Francesco Manacorda, La Stampa 17/12/2012, 17 dicembre 2012
COLOMBO: “ADESSO FACCIAMO L’UNIONE EUROPEA DELL’ENERGIA”
[Il presidente dell’Enel: bene il piano nazionale ma va coordinato con tutto il continente] –
Fatta l’unione bancaria ora bisogna pensare all’unione energetica europea». Paolo Andrea Colombo, presidente dell’Enel, plaude alla Sen - la Strategia energetica nazionale - messa a punto dal governo in uscita, ma chiede un altro passo avanti al prossimo esecutivo e più in generale ai governi europei per creare una politica energetica comune.
Perché pensa che un’Europa dell’energia sia utile?
«Non solo utile, ma necessaria. Se crediamo alla costruzione europea, che un domani possa avere anche uno sbocco di natura politica, l’energia è una di quelle aree che devono essere gestite in un’ottica sovrannazionale. Ci serve per confrontarci con gli altri grandi attori internazionali - parlo di Usa, Russia, Cina e gli Stati aderenti all’Opec - in condizioni di maggiore forza e autorevolezza».
Ma un’Europa unita sull’energia servirebbe anche a livellare il campo di gioco tra i concorrenti?
«Direi che avrebbe molti obiettivi. Oltre a quello appena spiegato, permetterebbe di stabilire il mix energetico più appropriato a livello per l’appunto europeo, di pianificare la creazione di infrastrutture per bilanciare fabbisogni ed eccedenze e ridurre dunque le importazioni in Europa dall’estero. E poi, certo, anche a creare un mercato unico con una regolamentazione armonica. Il mercato dell’energia in Italia, ad esempio, è liberalizzato fin dal ‘99 e ha visto l’ingresso di numerosi concorrenti a beneficio dei consumatori; c’è da chiedersi, ad esempio, se il mercato francese abbia le stesse caratteristiche».
Voi celebrate in queste settimane i 50 anni dell’Enel. Come siete cambiati e come vi preparate al futuro?
«Prima di tutto, mi lasci dire che questa ricorrenza ha un significato, non solo simbolico, importante. Il punto di partenza è la nazionalizzazione del dicembre ’62, arrivata al termine di un lungo e sofferto dibattito, che creò un solo grande attore nazionale in grado di soddisfare la crescente domanda di energia di un Paese che era in via di pieno sviluppo economico. Quella nazionalizzazione fu una delle più importanti riforme economiche del Dopoguerra, con una visione strategica di lungo periodo. Poi, passando dalla crisi energetica degli Anni 70 al referendum sul nucleare del 1987, fino ad arrivare alle liberalizzazioni e privatizzazioni degli Anni 90, ci siamo trasformati in continuazione».
Con quale bilancio?
«Enel, in meno di quindici anni, si è trasformata: da azienda monopolista, interamente domestica e interamente controllata dallo Stato, è diventata azienda multinazionale - presente in 40 Paesi in 4 continenti –, quotata in Borsa e con una forte maggioranza di azionisti privati. Inoltre, opera su un mercato competitivo dove altri grandi attori nazionali e internazionali giocano un ruolo importante. Pensi che oggi produciamo nelle nostre centrali solo un quarto dell’energia elettrica italiana».
E per crescere siete di fatto costretti a farlo all’estero. Dove andrete?
«La nostra priorità è consolidare l’attuale presenza, specie in Sud America e nell’Est Europeo, dove ci sono interessanti opportunità di crescita».
La vostra uscita dalla joint-venturenelnucleareconEdfoltrea permettervi di mettere in cassa oltre 600 milioni segna un cambio deciso di strategia su questa fonte?
«No, perché il nostro orizzonte è ormai internazionale. Siamo presenti nella tecnologia nucleare, diversa da quella Epr che è portata avanti da Edf e dalla quale siamo usciti, in Slovacchia e Spagna. E in quei Paesi certamente proseguiremo il nostro impegno, anche per cogliere eventuali evoluzioni della tecnologia. In futuro potrebbero esserci grandi sviluppi sul nucleare che potrebbero permettere di rassicurare la collettività sul fronte dell’ambiente e della sicurezza».
PerchépervoilaStrategiaenergetica nazionale è così importante?
«Perché si tratta del primo tentativo, dopo 25 anni, di affrontare con un orizzonte temporale lungo e una visione ampia una strategia energetica. Un atto non solo positivo, ma necessario per l’Italia. Uno dei motivi per cui da noi ci sono tanti problemi nel settore dell’energia è legato proprio alla mancanza di pianificazione nei decenni passati». Ma, lo ripeto, una strategia è ancor più necessaria in ambito europeo. Se i 27 Paesi dell’Unione europea si muovono in ordine sparso, ciascuno con la propria strategia, rischiano di realizzare solo in parte i loro obiettivi fondamentali, ossia la riduzione del costo dell’energia, la sicurezza energetica e la sostenibilità ambientale».
Con il nuovo governo, però, che fine farà la Sen?
«Auspico che questo lavoro venga portato avanti da chiunque ci sia al governo e che l’indicazione programmatica contenuta nella Sen venga attuata in concreto con i provvedimenti attuativi necessari per raggiungere tutti i singoli obiettivi».