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 2012  dicembre 13 Giovedì calendario

E SILVIO PUNTA SUGLI ANTITASSE

[Berlusconi lancia l’operazione «araba fenice»: tutta basata su una politica per la crescita. E contro gli eccessi fiscali.] –
L’operazione «araba fenice» di Silvio Berlusconi si chiama Forza Italia 2.0 o «La nuova Forza Italia». E siccome si va al voto con l’attuale Porcellum e più liste ci sono meglio è, lo spacchettamento a destra degli ex di An è non solo possibile ma (al Cav) gradito. Altrimenti resta sempre il contenitore del Pdl rinominato Centrodestra italiano.
LISTE E ALLEANZE. Il «simbolo glorioso» resta quello del cuore, quello del discorso «L’Italia che amo». Una compagine di candidati che solo per il 10 per cento sarà la ricandidatura di deputati e senatori attuali. Il resto volti nuovi ma esperti: un 50 per cento d’imprenditori e professionisti, un 20 di sindaci rieletti, un altro 10 di personalità della cultura. Il tutto cementato dalla leadership del Cav. E c’è il ritorno con la Lega per riconquistare il Nord (gli incontri con Roberto Maroni non si sono mai interrotti, la Lombardia avrà un presidente leghista). Berlusconi vuole anche recuperare appieno, e quindi investire di nuovi incarichi di rilievo, i dissidenti più amati e spendibili sui media e in linea coi valori del centrodestra, dal liberale Guido Crosetto alla giovane ex aennina Giorgia Meloni; più delle amazzoni, a interpretare i reali umori del Cav è stata poi Daniela Santanchè (vedere l’intervista a pagina 92), che nelle ultime apparizioni in tv ha offerto un’immagine determinata, ma posata, della rinascente Forza Italia. Ecco allora le riunioni per rifondare il partito e recuperare lo spirito del ’94. Ecco la scelta di campo dei socialisti di Stefania Craxi. Ci sarà la lista di Gianpiero Samorì. Ci saranno i fedelissimi, e i nuovi ingressi, forse, dal Milan e dal mondo dello spettacolo. Tutto sotto gli occhi e le cure vigili di Maria Rosaria Rossi, onnipresente assistente del Cav, in una ritrovata armonia con via dell’Umiltà, il partito, la nomenclatura, Angelino Alfano. Vecchio e nuovo.
IL PROGRAMMA. Due cavalli di battaglia: il primo la critica al governo Monti per quello che, nonostante la maggioranza in Parlamento, non è riuscito a fare deludendo lo stesso Pdl, insieme con la proposta di una politica economica puntata sulla crescita, non solo sul rigore.
Secondo: l’idea alla base del programma di Forza Italia del ’94 già nelle prime righe del primo dei cinque obiettivi, un’Italia «prospera nella libertà» e «la massima parte delle decisioni affidata alle scelte dei singoli, delle famiglie e delle imprese». Un’Italia in cui, a parte «la necessità di finanziare le attività fondamentali dello Stato, la maggior parte del reddito sia utilizzata in base alle scelte di coloro che l’hanno prodotto». No, quindi, all’aumento delle tasse. E no all’Imu per la prima casa. E, rispetto all’Europa, difesa dell’interesse nazionale.
STRATEGIE ELETTORALI. Televisione, internet (vedere il riquadro a destra) e di nuovo televisione. In attacco, ma anche in difesa. Gli assalti al suo governo, secondo Berlusconi, nascevano dal «grande imbroglio» che dà il titolo all’ultimo libro dell’ispiratore degli affondi del Cav, il professore antitecnici Renato Brunetta. Primo obiettivo, demistificare anzitutto l’imbroglio dello spread, pretesto del «golpe dei mercati e delle banche». La decisione di sfidare la sinistra Berlusconi la covava da mesi tra Arcore e Palazzo Grazioli, e si rafforzava in Kenya il fisico in vista dell’ennesima prova. A catalizzare la scelta è stato il magro risultato di Matteo Renzi nelle primarie del centrosinistra. Il duo Bersani-Vendola, inviso ai moderati dello stesso Pd, potrà mai avere più elettori di quelli del recinto rosso? Potremo convincere gli indecisi e contrastare la pesca di Beppe Grillo nel bacino dei delusi dalla politica? Questo si è chiesto il Cav.
