Maurizio Molinari, La Stampa 18/12/2012, 18 dicembre 2012
NRA, LA LOBBY DELLE ARMI SFIDA OBAMA [È
l’organizzazione americana più forte: fondi illimitati , sponsor olimpici, giudici e politici amici. Clinton l’ha attaccata nel ’94 ma ha pagato un prezzo altissimo . Ora è il momento di Barack: sarà disposto a correre il rischio ?] –
Nel discorso di Newtown il presidente Barack Obama ha promesso di «cambiare» l’approccio dell’America alle armi da fuoco e la senatrice democratica Dianne Feinstein preannuncia una proposta di legge per reintrodurre la messa al bando di 900 tipi di armi d’assalto e dei caricatori con oltre 10 proiettili ma sulla loro strada c’è l’opposizione della National Rifle Association (Nra), meglio nota come la più influente lobby di Washington.
La forza della Nra sta nel sommare tre poteri: proiettili, dollari e giudici. I proiettili sono quelli che usano i 4,3 milioni di iscritti e quel 52 per cento dei nuclei famigliari che possiedono almeno una delle oltre 300 milioni armi in circolazione in America. Si tratta di un network di gruppi e associazioni presente in tutti i 50 Stati che ha i pilastri negli Enti sportivi - a cominciare dal Comitato olimpico - in oltre mille istruttori a cui affida l’addestramento dei nuovi iscritti e in organizzazioni del peso dei sindacati dell’auto Uaw, che in un recente contratto hanno fatto dichiarare festivo il primo giorno della stagione di caccia.
Fondata nel 1871 da veterani della Guerra Civile, con il vanto di aver avuto otto presidenti nei ranghi, averi per oltre 240 milioni di dollari e donazioni elettorali per dozzine di milioni ad ogni voto locale o nazionale, la lobby dei «pro-gun» condiziona
Capitol Hill a colpi di numeri: nella Camera dominata dai repubblicani è in maggioranza e nel Senato su 100 sono in 31, incluso Harry Reid, capo dei democratici. Tradizione vuole che a misurare la forza di una lobby a Washington sia la capacità di sconfiggere gli avversari e a saggiare l’efficacia della Nra in merito fu il presidente Bill Clinton che nel 1994 vide i democratici soccombere al punto da perdere Tim Foley, primo presidente della Camera a non essere rieletto in un secolo, perché si era opposto al bando delle armi d’assalto.
«La Nra non perdona, ti punisce al primo sbaglio commentò Clinton -, hanno sconfitto 19 dei loro 24 avversari». Da allora la Nra non ha fatto che rafforzarsi, grazie all’inazione del Congresso sulle armi, a sondaggi che testimoniano una crescente opposizione alla limitazione del diritto al porto d’armi - sancito dal Secondo Emendamento della Costituzione - e anche alla Corte Suprema nel 2008 gli garantì una storica vittoria. Con 5 voti contro 4 la sentenza «Distretto di Columbia contro Heller» sancì il diritto personale e collettivo di possedere armi da fuoco, rifiutando di porvi limiti.
Nulla da sorprendersi dunque se i vertici della Nra si sentono onnipotenti. Quando nel 2011 Obama invitò alla Casa Bianca Wayne LaPierre, ceo di Nra, per discutere sul controllo delle armi la risposta fu: «Perché mai dovrei sedermi con gente come il ministro della Giustizia Eric Holder e il Segretario di Stato Hillary Clinton che hanno passato la vita a tentare di distruggere il Secondo Emendamento?». Quel diniego non ha fatto che aumentare il prestigio di LaPierre e di Chris Cox, capo lobbista dal 2002.
È tale sensazione di essere più potenti dello stesso governo federale che spiega la reazione della Nra alla strage di Newtown: un silenzio totale, incluso l’oscuramento della pagina Facebook - con 1,7 milioni di «likes» - la sospensione di un popolare evento su Twitter e la scelta di tutti i senatori e deputati pro-gun di declinare gli inviti in tv. La Nra tace perché aspetta le mosse di Obama: quando lui scoprirà le carte sull’offensiva che ha in mente, la replica sarà in contropiede puntando a prevalere un’ennesima volta. A sfidare il mito dell’invincibilità della lobby dei pistoleri è il sindaco di New York Michael Bloomberg: «È un bluff, lo dimostra il fatto che si sono mobilitati per non far rieleggere Obama ed hanno fallito».