Fabrizio d’Esposito, il Fatto Quotidiano 15/12/2012, 15 dicembre 2012
“BOBO MARONI TEMEVA IL TROTA SEGRETARIO”
A Palazzo Madama, nel suo ufficio da vicepresidente del Senato, non più vicario però, Rosi Mauro alle spalle ha passato e presente. Una bandiera con il Sole delle Alpi, accanto al tricolore, foto varie con Umberto Bossi, infine il simbolo del suo nuovo movimento: Siamo Gente Comune. Mauro è stata espulsa dal Carroccio perché il suo nome compare nelle intercettazioni di Francesco Belsito, l’ex tesoriere del Carroccio sotto accusa per i rimborsi elettorali. Ma lei non è indagata e ancora oggi è leader del Sindacato Padano, il SinPa.
Lei era un pilastro del cerchio magico che blindava il Senatùr.
Il cerchio magico fu la battuta di un senatore, ma era ampio.
Lei, la moglie di Bossi, Belsito, i capigruppo parlamentari.
E Maroni, Giorgetti, Calderoli, Zaia, Tremonti.
Pure Tremonti?
Certo, Tremonti ha usato l’amicizia con Bossi per colpire Berlusconi. Partecipava anche lui alle nostre cene.
La parabola di Renzo Bossi ha demolito il carisma del capo, più della malattia.
Lui ha chiesto scusa per delle cose che sapeva.
Ma era proprio necessario candidare il figlio alla Regione Lombardia?
Io potrei anche essere d’accordo con lei. Però ricordo due cose.
La prima.
Renzo non è stato messo nel listino bloccato, ma nel collegio di Brescia dove ha preso 13 mila preferenze.
La seconda.
Ero al consiglio federale quando Renzo chiese di candidarsi. Secondo lei qualcuno disse no?
Nemmeno Maroni o Calderoli?
Nessuno. In cuor mio speravo che qualcuno si alzasse e lo dicesse.
Non poteva farlo lei?
Ero nel consiglio federale senza diritto di voto e di parola.
Lei ridimensiona molto il suo ruolo nel cerchio magico.
Bossi ha sempre deciso di testa sua. Fin quando qualcuno dall’interno non ha aperto la porta al complotto.
Per fare fuori lei e colpire Bossi tramite il figlio?
Qualcuno aveva paura che Renzo succedesse al padre.
Maroni?
Un giorno la verità verrà fuori. Su Maroni dico solo che è sempre stato l’eterno secondo.
E lei?
Qualcun altro, rimasto senza ministero con l’arrivo di Monti, sperava di prendere il mio posto di vicepresidente al Senato.
Calderoli, che lo è già stato.
Calderoli fu il mio primo iscritto al sindacato lombardo.
C’è anche il SinPa tra i destina-tari dei soldi di Belsito.
Nulla di illecito, il partito ha sempre fatto donazioni al sindacato. Per esempio, un anno 60 mila euro, un altro 80 mila. Sempre per finanziare attività, io per me non ho mai preso un euro di rimborso.
Belsito e la sua segretaria raccontano altro.
Non sono indagata le ricordo. Quelle intercettazioni le ho persino comprate su un sito, Affari Italiani, una vergogna.
Eppure è stata espulsa.
Nel consiglio federale mi chiesero di dimettermi da vicepresidente del Senato. A mia volta feci a tutti una domanda.
Quale?
Chiesi: “Voi pensate che io abbia preso soldi per me da Belsito?”. Risposero tutti di no. A quel punto feci un’altra domanda: “Allora perché mi devo dimettere?”. Conclusione: “Per opportunità politica”. Maroni aveva provato a convincermi prima: “Fai il passo indietro e fai decantare le cose”. Poi in riunione esplose: “O io o lei”.
Lei era su tutti i giornali, come la “badante” di Bossi e con l’amante più giovane, il suo caposcorta
Pier Moscagiuro, ex cantante.
Un’altra menzogna che non so più come smentire. Ho fatto 45 querele e anche voi del Fatto avete continuato a scriverlo.
Eravate insieme da Vespa.
Pier è il mio caposcorta, come lo è stato di Bossi e Maroni, e non è il mio amante. È un poliziotto in servizio alla questura del Senato. Se avessi avuto una donna al suo posto avrebbero scritto che ero lesbica.
Quante persone la scortano?
Quattro, alcuni anni fa Panorama rivelò che ero fra i 300 nomi nel mirino delle Br. Un conto sono i fatti, un altro la distruzione mediatica che qualcuno ha ordinato nei miei confronti. Uno stillicidio, alimentato dalle tv e dai giornali di Berlusconi.
Per Maroni sarebbe stato sufficiente un passo indietro.
Sono da 25 anni nella Lega e nelle vene ho sangue pugliese e calabrese. La gente quando mi vede non mi insulta, ma mi dice di non mollare.
Una terrona tosta.
C’è stato un momento in cui sono stata malissimo. Ero a Porta a Porta e, lo ammetto, stavo pensando al passo indietro. Dopo una pausa è partito un servizio in cui si vedeva Maroni su un palco con la scopa che urlava: “Mai più una meridionale a capo del SinPa”. Maroni lo sapeva dagli anni Ottanta che sono meridionale.
E così ci ripensò.
Sì e pensai pure altro: anche Maroni ha accanto una meridionale (Isabella Votino da Benevento, ndr).