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 2012  dicembre 17 Lunedì calendario

DEBITI, IL MALE DEL MILLENNIO LA “RIPRESINA” DEL 2013 APPESA A TASSI E SPREAD

[Si spera in un graduale rilancio dell’economia ma restano molti i fattori di rischio: dalla perdurante crisi nella zona euro al modo in cui l’America uscirà dalla trappola del fiscal cliff] –
Purgatorio. Dopo l’inferno del 2012 l’anno che arriva sarà di passaggio, meno drammatico di quello da cui stiamo uscendo ma non ancora benedetto dal ritorno della fiducia. La crescita globale riprenderà ad aumentare senza il contributo dei paesi ricchi ma con un pizzico di vitalità in più da quelli emergenti. Il nord del mondo galleggia su un mare di liquidità e debiti in attesa di raggiungere un approdo che i più ottimisti intravedono nella seconda metà dell’anno e i più pessimisti nel 2014.
Se non si emerge e non si affonda lo si deve al fiume di miliardi che le banche centrali hanno immesso nel sistema ed alla promessa che quel fiume continuerà a fluire ancora a lungo. La liquidità disponibile serve a rassicurare i mercati finanziari e ad evitare che la contrazione del credito sia ancora più vistosa. Quando ci sono tanti soldi in giro (almeno nel mondo della finanza) il debito fa meno paura. Il problema è che tutto ciò non arriva ancora all’economia reale, ai consumi e agli investimenti, che sono quelli che creano il lavoro di cui c’è disperatamente bisogno. Questa crisi infinita ci ha fatto perdere “l’innocenza”
e con essa la fiducia. Ne abbiamo passate tante nei decenni precedenti, ma era dal 1929 che un crollo del genere non colpiva i ricchi del pianeta, e da allora erano trascorsi troppi anni perché ancora segnasse i nostri atteggiamenti e le nostre emozioni. Il sentimento che prevale è quindi il timore, l’incertezza sul futuro, il che rende fragile la fase di tregua nella quale forse stiamo entrando. La liquidità assicura il galleggiamento ma, nel clima generale, basta poco perché si finisca di nuovo sott’acqua. Il problema dei problemi resta, irrisolto, quello che ci ha gettato dentro la crisi: il debito. Continua ad essere altissimo, si attenua leggermente negli Stati Uniti, cresce ancora in Europa e in Giappone. La riduzione di questo debito immenso condizionerà il 2013 e molti anni a venire. A fronte c’è la liquidità immessa nel sistema dalle banche centrali e quella che hanno accumulato le imprese, che soprattutto negli Stati Uniti ma anche in Europa e in Giappone hanno le casse gonfie come non mai. Una situazione che presenta due patologie: la prima è che non è il risparmio delle famiglie a bilanciare il debito, poiché quel risparmio non cresce e in molte zone si sta erodendo; la seconda è che se le imprese sono così ricche è perché non investono, e non investono perché non vedono ancora una ripresa della domanda dei loro prodotti. Da questo punto di vista il 2013 potrebbe essere l’anno della svolta. Le scorte sono bassissime e la domanda dei Paesi emergenti dovrebbe riprendere vigore, ci sono vaghi segnali che un ciclo di investimenti possa riprendere nei primi mesi dell’anno. Se così sarà le previsioni dei più ottimisti di vedere una ripresina già nel 2013 potrebbero avverarsi. Il contesto globale in cui tutto ciò dovrebbe avvenire è pieno di novità. In gennaio si insedia il nuovo governo americano dopo le elezioni di novembre e benché il presidente sia lo stesso degli ultimi quattro anni, non è detto che siano uguali le politiche. In queste settimane si sta cercando un accordo per affrontare il cosiddetto fiscal cliff, ovvero per avviare il rientro dal deficit e dal debito pubblico di Washington. Da quell’accordo dipenderà la vitalità della crescita americana e, indirettamente, di quella mondiale. Anche in Cina si è appena insediato il nuovo vertice e si apre quindi un nuovo ciclo, mentre oggi si conoscerà l’esito delle elezioni giapponesi. Le prime tre economie mondiali sono quindi nel pieno di una fase di passaggio e il 2013 sarà segnato dalle scelte che saranno fatte a Washington, Pechino e Tokyo. Quello che si deciderà a Washington, in particolare, toccherà oltre che la crescita con l’esito delle trattative sul fiscal cliff, anche la finanza. Obama questa volta è stato eletto avendo le banche di Wall Street schierate contro, quindi potrebbe avere le mani più libere per portare avanti la regolamentazione della finanza. Temi come la separazione tra banca commerciale e banca d’affari tornano sul tavolo, e influenzeranno l’intero quadro regolatorio, a partire da Basilea III. In Europa la politica quest’anno ci regala le elezioni italiane e quelle tedesche. Nelle prime il solo vero rischio, piccolo secondo i pronostici ma enorme nelle sue potenziali conseguenze, sarebbe una vittoria delle forze populiste e antieuropee. In quel caso l’euro tornerebbe immediatamente a rischio, visto il peso dell’Italia nell’eurozona, e il ritorno nell’inferno sarebbe assicurato. Se dalle urne, come ci si attende, uscirà invece un responso diverso, il processo di rafforzamento dell’euro e dell’Europa potrebbe continuare. Le elezioni tedesche di settembre non promettono di essere altrettanto potenzialmente dirompenti poiché le forze in grado di conquistare la maggioranza sono ambedue europeiste, ma la loro attesa sarà il leit motiv delle scelte dei primi nove mesi del 2013. La Merkel sarà prudente nel far fare passi avanti all’Europa, ma altrettanto prudente nell’evitare che si creino crisi o fratture vistose. Il purgatorio, per Eurolandia, potrebbe essere assicurato. Il maggiore fattore di rischio per l’economia globale, nel 2013, non dovrebbe venire quindi dall’Europa, che non contribuirà alla crescita (che anzi sarà negativa di qualche decimo di punto) ma non dovrebbe fare danni. Più delicata la situazione del Giappone, il cui debito pubblico è ormai oltre il 220 per cento del Pil ed ha superato proprio in questi mesi il risparmio privato, che fino ad ora ne ha assicurato l’assorbimento. E delicatissima resta quella del Medio Oriente, con la Siria in fiamme, l’Egitto in cerca della sua nuova identità e l’Iran fermissimo nel suo ruolo di forza destabilizzate di tutta l’area. Tra i settori invece al centro di tutto restano le banche, che si sono rafforzate patrimonialmente negli ultimi anni, ma sono alle prese in Europa soprattutto con sofferenze crescenti ed una redditività bassissima. Il 2013 è l’anno in cui dovranno cominciare a cambiare radicalmente il modello di business, l’organizzazione, la distribuzione. Non sarà una operazione indolore, né per i clienti né, soprattutto, per i dipendenti che a decine di migliaia rischieranno il loro posto di lavoro.