Dario Di Vico, Corriere della Sera 15/12/2012, 15 dicembre 2012
QUELL’ASSE TRA CISL E CL ALLEATO DECISIVO PER I MODERATI AL NORD
La Cisl più Comunione e Liberazione. Nella prevedibile battaglia per conquistare il consenso del Nord contro la Lega di Maroni da una parte e il Pd dall’altra l’abbinata Monti-Ppe può cominciare da due alleati e non da poco. Perché se è vero che le forze politiche che sostengono la candidatura di Mario Monti come l’Udc, Italia Futura e la neonata Italia popolare sono poco insediate nei territori, è uscendo dal perimetro politico che Monti può trovare importanti solidarietà e aiuti. In Lombardia, ad esempio, a fronte di un Pdl totalmente liquido e incapace di iniziativa Cl si presenta quanto mai densa. È vero che le vicende giudiziarie che coinvolgono il governatore Roberto Formigoni e la Regione Lombardia sono zavorra della quale Cl non si riesce a liberare ma la macchina organizzativa ed elettorale del movimento è in grado di superare questa ed altre difficoltà. Non è un caso che uno degli strateghi dell’operazione «Monti nel Ppe» sia un esponente di punta di Cl, l’europarlamentare Mario Mauro. E la lista che si vuole costruire per le politiche fa il paio perfettamente con un’altra operazione, quella di portare Gabriele Albertini alla guida della Regione Lombardia proposta per primo da Mauro e appoggiata subito dopo da Formigoni.
Accanto a Cl si può conteggiare come potenziale alleato di Monti anche la Cisl. Finora ad impegnarsi per il premier era stato solo il segretario generale Raffaele Bonanni, per di più a titolo personale. Ma se dovesse scendere in campo il marchio del Ppe tutta la Cisl si sentirebbe mobilitata per riequilibrare il sistema politico italiano e controbilanciare l’asse Pd-Cgil. Da strutture come la Cisl bolognese e la Fim (metalmeccanici) nei giorni scorsi sarebbero arrivate prese di posizione favorevoli alla creazione di una nuova forza politica, popolare e partecipativa. Ovviamente stiamo parlando dei gruppi dirigenti perché gli iscritti della Cisl decideranno per conto loro nella cabina elettorale e già in passato si erano divisi quasi equamente tra il centrodestra berlusconiano e il centrosinistra. Ma come farà il sindacato di Bonanni a sostenere Monti che culturalmente è avverso alla concertazione e non predilige certo la retorica dei corpi intermedi? La chiave del compromesso sta nella formula dell’economia sociale di mercato che tradotta in parola d’ordine da comizio dovrebbe diventare: «Adottiamo anche noi il modello tedesco».
Se rimaniamo nel campo delle forze sociali largamente insediate al Nord ci sono ben tre leader della rappresentanza che nell’ambito dei colloqui di Todi si erano già dichiarati pro Monti: Luigi Marino (Coop bianche), Andrea Olivero (Acli) e Giorgio Guerrini (Confartigianato). Tutti e tre potrebbero trovare posto nelle liste montiane ma il loro coinvolgimento non implicherebbe automaticamente un impegno delle rispettive organizzazioni. Anzi, dovrebbero dimettersi. Parlando di cooperative occorre, poi, tener presente che dall’altra parte c’è la Lega Coop che specie nei territori è naturaliter bersaniana e quindi i «bianchi» dovranno fare attenzione a non trasformare le elezioni politiche in una specie di derby della rappresentanza che lasci sul terreno morti e feriti. Ognuno quindi si schiererà ma senza litigare e senza strafare.
Quanto agli artigiani e ai commercianti per loro sostenere Monti non sarà facile. I Piccoli rimproverano al governo uscente due cose su tutte: la stangata dell’Imu e non aver temperato l’iniziativa di Equitalia. Per cui qualsiasi segretario provinciale della Confartigianato o della Confcommercio si troverà in obiettiva difficoltà a chiedere voti per quel Monti che ha criticato fino al giorno prima mentre la Cna, fortissima nelle Regioni rosse, avrà buon gioco a coniugare l’appoggio a Bersani con la bocciatura dei provvedimenti fiscali del governo tecnico. Gli artigiani e i commercianti, del resto, sono più pragmatici dei dirigenti cislini e meno amanti della modellistica politico-sociale. E dovranno tenere conto della propaganda leghista che nel tentativo di trovar consensi tra i piccoli imprenditori condurrà una campagna alzo zero su Imu e tasse.
Se in Lombardia l’accoppiata Cl-Cisl può aprire molte porte alla lista Monti, nel Nord Est la partita è destinata ad assumere contorni diversi. Innanzitutto c’è da registrare la presenza del trentino Lorenzo Dellai, presidente della Provincia di Trento e politico molto attento alla cucitura dei rapporti sociali. Più in generale il logo del Ppe in Veneto si presta a essere interpretato come «profumo di Dc» e non è un caso che l’ex ministro Maurizio Sacconi ieri abbia evocato a proposito della discesa in campo di Monti il paragone con Alcide De Gasperi e il ’48 quando lo statista trentino fece da diga a sinistra. In questa chiave l’operazione potrebbe trovare orecchie attente nelle associazioni territoriali di rappresentanza della Confindustria e dei Piccoli che non amano la sinistra e cercano da tempo un’alternativa alla Lega. La battaglia in Veneto infatti avrà come concorrente diretto il Carroccio ma si tratta di un confronto che più di qualche leghista teme. In fondo si è sempre detto che la bravura di Luca Zaia è stata quella di mettere assieme le due anime del Veneto, quella autonomista e quella democristiana ma se la seconda dovesse trovare nuovi punti di riferimento per la Lega sarebbero guai. Ad esempio si parla con insistenza di un’attenzione verso Monti di Bepi Covre, ex parlamentare leghista e coscienza critica del venetismo.
Per avere presa sul Nord, oltre a passare in rassegna la mappa delle associazioni sociopolitiche ci sarebbero da studiare i vari dossier della crisi e dello sviluppo locale. Dal default del Comune di Alessandria alle scelte su rigassificatori e inceneritori (Trieste e Parma), dalla razionalizzazione degli scali aeroportuali al futuro della Fiera di Milano, dalla destinazione d’uso di Porto Marghera dopo il flop della chimica ai ritardi che stiamo accumulando nella logistica e nei porti. Ma di tutto ciò, Monti o non Monti, in campagna elettorale si parlerà assai poco. E il Nord dovrà attendere.
Dario Di Vico