Goffredo De Marchis, la Repubblica 19/12/2012, 19 dicembre 2012
SPETTACOLO STRAORDINARIO IN RAI ADESSO UN’ALTRA TV È POSSIBILE
Tutto è nato in una caldissima sera dell’agosto scorso, a Piazza Santa Croce. «Io e la presidente Tarantola — racconta il direttore generale Luigi Gubitosi — siamo andati a Firenze a vedere lo spettacolo di Benigni sulla Divina Commedia. Gli abbiamo proposto di realizzare un programma natalizio con la Rai. “Ma non facciamo sempre Dante”, ho detto io. “Troviamo un altro tema di interesse generale per il Paese”. Dopo un paio di giorni Benigni mi chiama: “Leggiamo la Costituzione in prima serata. È bellissima”. Aveva ragione, è stato uno spettacolo straordinario. E ha risollevato l’orgoglio di essere italiani».
Dall’estate all’inverno, quella chiacchierata si è trasformata in un successo clamoroso per Raiuno: 12 milioni e 600 mila spettatori, 44 per cento di share. Ma c’è qualcosa di più. C’è, nella diretta di lunedì, l’idea che un’altra televisione è possibile, che si può uscire dagli anni bui del conflitto d’interessi berlusconiano. C’è una tv di Stato capace di qualità e credibilità.
Gubitosi è un manager piuttosto algido e riservato. Ma gli scappa la parola «euforia». Poi si ricompone. «Diciamo contentezza, molta soddisfazione. Ha visto la curva degli ascolti? È rimasta uguale durante la parte di satira e durante la lettura degli articoli. Roberto avrebbe potuto
continuare ancora senza perdere un solo spettatore». Beh sì, questa è euforia. Ora però la Rai è attesa alla prova di molte conferme. Su tutte le reti, in ogni tg e in tutte le fasce orarie. «Stiamo andando bene, ma c’è molto lavoro da fare. La Rai cambierà, lo sta già facendo. Tutto il nostro piano fiction è improntato alla qualità. Rivedremo i trend, diremo addio alle serie in costume per concentrarci sulla contemporaneità. Temi di oggi, per attirare maggiormente i giovani. E racconteremo la realtà del-
la donna. Faremo anche un grosso sforzo sul cinema. Potenzieremo Rai5, il nostro canale culturale ».
Il direttore generale non nasconde di essere orgoglioso anche per il dibattito delle primarie Bersani-Renzi, «il programma politico più visto nella storia della tv». Significa che la logora formula del talk show può essere superata? «Non devono necessariamente sparire. Devono modificare la loro natura, introdurre una verifica di accuratezza delle dichiarazioni,
eliminare il fastidio delle urla, degli slogan lanciati a casaccio. Il dibattito delle primarie ha funzionato perché, senza insulti, si sono trattati tutti i temi e temi veri».
Forse Benigni può essere la svolta per una nuova Rai. «Noi stiamo facendo uno sforzo per rendere non speciale ma normale l’azienda. Migliorandola continuamente », dice Gubitosi. Col comico toscano, che non aveva una sua serata dal 2007, non si è ancora parlato di un bis «ma perché
no? Una cosa è sicura: non passeranno altri cinque anni prima che torni con un suo show. Adesso però godiamoci la serata di lunedì». Per il direttore generale Benigni «ha spinto il pubblico a un impegno doveroso verso la politica, verso la solidarietà. Ha parlato della politica con la P maiuscola. Ha dimostrato una cultura enorme, ha studiato tantissimo. Alla fine lui era commosso. Io, emozionato. È un grande personaggio ». Le serate evento basteranno a mutare la percezione di
un’azienda contestata? «Non sono sufficienti, ma servono a illuminare il palinsesto».
Fra poco scatta la campagna elettorale, altro banco di prova per una tv che per tanti anni ha mangiato pane e partiti, nel prodotto, nei telegiornali, nella lottizzazione a ogni livello. «Siamo pronti, daremo le notizie in maniera obiettiva e plurale», garantisce il direttore. E l’occupazione
manu militari di
ogni spazio tv avviata da Berlusconi? «La Rai ospiterà tutti in maniera analoga. Ho
letto delle performance dell’ex premier in tv, ma non le ho viste. Francamente in questi giorni mi sono dedicato a Benigni». I prossimi mesi saranno decisivi per colmare quel gap di credibilità che spesso si sfoga nelle campagne anti-canone. Gubitosi però rifiuta il collegamento. «Il canone è una tassa e come tutte le tasse va pagata. Noi abbiamo il problema di alcune migliaia di persone che non sono registrate nel nostro database. Intediamo superarlo. Se contesto la missione in Afghanistan questo non mi esime dal pagare l’Irpef. Se il sindaco della mia città non mi piace, il parcheggio lo devo pagare lo stesso». L’impegno per una qualità sempre maggiore resta, prescinde dalle cicliche polemiche sull’abbonamento. «Spero che sia visibile già oggi. E spero che dia risultati in futuro».