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 2012  dicembre 16 Domenica calendario

PIETRO ANDÒ MAI A ROMA?

Dopo aver studiato con metodo storico-religioso la leggenda di Roma, avrei voglia di studiare allo stesso modo la novella di Gesù, nato secondo Matteo e Luca da una vergine e da un dio, come Romolo. Sia il primo che il secondo insieme di racconti si articolano in varianti, sovente contraddittorie, che non coincidono con le realtà delle due figure, che pertanto non possono essere considerate storiche. Infatti miti ed elaborati simbolici hanno fini diversi dalla storiografia: sono memorie pre-storiografiche. Ciò non esclude che tali narrazioni possano incorporare dati preziosi di natura reale, che fanno ritenere Romolo e Gesù miscugli di leggenda e di storia, in parte inestricabili e in parte comprensibili. Ha quindi poco senso sia tenere questi "bambini" nell’acqua sporca, sia buttarli via con essa. E come le fonti su eroi e fondatori devono essere considerate alla luce dell’intera letteratura classica, così lettere di apostoli, vangeli e atti devono essere reinseriti nel contesto delle scritture ebraiche. In queste ultime, ad esempio, è possibile trovare tutte le idee teologiche di Gesù, che pertanto gli preesistono, salvo due: che la fine dei tempi coincideva col principato di Tiberio e che il Messia e figlio di Dio era lo stesso Gesù (come ha argomentato di recente Boyarin, in Vangeli ebraici).
Quando Laterza mi ha chiesto di tornare all’Auditorium per parlare di uno straniero a Roma, mi è venuto in mente quel continuatore di Gesù che è stato Simone di Cafarnao, poi chiamato Pietro, primo a estendere l’orizzonte tutto palestinese ed ebraico del Signore fino a raggiungere i "confini della terra", quindi l’Occidente pagano, incentrato su Roma. Roma era la nuova Babilonia che soggiogava Israele, col suo Nerone pari a un Nabucodonosor. Dovevo poi accompagnare il personaggio a un anno, e ho scelto il 64 d.C., quando probabilmente Pietro morì martire, subito dopo l’incendio della capitale.
Ma Pietro ha raggiunto veramente Roma? Qui si confrontano due posizioni, una di critica temperata soprattutto cattolica e una di ipercritica soprattutto protestante. Per la critica temperata Pietro è giunto a Roma, ha svolto una funzione di comando nella comunità giudaico-cristiana – insieme a Paolo – ed è stato martirizzato da Nerone nel suo circo in Vaticano. Le fonti più antiche sull’argomento sono dieci e si datano fra la metà del I e la metà del II secolo d.C. Secondo Tacito, Nerone accusò i Cristiani dell’incendio, per cui li fece sbranare, crocifiggere e ardere in uno spettacolo circense. Per l’ipercritica quelle dieci fonti documentano nient’altro che una falsa leggenda, volta a dare il primato alla chiesa di Roma. Il mio parere è che sarebbe stato assai arduo inventare, nell’evoluta Roma tra Nerone e Nerva, che il primo apostolo – famosissimo nell’universo giudaico-cristano – fosse stato a Roma quando mai vi aveva messo piede, e ciò solo una generazione dopo i supposti eventi. Per gli ipercritici, Pietro sarebbe morto a Gerusalemme intorno al 55. Ma allora, perché gli Atti non menzionano la scomparsa? Bisogna ammettere che vi è una lacuna documentaria per Pietro, lunga una decina d’anni, in cui il primo apostolo sembra sparire (gli Atti si interessano soprattutto a Paolo). Ma la documentazione poi riprende, a partire da una lettera di Pietro, inviata da Babilonia (cioè da Roma) alle comunità dell’Asia Minore, in cui si nominano il segretario Sila e Marco, il futuro evangelista, che aveva lasciato Alessandria nel 62, probabilmente per Roma. D’altra parte Gerusalemme era diventato un luogo terribile: in quello stesso anno Giacomo, fratello di Gesù e capo della comunità cristiana, era stato condannato a morte per lapidazione dal Sommo Sacerdote (Giacomo non era un apostolo, come poi Simeone suo successore). Pietro potrebbe quindi essere giunto a Roma intorno al 62 ed essere morto poco dopo l’incendio, tra il luglio e il dicembre del 64.
Dalla religiosità interstiziale e marginale di Cristo, volta restaurare e portare a compimento quella tradizionale ebraica, alla religiosità di Pietro e di Paolo che raggiunge Antiochia, Efeso, Corinto e Roma – Paolo finirà anche in Spagna – il passo è grande. I greci e i romani convertiti cercavano di ridurre al minimo i rigidi rituali ebraici, a partire dalla circoncisione, per cui una variante della religione ebraica si stava trasformando, gradualmente, in una religione universale a sé stante. La Palestina e la sua cultura sfumavano così sullo sfondo e il cristianesimo germogliava in ambienti ellenistici e romani, entro un ambito culturale ben più vasto. Costantino, che si riteneva episkopos di coloro che erano fuori dalla Chiesa e uguale agli apostoli, indisse il Concilio di Nicea anche per separare la Pasqua degli ebrei da quella dei cristiani. Fece di una religione che ambiva all’universo la religione dello stesso impero, e alla fine del IV secolo il paganesimo venne ufficialmente soppresso. Prima Pietro con Paolo e poi Costantino e i suoi successori cominciarono e portarono a termine una rivoluzione culturale di dimensioni colossali. Si era così passati da Cafarnao in Galilea, dove scavi archeologici hanno scoperto la casa in cui Pietro ospitò Gesu, a Gerusalemme, dove Costantino riscoprì, grazie a uno scavo condotto dalla madre Elena, il Santo Sepolcro, alla Roma-Babilonia di Pietro, fino alla Roma nuova Gerusalemme di Costantino (Jerusalem si chiamava la basilica voluta da Elena nella dimora imperiale dell’Esquilino, che custodiva una reliquia della croce). Sempre a Roma Costantino valorizzò le tombe di Pietro e Paolo, incentrando su di esse due basiliche (quella di Paolo era grande un sesto rispetto a quella di Pietro). La tomba con edicola di Pietro, datata al 150-160 d.C. circa – una delle fonti principali, scoperta da scavi degli anni ’40 e ’50 – fu racchiusa da questo imperatore in una teca marmorea che spiccava sotto il ciborio a colonne tortili della basilica (per questo anche le colonne del Bernini dovranno essere tortili).
L’importanza della Roma cristiana si fondava dunque principalmente sulle tombe di Pietro e di Paolo considerate "trofei" di quei martiri. La città era seconda solamente a Gerusalemme, che disponeva del Santo Sepolcro. Quando Costantino si fece seppellire a Costantinopoli tra le tombe dei dodici apostoli, raccogliendo reliquie in giro per il mondo, la vecchia capitale era stata superata dalla nuova.