Alberto Mattioli, la Stampa 16/12/2012, 16 dicembre 2012
SVELATI TUTTI I SEGRETI DELLE CANTINE DELL’ELISEO TRA BOLLICINE E POLITICA
Meno inquietanti di quelle del Vaticano (almeno per come le ha raccontate Gide), le «caves» dell’Eliseo sono soprattutto il sogno proibito di ogni appassionato di vino. Costruite nel 1947, climatizzate nell’82 e rifatte nel ‘95, difese da una porta blindata e dalla discrezione di chi ci lavora, le cantine del palazzo ospitano circa 15 mila bottiglie, tutte pregiate e tutte francesi. La regola è che all’Eliseo si beve solo «made in France»: del resto, l’eccellenza del vino francese è una fierezza nazionale e buona parte (in tutti i sensi) di quel che resta della grandeur. Secondo l’informatissimo libro di Patrice Duhamel e Jacques Santamaria, la più antica delle bottiglie presidenziali è un Sauternes ChâteauRieussec del 1906, anno in cui alla Presidenza si installò il non memorabile Armand Fallières.
Su tutto quest’oro liquido veglia dal 2007 una signora sommelier. Si chiama Virginie Routis e per la prima volta si è confidata (poco) a «Le Monde». Spiega che la scelta del vino è uno strumento diplomatico: gli ospiti devono avere in bocca il meglio della Francia. Così, «per un capo di Stato ci sarà sulla tavola qualche grande etichetta. Un Château d’Yquem sul foie gras e sulla carne, per esempio, un Léoville Poyferré 1998». Per dei semplici parlamentari, bastano «delle scoperte. I piccoli produttori fanno delle ottime cose». E non parliamo dei paria della stampa nei tristi buffet post-conferenza stampa.
Con le personalità di riguardo si bada alla bottiglia e non si bada a spese, anche se ormai le cene di Stato sono ridotte a tre portate contro le cinque o più della Terza Repubblica. Comunque, narrano Duhamel & Santamaria, per cercare di ammorbidire (invano) Margaret Thatcher si stappò nel 1988 un Chassagne-Montrachet; per la Nazionale di calcio campione del mondo nel 1998, un Château Haut-Brion; per George W. Bush nel 2004 uno champagne Dom Ruinart del 1993. La Regina Elisabetta brindò nel ‘98 con un Pol Roger «cuvér sir Winston Churchill»: una delicata attenzione.
Della cantina si occupa soprattutto la première dame. Bernadette Chirac era onnipresente qui come altrove, Carla Bruni l’ha visitata (ma a casa sua serve vini italiani), idem Valérie Trierweiler. Invece né Nicolas Sarkozy, che del resto è astemio, né François Hollande, che astemio non è ma non è nemmeno appassionato, ci sono mai scesi.
Già, i Presidenti. Ognuno ha i suoi vini. Il generale Charles de Gaulle amava i bianchi alsaziani e i borgogna rossi; Georges Pompidou i bordeaux e i cahors; Valerie Giscard d’Estaigne i bordeaux, ma giovani; Francois Mitterrand i borgogna e i beaujolais; Jacques Chirac tutto, ma la sua vera passione è la birra, che però beveva solo ai pasti «privati». Sarkozy è stato il secondo presidente astemio della storia francese dopo l’austerissimo Paul Doumer, eletto nel 1931. Quando visitava un’azienda vinicola, Sarkò si faceva servire del succo di ciliegia. E, ai brindisi ufficiali, parlava, alzava il bicchiere e non beveva. Di suo, preferisce pasteggiare con la coca-cola light. Non c’è da stupirsi che abbia perso le elezioni.