Quanto al centro di Pier Ferdinando Casini, in una campagna polarizzata il Cav è convinto che non sfonderà nell’urna neppure con il supporto di Monti. Sarà poi Angelino Alfano a gestire con Berlusconi liste e programmi. Non è detto che l’attacco concentrico di mercati e stampa estera, magistrati e media, più i consigli di alleati premurosi come la Lega (alleata di Giulio Tremonti), non convinca alla fine Berlusconi a un altro passo indietro... Non prima di avere rivitalizzato il centrodestra esangue. UOMINI. Le cartucce tecniche le fornisce Brunetta. L’ultimo suo dossier s’intitola Un’illusione durata un anno, analizza i fallimenti di Monti rispetto al Cav: pil in caduta libera (-2,4 per cento), debito pubblico in aumento del 4,4 per cento rispetto al pil,oltre il 3, 640 mila posti di lavoro persi e un tasso di disoccupazione oltre l’11, l’industria in ginocchio, a precipizio consumi privati e fiducia dei consumatori e delle imprese. Buona parte della campagna elettorale sarà quindi puntata sull’economia, sullo smentire il presunto antieuropeismo (Berlusconi è per l’unione europea bancaria, economica, di bilancio e politica) e sull’idea di «responsabilità». È stato più responsabile Berlusconi a garantire l’approvazione della legge di stabilità o Monti ad annunciare le dimissioni? Giochi aperti. Per dirla con Paolo Del Debbio, estensore del programma del 1994: «Il Cavaliere ha mostrato il quid, ora mostri il quod». Quanto alla campagna giorno per giorno, giocherà la solita formazione. Il gruppo di fuoco mediatico (Paolo Bonaiuti, Roberto Gasparotti) e un potenziamento di internet in mano ad Antonio Palmieri. Costante l’apporto del coordinatore lombardo Mario Mantovani. E o la va o la spacca.
La finanza britannica non ha paura di smontare Mario Monti. In 48 ore la fonte editoriale dalla quale si abbevera quotidianamente, il Financial Times, inanella ben tre articoli accomunati da un unico, ideale, titolo: Monti ha sbagliato tutto. A dare la linea per primo è stato, lunedì 10, Wolfgang Munchau, vicedirettore e uno dei columnist più autorevoli. Munchau ha definito l’esperienza del governo Monti «una bolla che è apparsa buona per gli investitori fin tanto che è durata, ma che ora si è sgonfiata». Per Munchau le due questioni da risolvere sono «invertire immediatamente l’austerità, in pratica cancellando il lavoro di Mario Monti» e «affrontare Angela Merkel» dato che Monti «non si è mai attrezzato a confrontarsi con lei sull’unica questione davvero importante: che senza una qualche forma di mutualizzazione del debito, con gli eurobond, è difficile pensare che un paese con un debito pubblico al 130 per cento rispetto al pil, e praticamente senza crescita, possa restare nell’eurozona continuando a rotolarsi nei suoi debiti». La conclusione? Eccola: «Il migliore risultato per l’Italia sarebbe un leader politico che imponesse il tema del futuro dell’Italia con una percezione di ciò che l’eurozona e il paese richiedono. In caso contrario l’Italia rischia di essere messa in una posizione simile a quella della Grecia che ha adottato politiche simili e ora non ha più scelta».
Passa un giorno e martedì 11 un commento intitolato «Non proprio Super Mario», pubblicato nella «Lex column», spiega che «Mario Monti ha fatto molto per l’eurozona ma non ha fatto abbastanza per l’Italia». «Il tentativo di varare riforme strutturali durante il suo mandato non è stato sufficiente» per invertire la rotta del declino industriale del Paese anche a causa della sua «esitazione». E poi il finale: «Berlusconi non è il vero problema dell’Italia; egli è in definitiva il simbolo della brutta politica del Paese. L’Italia è bloccata a livello zero. Le dimissioni di Monti lo hanno spiacevolmente ricordato». Lo stesso giorno un altro commento, anche questo non firmato e intitolato «Un liberale a Roma» sostiene che «l’intermezzo del governo dei tecnici è stato necessario per ridare credibilità al Paese. In ogni caso solo un governo eletto avrà la legittimazione per varare le riforme di cui l’Italia ha bisogno ». Ma alla fine l’anonimo commentatore si augura che Monti, «giustamente preoccupato di perdere il suo ruolo apartitico», possa scendere in campo alle prossime elezioni.