Raffaello Masci, La Stampa 18/12/2012, 18 dicembre 2012
PER I SONDAGGISTI UNA LISTA DEL PROFESSORE PESCHEREBBE A SINISTRA
[Fino al 15% dei voti, poi dovrebbe allearsi] –
Per bene che gli vada, Mario Monti può aspirare ad essere un buon alleato, un forte gregario. Ma gli converrà cimentarsi nella pugna per un risultato di questo genere, quando è già senatore a vita e qualcuno gli ha fatto balenare fulgidi orizzonti? E comunque, se scendesse in campo, a temerlo dovrebbe essere soprattutto il centrosinistra, perché sarebbe quello il bacino principale da cui verrebbe il travaso.
«Una lista che si richiami a Monti, ma senza il Professore candidato dice Antonio Noto di Ipr Marketing -, non ha alcuna speranza di andare oltre il 4%. Con Monti leader, il caso sarebbe diverso e secondo le nostre rilevazioni può ambire ad un 11 per cento». Sarebbe comunque un terremoto, scombussolerebbe gli equilibri bipolari, potrebbe ambire ad un accorpamento con l’Udc, che l’Istituto dà oggi al 4,5%, ma mai potrebbe diventare una forza maggioritaria. «Ciò detto si tratterebbe di un forte rimescolamento all’interno dei due schieramenti maggiori - dice ancora Noto -, perché noi abbiamo calcolato che quell’11% sarebbe costituito da un grosso zoccolo del Pd, almeno il 7%, più un 3% di Pdl e un altro punto da recuperare da altre forze».
Ma che può fare Monti con una coalizione del 15%? Solo allearsi. Con tutti i rischi del caso. «Gli italiani hanno già individuato i loro leader di riferimento - argomenta Alessandra Paola Ghisleri di Euromedia Research e uno schieramento di Monti si troverebbe comunque tra l’incudine e il martello, con una capacità di incidere molto limitata. Vorrei inoltre sottolineare come la fiducia nella sua persona, pur ancora importante, sia scesa dai 60 punti percentuali dell’inizio del suo mandato, al 40. E’ alta, ma è in discesa».
Quanto ai voti che possa erodere, saranno soprattutto quelli del centrosinistra perché al di là del consenso che pure ha avuto a destra, nel Pdl è stato sempre percepito come l’alternativa al governo Berlusconi. «E comunque - conclude Ghisleri - potrà aspirare, al massimo, a fare da sostegno ad uno dei due schieramenti».
Nicola Piepoli fa un ragionamento che dice molto: «Si ricordi, il Professore, il verso del poeta latino Catullo “Odi et amo”. Anche lui è stato molto amato, per il suo rigore, per il suo stile di vita, perché ha indicato al fine del tunnel, perché ha restituito il Paese ad un prestigio internazionale. Ma è stato anche molto odiato, perché la fine di quel tunnel non si vede, le tasse sono aumentate e c’è stata anche l’Imu».
Questo fattore - dice Piepoli - è trasversale, e se è vero che la sua fiducia oggi è stimata da noi al 51%, gli giova e se è super partes, se - invece - scende in campo, una parte, anche consistente, la perde». Su questo mare fluttuante, dunque, Monti è un fattore che rischia di innescare un meccanismo capace di travolgere anche se stesso. Quanto al consenso che si porta in eredità non è automatico che si possa tradurre in voti.
«Neppure i sondaggi sono in grado, in questa fase, di fissare la mutevolezza del momento - spiega Renato Mannheimer -, tant’è che noi abbiamo rilevato due scenari opposti: Il primo, a elezioni ancora lontane, ci dice che Monti prenderebbe al massimo il 5% con una lista senza di lui, e il 15% se si presentasse come candidato premier».
Se il premier, invece, si mettesse a fare campagna elettorale? «Avremmo il secondo, imprevedibile scenario continua Mannheimer - : tutto potrebbe cambiare e Monti potrebbe saccheggiare consensi anche tra gli scontenti di entrambi gli schieramenti». E ottenere una maggioranza? «Questo mai - sentenzia il sociologo -, si potrebbe alleare, io credo, col Pd, ma a quel punto Monti diventerebbe per il Pd un vero problema, date le alleanze già sancite».