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 2012  dicembre 17 Lunedì calendario

BASILEA III DA RIVEDERE TRE CORREZIONI PER EVITARE CHE BLOCCHI L’ECONOMIA

[Si prospetta l’ipotesi di un rinvio al 2014 dei nuovi parametri di capitale e di liquidità, occorre cogliere l’occasione per rivedere il quadro normativo e farne uno strumento di crescita] –
Senza ripresa economica il risanamento della finanza pubblica e gli effetti positivi delle riforme strutturali stentano a manifestarsi: si entra in un circolo vizioso di recessione e di sfiducia, che si autoalimenta. Non giova forzare l’ottimismo con previsioni di crescita imprudenti. Gli errori sistematici delle previsioni ufficiali nei due anni passati hanno ingenerato incertezza e pessimismo. Anche in conseguenza delle rinnovate tensioni del quadro politico, è difficile intravedere oggi la possibilità di inversione del ciclo nel 2013. Si pone l’esigenza immediata di sostenere l’economia produttiva con adeguati flussi di credito. Condizione necessaria è una pausa di riflessione, in Europa, per rivedere in profondità l’Accordo di capitale sulla banche (Basilea 3 e CADIV), che dovrebbe entrare in vigore all’inizio del 2013 e che inciderebbe negativamente sui nuovi flussi di credito. Gli Stati Uniti sono giunti (il 14 novembre 2012) alla conclusione di posporre - per un periodo indefinito - le regole di capitale, riconoscendone le carenze e gli effetti recessivi.

L’segue dalla prima Europa sembrava, per bocca della Commissione, non accettare le ragioni per rinviare l’applicazione dei vincoli di capitale. L’11 dicembre 2012 il Direttore Generale della Banca d’Italia ha coraggiosamente anticipato che il rinvio dell’applicazione è prevedibile anche in Europa. Questa boccata di ossigeno è fondamentale. Occorre, tuttavia, che il lasso di tempo che si
apre non rappresenti un mero rinvio, ma consenta di rivisitare e migliorare, in profondità, il sistema. In primo luogo, i regolatori devono riconoscere che il capitale è una risorsa finanziaria costosa, in particolare in condizioni di stress sistemico: non si può non tener conto sia dell’azzardo morale creato dalla promessa dei governi di salvare le grandi banche (“ too big to fail”), sia delle attuali disparità nel costo effettivo dei finanziamenti tra la Germania e i Paesi periferici con “ spread” elevati. Un forte sistema bancario con significativi presidi di capitale è necessario, ma non bisogna ricadere nella trappola della prociclicità, come avverrebbe se si seguissero l’approccio e il calendario della CAD IV. I seguenti punti richiedono, inoltre, immediata attenzione. Basilea 3 adotta il principio onesize- fits-all. Occorre viceversa, e preliminarmente, decidere se le attività di banca commerciale e quelle di banca di investimento devono coesistere sotto lo stesso tetto. Non si tratta di tornare al Glass-Steagall Act (1933), collegato alle indagine del Comitato Pecora sulle malversazioni delle grandi banche di Wall Street nelle attività di carattere speculativo, ma si deve dare risposta alle proposte ufficiali di Volcker negli Stati Uniti, di Vickers nel Regno Unito e di Liikanen nell’Eurozona. I tre schemi sono diversi, ma possono, anzi dovrebbero, convergere verso una soluzione comune, per non creare distorsioni e malfunzionamenti nell’operatività delle grandi banche internazionali. La definizione di questa problematica è a ben vedere necessaria per orientare al meglio la stessa unione bancaria (supervisione microprudenziale affidata alla Bce), secondo il modello definito il 13 dicembre 2012 dall’Ecofin. Occorre, comunque, assicurare una vigilanza che abbandoni il soft touch e si uniformi ai principi rigorosi che hanno sempre caratterizzato l’azione della Banca d’Italia. È inoltre da riconsiderare l’approccio uniforme di Basilea per riconoscere il ruolo fondamentale dei finanziamenti bancari forniti in particolare dalle piccole e medie banche commerciali alle Pmi. È paradossale che quest’esigenza sia stata riconosciuta sia negli Stati Uniti, sia in Inghilterra, che pure hanno un ruolo meno importante nell’economia reale delle Pmi e canali di finanziamento non bancario molto più sviluppati che nell’Europa continentale. Una seconda questione fondamentale da sciogliere prima di adottare le nuove regole sul capitale in Europa, è quella di un modello di tempestivo risanamento e, eventualmente, di ordinata risoluzione delle grandi banche. Negli Stati Uniti, un modello è stato creato nell’ambito del Dodd-Frank Act (2010). In Europa, il problema era stato chiaramente indicato nel Rapporto de Larosiére (febbraio 2009): da allora si sono susseguiti paper della Commissione, senza nessuna decisione. Eppure, come già indicato, l’esigenza di sciogliere il nodo dell’azzardo morale e del comportamento perverso delle grandi banche che privatizzano gli utili, ma socializzano le perdite di attività troppo rischiose, è fondamentale. Non si tratta di sollecitazioni moralistiche/accademiche: si segnala l’importanza di uno studio operativo pubblicato il 10 dicembre 2012 congiuntamente dalla Federal Deposit Insurance Corporation (l’agenzia americana cui compete la risoluzione delle banche) e dalla Bank of England. Chi scrive è convinto (in buona compagnia) che le regole di Basilea andrebbero grandemente semplificate e gli incentivi allineati, senza abbandonare l’approccio ponderato per il rischio, ma privilegiando l’analisi della leva non ponderata. La semplificazione dei vincoli di capitale sarebbe comunque molto più agevole ove si pervenisse, come suggerito sopra, a una opportuna separazione fra le attività di banca commerciale e quelle di trading. Sollecita attenzione andrà anche posta alla rivisitazione dei vincoli di liquidità e di trasformazione delle scadenze previsti da Basilea 3. Si deve, infine, operare per sostenere i canali paralleli a quelli bancari per il finanziamento dell’economia, senza tuttavia cedere alle ombre dello shadow banking. Accenno a tre punti, che meriterebbero evidentemente un’attenzione specifica: (i) l’attivazione e il potenziamento, coordinato a livello europeo, di fondi pubblici di garanzia per le Pmi, sulle linee recentemente adottate in Italia, da sottrarre alle rigidezze del Fiscal Compact; (ii) il rilancio secondo idonee regole, ormai definite, del mercato dei titoli primari collateralizzati ( Prime Collateralised Securities - Pcs); (iii) il sostegno al finanziamento delle infrastrutture e di altri investimenti a lungo termine, fondamentali per una crescita sostenibile. L’Ue ha mostrato lungimiranza nel decidere un aumento di 10 miliardi di euro del capitale della Bei (la Banca dell’Unione), che avrà effetti moltiplicativi e catalitici di grande rilievo, supportando quasi 200 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi in Europa nel prossimo triennio per innovazione e competitività, accesso al credito per le Pmi, uso efficiente delle risorse naturali, infrastrutture strategiche. Occorre ora rivedere il regime fiscale e quello di assorbimento dei capitali (CAD IV e Solvency 2) per sollecitare sia i risparmiatori privati, sia gli investitori istituzionali al cofinanziamento dei progetti di investimento a lungo termine, per rilanciare l’attività economica e ridurre la disoccupazione.