Gianni Dragoni, Il Sole 24 Ore 15/12/2012, 15 dicembre 2012
ALITALIA, TRE OPZIONI ALLO STUDIO PER IL RIASSETTO NELL’AZIONARIATO
Parigi, Abu Dhabi o via Goito. Il volo della Cai, la nuova Alitalia privata plasmata nel 2008 da Silvio Berlusconi e Corrado Passera, l’attuale ministro allora a.d. di Intesa Sanpaolo, potrebbe passare per una di queste destinazioni.
Parigi significa finire nelle braccia di Air France-Klm, già adesso il primo socio di Cai con il 25% del capitale, Abu Dhabi in quelle della ricca Etihad, via Goito nei rassicuranti approdi della Cdp, società pubblica che molti gruppi in difficoltà invocano come cavaliere bianco.
Non si può escludere che la destinazione finale sia la risultante della combinazione di due di queste opzioni o, ipotesi estrema, di tutte e tre insieme.
I giochi sono ancora aperti. È improbabile però che la Cai prosegua il suo viaggio nella turbolenza con l’attuale compagine, con il 75 per cento del capitale in mano a venti soci italiani. Tra loro il presidente Roberto Colaninno, i Benetton con Atlantia, Emilio Riva, Carlo Toto, la Fondiaria-Sai passata dai Ligresti all’Unipol, gli Angelucci, la Pirelli, Francesco Bellavista Caltagirone. Sono detti anche capitani coraggiosi o, secondo la definizione dell’allora premier Berlusconi, "patrioti", raccolti intorno al progetto nato in campagna elettorale di rilanciare una «compagnia italiana». In opposizione al piano, appoggiato nel 2008 dal governo Prodi, di vendere l’Alitalia a Air France-Klm, che aveva formulato l’offerta migliore rispetto a quella di Air One e del suo sponsor e creditore, banca Intesa con Passera.
Il rilancio però non c’è stato e, dopo quattro anni, l’Alitalia privata sta per esaurire il carburante: tutti i bilanci sono stati in perdita. I conti saranno di nuovo in rosso quest’anno. Nei primi nove mesi Alitalia-Cai ha dichiarato una perdita netta di 173 milioni di euro. Anche il quarto trimestre avrà un risultato gestionale sarà negativo.
Il patrimonio netto consolidato, sceso a circa 300 milioni al 30 settembre rispetto ai 1.169 milioni versati dai soci quattro anni fa, potrebbe azzerarsi o quasi per le perdite attese nei primi mesi del 2013. Malgrado le smentite dell’a.d. Andrea Ragnetti, molti ritengono che Alitalia avrà presto bisogno di una ricapitalizzazione. I debiti finanziari netti già superano gli 800 milioni (in particolare con Intesa e UniCredit).
Chi metterà i soldi se tra qualche mese Alitalia avrà bisogno di una ricapitalizzazione? Gli attuali soci non hanno voglia di aprire il portafoglio. C’è malumore soprattutto tra i più piccoli, ma anche alcuni grossi nomi, come i Benetton, sono orientati a vendere, Riva ha i guai giudiziari per l’Ilva, la protezione di Berlusconi è caduta.
Il 12 gennaio 2013 scade il vincolo assunto dai soci italiani a non vendere le azioni, il lock up. Dal 13 gennaio tutti liberi di vendere dunque, pur rispettando il diritto di prelazione degli altri, compresi i francesi. Il problema è il prezzo. Con un capitale residuo sotto i 300 milioni e debiti netti oltre gli 800 milioni quanto vale Alitalia?
La soluzione ipotizzata da Colaninno, Intesa e soci era vendere le quote a Air France-Klm con una fusione societaria, la cessione in cambio non di denaro ma di azioni della holding Air France-Klm. Già nel 2011 gli italiani volevano vedersi riconoscere un valore vicino agli 847 milioni versati a fine 2008. L’operazione è tramontata perché il tracollo in Borsa di Air France avrebbe dato un peso ai capitani coraggiosi simile allo Stato francese, che ha il 18% di Air France-Klm, compagnia molto più grande della Cai (24,3 miliardi di fatturato nel 2011 contro 3,48 miliardi, 586 aerei contro 145). Adesso il valore in Borsa di Air France è raddoppiato, con le azioni a 7,186 euro il gruppo capitalizza 2,12 miliardi. Ma neppure oggi i francesi, che hanno come consulente Lazard, accetterebbero la valutazione degli italiani. Secondo indiscrezioni, Jean-Cyril Spinetta taglierebbe di oltre il 40% il valore richiesto dagli italiani.
Colaninno e soci sperano in un rialzo del prezzo grazie all’interesse (non ufficializzato) di Etihad, con la quale hanno già un accordo di code sharing, di recente esteso da Etihad a Air France e a Air Berlin. Ma i pur ricchi sceicchi di Abu Dhabi non sono disposti a strapagare Alitalia. E, non essendo una società della Ue, Etihad non potrebbe possedere più del 49% di Alitalia pena la perdita dei diritti di traffico sul lungo raggio.
Dunque gli arabi potrebbero entrare solo a fianco di Air France o di altri soggetti comunitari, oppure sottoscrivere una prima quota minoritaria di aumento di capitale. La terza ipotesi, alla quale avrebbe fatto un pensiero il direttore generale di Intesa Gaetano Miccichè, è il coinvolgimento dello Stato con la Cdp.
Il cantiere per plasmare una nuova Alitalia è al lavoro. Anche a costo di mandare definitivamente a picco il progetto di compagnia "italiana" voluto da Berlusconi e Passera e costato 3-4 miliardi di oneri a carico della collettività.