Mentre cercate qualcosa su Google, comprate qualcosa su Amazon, postate qualcosa su Facebook, qualcuno vi spia: ma non è un essere umano, è un algoritmo. E non vuole farvi del male, almeno non direttamente, vuole soltanto conoscervi meglio, per vendervi qualcosa. Come è già accaduto nel mondo della finanza, ora computer e sistemi automatizzati stanno sostituendo gli uomini anche nella pubblicità. Formule matematiche, banche dati e programmi computerizzati sono le armi dei nuovi “Mad Men”, una generazione di esperti di marketing che non potrebbero essere più diversi dai loro predecessori della Madison Avenue (da cui viene il titolo del popolare serial televisivo) degli anni ‘50, la strada newyorchese delle agenzie pubblicitarie, simbolo di tutta l’industria del settore.
Quelli erano gli specialisti del “three-Martini lunch”, il pranzo
generosamente innaffiato da cocktail ad alta gradazione alcolica, un tempo ritenuto il modo migliore per mettere in contatto un pubblicitario e un cliente. I loro pronipoti odierni sono scienziati, docenti di matematica, ex-analisti di Wall Street e della City, che setacciano il web a caccia di informazioni sui consumatori, le traducono in sofisticati algoritmi e con questi programmano le campagne di compravendita. Lo studio scientifico del mercato pubblicitario, naturalmente, non è una scienza nuova: esiste perlomeno dal 1957, quando il giornalista Vance Packard scrisse un libro diventato famoso, “I persuasori occulti” (ancora ristampato e studiato), rivelando il subdolo potere del marketing. Da allora è diventato una disciplina sempre più raffinata e complessa, utilizzata per vendere di tutto, dal dentifricio alla Casa Bianca. Ma oggi la rivoluzione digitale ha fatto compiere al marketing un gigantesco balzo in avanti, trasformando l’industria pubblicitaria in un veicolo che aspira sostanzialmente all’onniscienza, all’infallibilità. «Con l’obiettivo di personalizzare il
messaggio giusto alla persona giusta al momento giusto», riassume il Financial Times in un’inchiesta sul fenomeno.
Il nuovo persuasore occulto è
un pubblicitario come l’anglocinese 35enne Becky Wang, exanalista finanziaria, ora direttrice di Droga5, società specializzata nello scoprire tendenze nei
comportamenti umani e trasformale in idee per inserzioni.
Nella pubblicità vecchia maniera, pre-era digitale, l’agenzia e il cliente si incontravano faccia
a faccia, i prezzi delle inserzioni erano determinate dalla tiratura di un giornale o dall’audience radiotelevisiva, e l’inserzionista pagava per la diffusione
potenziale su un pubblico collettivo. Nella pubblicità dell’era digitale l’intero procedimento è guidato da algoritmi compu-terizzati, le inserzioni hanno come target dei consumatori specifici il cui identikit viene costruito attraverso banche dati, e il prezzo dell’inserzione dipende dal valore di ogni singolo consumatore.
Funziona così: un consumatore visita un sito su cui appaiono finestre pubblicitarie. Il sito trasmette il profilo anonimo del consumatore a un potenziale cliente. Il cliente collega il profilo con le informazioni già in suo possesso, poi fa un’offerta al sito per mettere un’inserzione. L’offerta più alta ottiene una finestra pubblicitaria, che può essere personalizzata e modificata in tempo reale. Il cliente saprà quanti consumatori l’hanno guardata e perfino chi sono. La verifica è immediata.
Caso tipico: un’azienda di prodotti per barbecue è adesso in grado di piazzare messaggi pubblicitari soltanto in luoghi a non più di 10 chilometri di distanza da un negozio dove sono in vendita i suoi prodotti e soltanto prima dei week-end in cui
è previsto il sole, condizione ideale per una grigliata. Altro esempio: un’azienda farmaceutica reclamizza i suoi medicinali per la prevenzione delle malattie da raffreddamento soltanto nelle zone in cui ci sono state e si prevede che stiano per ripetersi epidemie di influenza. Meno difficile di quanto sembri: Interpublic Mediabrand, società di analisi pubblicitarie, raccoglie sul web trilioni di dati ogni anno e ha bisogno di 1 milione di gigabyte per archiviarli (per l’intero testo dell’enciclopedia online Wikipedia in tutte le lingue bastano 100 gigabyte). Il difficile è trarre le informazioni significative da questa immensa mole di dati. E il problema morale è lo stesso posto nel ’57 dal libro di Packard: fino a che punto può spingersi l’invasione della privacy, per persuaderci a fare shopping? Di domande, i vecchi del mestiere, ne pongono anche un’altra: gli algoritmi avranno la stessa creatività degli esseri umani? Troveranno slogan altrettanto geniali di quelli inventati dai “Mad Men” di una volta, magari durante un three-Martini lunch?