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 2012  dicembre 15 Sabato calendario

IL VERO MILANESE È DA SEMPRE UN "METICCIO"


GIURO, PARLAVA così. E non contenta: «Poi dimmi a che olà tolni, no come l’altla volta che hai detto sette e sei allivato a otto». «E basta ma’! E mollami!» la stoppa lui, «E che strèss! Se ti ho detto le sètte vuole dire le sètte», con una "e" che più aperta non si può. Una "e" della Bovisa, del Giambellino, di Quarto Oggiaro (vorrei farvela sentire:
un’autentica meraviglia!). Una "e" del Ticinese, di Lambrate, di Gorla, in bocca a quel piccoletto con gli occhi all’insù.
L’essenza della milanesità - da sempre - è il meticciato. Il vero milanese è una creatura stralunata e scissa, le radici che pescano a centinaia di chilometri quasi sempre più a Sud: terroni -, aggrappata alla città come una patella, attaccamento che si esprime in un fantastico e innamorato slang incapace di dieresi, di "ö" e figuriamoci di "ü" (che diventa "ju"). Il pugliastro dei baby boomers» avete presente? Un’intera generazione di figli di barlettesi, tranesi, baresi e brindisini che ha dato volto e voce a vari decenni di Milano: Celentano, Mazzarella, Jannacci, Abatantuono, Teocoli. Più milanesi del panettone. Tocca a questi altri, adesso, pazzi di Milano: ragazze filippine ("...ma sei fuoori?"), "pinella" peruviani, piscinine del Senegal che ci riempiono di allegria e vitalità. Seconda generazione, ma è già in arrivo una terza. Più o meno un neonato milanese su tre è figlio di gente che viene da lontano. Il 20-30 per cento degli alunni è di etnia extra e di lingua madre italiana.
Ma questi ragazzi hanno un problema in più. In base allo ius sanguinis (italiano chi è figlio di italiani) e alla pessima legge Bossi-Fini sull’immigrazione, solo a 18 anni potranno fare domanda per accedere alla cittadinanza, e con una procedura complicata. Un’ingiustizia che potrà essere sanata solo cambiando la norma nazionale. Ma la consigliera comunale Paola Bocci propone di anticipare gli effetti della riforma con un conferimento di cittadinanza onoraria. Mi pare una bellissima cosa. L’idea di una solenne cerimonia collettiva, con migliaia di bambini e ragazzi vestiti a festa, mi rende felice. Spero che mi invitino. Anche al rinfresco. Avviso che io piango.